Lo dicevo quando era segretario Veltroni, poi quando a guidare il Pd è stato chiamato Franceschini e lo dico anche oggi con Bersani segretario: basta con i personalismi, basta con una dialettica fatta di formule e basta con le divisioni distruttive!
Non ho votato per Bersani e credo che le idee che mi hanno portato a sostenere la candidatura di Franceschini nella fase congressuale possano ancora essere utili al Pd, a mantenere vivo il progetto di una grande forza progressista moderna e aperta. Vedo tutti i limiti del Pd che c’è e so che alcuni di essi sono anche frutto di qualche tentazione di ridurre l’ambizione e la portata innovativa del progetto del Pd. Ed è per questo motivo che ritengo sia giusto che Area democratica svolga il suo compito: quello di portare un contributo di idee, proposte, iniziativa dentro il Pd, senza unanimismi di facciata ma con uno spirito unitario e costruttivo. Ma non sono affatto d’accordo con chi pensa che si possa tenere un congresso permanentemente aperto, come se l’Italia reale non esistesse e la destra non fosse finalmente in una crisi politica profonda. Non capisco a che serva un continuo punzecchiamento sulla vocazione maggioritaria del Pd (e ancor meno documenti di “giovani turchi” pieni di nostalgia) se non ci si misura nel merito sulle riforme che riguardano gli assetti istituzionali, il lavoro, il welfare, la pubblica amministrazione, le politiche dell’immigrazione.
E su tutti questi nodi le diversità di opinioni nel Pd non mi sembra passino linearmente lungo le differenze congressuali di un anno fa. Discutere e magari votare negli organismi dirigenti, confrontarsi sulle risposte da dare alla crisi economica e sociale ma anche morale e politica del paese, questo sì ha un senso e spetta a chi guida il partito promuovere questo confronto e poi fare la sintesi raccogliendo il contributo di tutti. Girando per le nostre feste abbiamo sentito tante persone chiederci di mettercela tutta per “mandare a casa” Berlusconi, e tanti ancora dirci di non ripetere l’errore dell’Unione, un’alleanza troppo eterogenea e incapace di governare.
Ecco, mi sembra che la sfida per tutti i dirigenti democratici sia qui: saper rispondere insieme a entrambe queste domande, mettendo al centro la vita concreta delle persone che studiano, lavorano, allevano i figli, assistono i genitori anziani, combattono per dare un futuro alla loro impresa o alla loro famiglia.
Bersani a Torino ha indicato un percorso impegnativo, in sintonia con le riflessioni che in queste settimane anche altri dirigenti, come Fassino e Franceschini, avevano avanzato. Le prossime riunioni della Direzione e dell’Assemblea nazionale dovranno precisare e lanciare la nostra iniziativa tra i cittadini, nella società. Saremo all’altezza di questo compito, anteponendo il progetto per l’Italia alle nostre pur legittime aspirazioni e ambizioni personali? Me lo domando ogni giorno. So che le regole della comunicazione spingono verso i riflettori più chi usa toni polemici che chi prova a ragionare e magari a fare la sua parte. Oggi però vedo un paese fermo e spaventato in cerca di un’alternativa credibile e convincente per ricominciare a sperare. E noi non possiamo non provarci.
da Europa Quotidiano 15.09.10