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"E il fucile entrò a scuola lezioni di guerra agli studenti", di Francesco Merlo

Forse è arrivato il momento di ritirare a Ignazio La Russa quell´attestato di simpatia che gli conferì Fiorello trasformando in satira e ironia il fascista primordiale ossessionato dalla virilità, con il naso adunco e righignato, le nari larghe, la barbetta sotto il mento, le ciglia aspre come setole, gli occhi come due palle di fuoco e l´ormai famosa voce, che è – “digiamolo” – fascismo rasposo più che buonumore rauco. In combutta con Maria Stella Gelmini, La Russa ha introdotto la pratica delle armi nelle scuole superiori. È un corso di guapperia militaresca, valido come credito formativo, che hanno chiamato “Allenati alla vita” e dove l´insegnamento pratico delle tecniche di guerra, la divisone dei ragazzi in pattuglie, il caricamento dei fucili e le sedute nei poligoni di tiro stanno insieme ad altre discipline belle, giuste e già obbligatorie nelle scuole anglosassoni, come per esempio la sopravvivenza, il nuoto, il primo soccorso e le tecniche di salvataggio. È dunque evidente il tentativo di nascondere le ortiche in un mazzo di fiori, ma il risultato finale è quello, opposto, di nascondere i fiori ed esaltare le ortiche, vale a dire lo spirito guerriero come valore educativo.
È chiaro che nessun La Russa e nessuna Gelmini riusciranno a risvegliare negli italiani la retorica degli otto milioni di baionette ed è molto probabile che non è questo che i due ministri vogliono. Insomma non è il fascismo che li anima. È però una caricatura di “libro e moschetto” questa idea che la scuola debba insegnare a sparare ed è l´ennesima prova che troppo presto e con troppa benevolenza abbiamo liquidato Ignazio La Russa come pittoresco quando concesse le Frecce Tricolori al circo di Gheddafi, o quando si fece riprendere in tuta mimetica negli avamposti afgani, o ancora quando cercò di picchiare, con le sue manone ministeriali, un giornalista che “disturbava” la conferenza stampa di Berlusconi. O, andando a ritroso, quando fu sorpreso (e registrato) da un cronista del Tempo in un bar di Roma, mentre con Gasparri e Matteoli sfogava la sua arcaica e cameratesca virilità in un turpiloquio irripetibile, a conferma di un rapporto losco con il sesso, rude, crudo, diretto, strumentale e fascista. La verità è che del fascismo nostalgico La Russa conserva la vocazione per la pagliacciata delle parate, il salto dentro il cerchio di fuoco di Starace, e da ministro della Difesa scambia i militari con i militaristi, l´esercito moderno che sa fare la guerra perché vorrebbe abolirla con i Rambo e con la maschia gioventù della sua sottocultura, i cittadini guerrieri che sanno tutto di fucili, coltelli, polvere pirica, cartucce, tute mimetiche e stivaloni.
Nelle scuole tedesche e in quelle inglesi, a Chicago come a Parigi, a Stoccarda come a Londra e anche a Torino, per non parlare di certi istituti dei quartieri caldi delle città italiane del Sud, circolano troppe pistole e coltelli, e ci sono ragazzi che sparano con il fucile dal balcone di casa, altri ancora che massacrano i loro coetanei. Insomma sempre più si diffonde, anche in Italia, l´uso delle armi da gioco e da difesa, armi da caccia e armi contro l´insicurezza, armi di paura, armi per diventare eroi, armi per diventare delinquenti. Sembra dunque incredibile che la ministra Gelmini pensi davvero che imparare a sparare permetta «di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alla forze armate, alla protezione civile, alla Croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso». È vero il contrario: per educare e per allenare alla vita, la scuola dovrebbe, fra la altre cose, smontare la cultura della armi e insegnare a vivere con compostezza, perché i fucili, le pistole e le pallottole prima o poi trovano un nemico da abbattere: «Se al primo atto il fucile è appeso al muro, al terzo sicuramente sparerà».
Perché non insegnare allora la speciale camminata del protettore di strada, l´uso della mezza parola e dei baffoni a cespuglio o magari la loro variante padana, vale a dire il dito medio di Bossi che è come il ciuffo manzoniano, quello dei bravi? Le armi a scuola sono roba da Antistato, da picciotti appunto. La Gelmini è la loro nuova eroina se non altro perché in questo modo dimostra ai picciotti che tutto è professionale e tutto si può insegnare, anche l´accattonaggio. Esistono già le scuole, non certo comunali né regionali, nelle quali si insegna a sparare e a maneggiare bastoni e coltelli, ma anche a fingersi storpi o ciechi per impietosire la gente. E come tutti capiscono, ci vuole professionalità e tecnica anche per rubare motorini.
Come dicevamo all´inizio, facendo la caricatura dell´uomo delle caverne, Fiorello offrì a La Russa un passaporto per la simpatia. Ed è probabile che davvero a La Russa riuscì di prendere le distanze da quel se stesso che Fiorello così bene strapazzava. Ma adesso che il potere ce lo ha restituito al naturale, il brutto anatroccolo è ridiventato brutto anatroccolo. Ha perso la dignità umoristica ed è ritornato ad incarnare lo stereotipo, ridicolo ma non più simpatico, del fascista violento fuori dal tempo e fuori dal mondo. E gli si affianca la Gelmini che con cinica crudezza e con indecenza getta nella scuola-spazzatura tutte le ossessioni dei ministri del governo Berlusconi: i tagli di Tremonti, i fannulloni di Brunetta, i razzismi della Lega, il rancore verso i sindacati e il sessantotto, e ora l´arditismo del ministro della Difesa. Come ultima scelleratezza la Gelmini “addottora” infatti le armi e i miti primordiali di La Russa: appalta la scuola al selvaggio di destra con il totem della virilità.

