Valle Giulia, facoltà di architettura a Roma 1, a pianterreno studenti seguono attraverso un monitor; primo piano, un altro monitor un’altra piccola folla attenta, un cartello indica: maxischermo in Aula 7. L’Aula magna è gremita, non si respira, sulla cattedra, in fondo, preside e capo-dipartimento delle due facoltà (Valle Giulia e Quaroni), prorettore, ricercatori. Si sta svolgendo una lezione sui generis, l’oggetto è il sistema universitario italiano, i tagli del governo, la riforma Gelmini, il perché della protesta dei ricercatori che chiamano studenti, precari e ordinari a unirsi. Carola Clemente, ricercatrice, fa scorrere le slide, statistiche ufficiali dell’Ocse: il rapporto docenti studenti in Italia è 1 a 19,5, «siamo avanti solo a Slovenia, Turchia, Cile», in Europa le borse di studio sono al 39% mentre in Italia al 29, il finanziamento alla ricerca è sceso in Italia allo 0,8 del Pil mentre la Germania ha triplicato gli investimenti e la media europea è sopra l’1,5%. Una caterva di dati per spiegare agli studenti, attentissimi, quasi tutti dei primi corsi «come si sta smantellando l’università pubblica ». Il blocco del turn over, per esempio, significa che fra due anni ci saranno 18.000 professori in meno. «La riforma Gelmini – dicono i ricercatori – non risolve il problema del reclutamento, impone una gavetta di 3 anni di dottorato più nove di precariato a chi vuole tentare la carriera accademica, senza alcuna certezza che alla fine del percorso ci siano i soldi per l’assunzione». Tutto questo mentre «per gli studenti della Luiss si prevede, con fondi pubblici, il diritto a 2500 fotocopie annue». Nelle università pubbliche, invece, non solo non ci sono le risorse per dare agli aventi diritto l’assegno di studio ma si prepara per gli studenti un «prestito d’onore» parametrato su un improbabile reddito di 40mila euro. Tutte ragioni per invitare alla manifestazione dell’8 ottobre.
IN PARLAMENTO Alla Camera, intanto, inizia oggi l’esame degli emendamenti, dopo lo slittamento al 14 ottobre della discussione in Aula. «È una vittoria del buon senso – spiega l’on del Pd Manuela Ghizzoni, che di mestiere è ricercatrice – la discussione accelerata toglieva senso al nostro lavoro». Ora è probabile che l’esame del Ddl si concluderà dopo la sessione di bilancio: «E sapremo nero su bianco – dice Manuela Ghizzoni – se il governo restituirà il miliardo e 350 milioni tagliati. Se, per caso, abbia intenzione di investire ». Gli emendamenti Pd sono 200 a cui si aggiungono i 50 Udc ma, «non c’è alcun ostruzionismo, è una legge complessa, di 25 articoli con paginate di commi». Pdl e Lega rispondono alle critiche di rettori e commentatori favorevoli all’approvazione veloce della riforma: «Non è colpa nostra». «E sarebbe colpa dell’opposizione? – replica Manuela Ghizzoni – c’è tutto il tempo di discutere seriamente. Se invece vogliono andare alle elezioni anticipate, dopo aver incassato l’approvazione senza discutere, questo sì, è un problema loro».
L’Unità 05.10.10