Il ministero dell’istruzione, prima di disporre il taglio delle ore nelle seconde, terze e quarte classi dei tecnici e dei professionali, avrebbe dovuto attendere il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. E quindi l’ordinanza del Tar del Lazio che sospende la relativa circolare è legittima.
Così ha deciso la sesta sezione del Consiglio di stato con un’ ordinanza emessa il 28 settembre scorso (n.4413, Severini presidente, Scanderbeg estensore). Si aprono, dunque, nuovi scenari per i docenti dei tecnici e dei professionali, che hanno perso il posto per i tagli e che sono già stati trasferiti d’ufficio. L’illegittimità del provvedimento sugli organici, infatti, costiuisce il presupposto per azioni individuali da parte dei docenti danneggiati. E ciò potrebbe indurre i giudici del lavoro delle varie circoscrizioni a disporre, nell’immediato, il reintegro nelle sedi di precedente titolarità oppure, in alternativa e nel medio periodo, il risarcimento dei danni. Secondo il Consiglio di stato, infatti, «alla luce del sopravvenuto parere emesso dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione l’amministrazione scolastica non potrebbe esimersi dal rideterminarsi sulla definizione dell’orario complessivo annuale delle lezioni delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e delle seconde e terze classi degli istituti professionali».
Il collegio, dunque, si è spinto anche oltre il mero giudizio di legittimità. Ed entrato anche parzialmente nel merito, valutando l’opportunità e la convenienza del provvedimento ministeriale (la circolare 37/2010). Sebbene in modo succinto, così come prevede la procedura. Si tratta, infatti, di un’ordinanza emessa a seguito della impugnazione di un’ordinanza sospensiva del Tar del Lazio (3363/2010). Con la quale è stata ordinata la sospensione della circolare sugli organici nella parte in cui prevede il taglio delle ore nei tecnici e nei professionali, nelle classi intermedie. Sospensione che è stata disposta perché il ministero ha ordinato il taglio senza attendere che il Consiglio nazionale della pubblica istruzione si pronunciasse.
Il parere, infatti, è un atto endoprocedimentale obbligatorio, anche se non vincolante. L’amministrazione, dunque, avrebbe potuto emettere il provvedimento anche in senso difforme, fermo restando l’obbligo di motivare l’eventuale scelta contraria. Ma il parere non poteva essere ignorato e, una volta emesso, avrebbe dovuto essere tenuto nel debito conto. Così come accennato dal Consiglio di Stato. Resta il fatto, però, che ormai le procedure di mobilità del personale si sono concluse. Salvo rettifiche dell’ultima ora. E quindi i docenti che hanno perso il posto sono già stati trasferiti d’ufficio. E hanno anche usufruito delle procedure di mobilità annuale. Nella maggior parte dei casi, dunque, gli interessati hanno già trovato una nuova collocazione. Ma ciò non vuol dire che non vi siano gli estremi per ulteriori azioni. Anzi, fatta eccezione per i docenti che, in organico di fatto, sono rientrati nelle sedi di precedente titolarità, chi è stato trasferito altrove e in sede di utilizzazione ha trovato una sede lontano da casa, potrebbe tentare la carta del ricorso d’urgenza. O quanto meno, quella dell’azione risarcitoria. Per ottenere un provvedimento d’urgenza, infatti, non basta avere ragione (fumus boni iuris) ma è necessario che il ricorrente si trovi anche in una grave situazione di danno che, per effetto del passare del tempo, diventerebbe irreparabile (periculum in mora). Il ricorso d’urgenza, dunque, è esperibile solo nei casi limite. Non così per gli altri casi dove, comunque, il danno economico dovuto alla necessità di viaggiare per raggiungere la sede di lavoro potrebbe essere risarcibile.
L’amministrazione dal canto suo, non sembra interessata a rimettere mano alle operazioni già effettuate. Anche perché ciò arrecherebbe gravi danni al servizio. E quindi, secondo quanto risulta a Italia Oggi, il ministero del’istruzione sarebbe sul punto di emanare un provvedimento con il quale sarà ordinato agli uffici periferici di non fare nulla. Perché, se è vero che il parere del Cnpi è indispensabile, è altrettanto vero che non è vincolante per l’amministrazione. È probabile, dunque, che per quest’anno tutto rimanga così com’è, salvo rivedere la situazione in vista del prossimo anno scolastico, tenendo conto almeno in parte delle considerazioni espresse dal Cnpi. E soprattutto della decisione di merito.
da Italia Oggi 05.10.10