La Repubblica 24.09.10

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“Corsi militari a scuola, bufera in Lombardia”, di Sandro De Riccardis

Un progetto di addestramento voluto da La Russa e Gelmini. “No agli studenti con l´elmetto”. Partecipano ottocento ragazzi di 140 istituti. L´indignazione di Famiglia cristiana.
Pattuglie di studenti che come soldati imparano a tirare con l´arco, a mirare e sparare con pistole ad aria compressa, a sperimentare tecniche di primo soccorso e arrampicata, ma anche di “superamento ostacoli e sopravvivenza in ambienti ostili”. Come in guerra.
Un «progetto di addestramento», si legge nella circolare che recepisce il protocollo “Allenati alla vita”, siglato tra la direzione scolastica della Lombardia e il comando militare dell´Esercito, «supportato dalla sinergia» tra i ministri della Difesa Ignazio La Russa e dell´Istruzione Maria Stella Gelmini. Un corso che coinvolge tutte le province lombarde, 800 studenti, 140 istruttori appartenenti all´Unione nazionale ufficiali in congedo d´Italia, 27 docenti e 38 scuole superiori. E che scatena le polemiche di opposizione e pacifisti, e anche del settimanale Famiglia Cristiana che ne ha dato per prima notizia. «È una scelta che sa di antico, e sembra appartenere a un´altra epoca» accusa don Antonio Sciortino, direttore del periodico. La Tavola della Pace parla di «studenti con l´elmetto». «Organizzati in pattuglie come quelle che girano per le strade dell´Afghanistan – attacca Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace – Non gli verrà chiesto di combattere i talebani ma solo di sbaragliare tutti gli avversari. Non sappiamo quale premio verrà riconosciuto ai vincitori».
Per tutti gli adolescenti, il corso è valido come credito formativo, si avvale di militari in congedo anche di ritorno da missioni all´estero, ha lo scopo di “far rivivere ai giovani esperienze di sport e giochi di squadra, ma anche introdurre corsi specifici e prove tecnico pratiche per avvicinare la realtà scolastica alle Forze armate, ai corpi dello Stato e alla Protezione civile e a gruppi volontari di soccorso”. Per gli ideatori il corso serva anche a contrastare il bullismo, “grazie al lavoro di squadra che determina l´aumento dell´autostima individuale e il senso di appartenenza a un gruppo”. Duro il commento del Partito democratico che ricorda le parole di Piero Calamandrei. «Si sta drammaticamente realizzando ciò che aveva prefigurato in un suo celeberrimo discorso – ricorda Francesca Puglisi, responsabile Scuola del partito –, il lento ritorno di una dittatura nel nostro paese, non con i carri armati per le strade ma distruggendo la scuola pubblica. Noi vogliamo che i nostri ragazzi apprendano in classe la cultura della pace, l´unica che potrà garantire a tutti un futuro». Di «scuola di guerra» parla anche il radicale Marco Perduca. Intanto, con una mozione in Consiglio regionale della Lombardia, il consigliere di Sinistra ecologia libertà Chiara Cremonesi chiede il ritiro immediato del protocollo. «Un opuscolo che ci lascia davvero esterrefatti – dice Cremonesi – Dieci pagine in cui gli studenti vengono chiamati “cadetti” e le squadre “pattuglie”. Si tagliano materie importanti e si colpisce la qualità dell´insegnamento, compromettendo il futuro di un´intera generazione di studenti. Ma li si addestra a sparare».

La Repubblica 24.09.10

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