Dopo due mesi di esibizione muscolare virtuale, cacciando i finiani, invocando le elezioni immediate, annunciando l´autosufficienza della maggioranza, alla resa dei conti Silvio Berlusconi ieri ha dovuto prendere atto che non ha i voti senza Fini, che la compravendita dei deputati non è bastata, che le elezioni lo spaventano. Ha chiesto i voti ai suoi nemici mortali, ha evitato ogni polemica, ha dribblato tutte le asperità, volando basso. Pur di galleggiare, tirando a campare come un doroteo, fingendo davanti a se stesso e al Paese che dopo la spaccatura del Pdl tutto sia come prima. E invece tutto è cambiato, tanto che il Premier rimane in sella ma in un paesaggio politico completamente diverso: con Fini che vara il suo nuovo partito e si allea con Lombardo, moltiplicando fino a quattro i gruppi di maggioranza, che volevano essere due – Pdl e Lega -, senza bisogno di spartire con altri. Così, potremmo dire che ieri è nato il Berlusconi-bis, perché a numeri intatti la forza elettorale si è trasformata due anni dopo in debolezza patente della leadership.
Il Presidente del Consiglio non è stato capace di accettare la sfida politica che lo tormenta, e invece di saltare l´asticella alzata davanti al suo cammino dai finiani ha preferito passarci sotto, scegliendo il basso profilo, la dissimulazione, la finzione.
Soprattutto, non ha voluto o non ha potuto portarsi all´altezza della cornice drammatica di una crisi conclamata e irreversibile nella sostanza politica, anche se rattoppata temporaneamente nei numeri. La frattura radicale della destra, di cui vediamo solo i primi effetti, manca ancora di una lettura ufficiale e di un interprete responsabile. Il Paese ne ha diritto. Si possono ingannare i telespettatori del tg1 e del tg5, com´è abitudine, ma non si può ingannare la politica, che da ieri assedia Berlusconi con una maggioranza posticcia e instabile, costruita com´è su alleati-rivali, impastata di ricatti, dossier, intimidazioni e paure.
È la strategia del dominio, la mitologia della sovranità assoluta che vanno in pezzi con la fiducia avvelenata di ieri. Berlusconi ha bisogno del salvacondotto, e dunque dei voti di un avversario che prova ad uccidere politicamente e mediaticamente ogni giorno, e che da parte sua lavora non più nel lungo termine, ma nel medio, per far saltare tutto l´equilibrio berlusconiano del comando, costruito per sedici anni. L´esito di questo conflitto sarà politicamente mortale. Con la fiducia, Fini salda un patto con gli elettori (non più col Premier e con il Pdl), e guadagna tempo per costruire il partito che ha annunciato ieri. Berlusconi può fingere di guardare ai numeri e non alla rottura irrimediabile del suo partito, alla crisi plateale dell´ipotesi di autosufficienza dell´asse tra il Premier e Bossi. Dove lo portano dunque quei numeri? Verso quale approdo politico? Per quale progetto? Con quali alleati?
La realtà è che non si è rotta soltanto la macchina politica del ´94, ma anche la costruzione ideologica che ha interpretato l´Italia – salvo brevi parentesi – per sedici anni. La svolta è dunque enorme, e noi vediamo oggi solo il primo atto. La propaganda compilativa in cui si è rifugiato ieri il Premier non può nascondere la realtà. Diciamolo chiaramente: a luglio, con la cacciata di Fini, è finito il Pdl. Ieri, con questa fiducia malata, è finito addirittura il quadro politico di centrodestra così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi: con un signore e padrone assoluto retrocesso a capo di un quadripartito ostile e minaccioso, come all´epoca del peggior Caf, nell´agonia della prima repubblica.
La Repubblica 30.09.10