Non sono i voltagabbana e neppure i traditori, sono i topi che per tutta la vita aspettano il loro pezzo di formaggio e, come si addice ai topi vengono fuori solo quando la nave affonda, ballano tra le macerie della politica, mangiano pietanze di risulta: una fetta tagliata male, un sufflé sgonfiato, una panna smontata, roba comunque commestibile e ancora gustosa.
Berlusconi fa il casting, qualche volta applica un tariffario, qualche altra si limita a spostare gli ascari da un casella all´altra, sa come solleticare le vanità, fa i conti, somma e sottrae, promette e divide, consegna la propria forza alle loro debolezze.
Francesco Nucara, per esempio, che finalmente va e viene da Palazzo Chigi e da Palazzo Grazioli, era già alloggiato con Berlusconi, ma solo adesso ha smesso la vita grama che gli toccava quando il governo era solido. Il suo compito storico era infatti quello di trascinare malinconicamente ai margini del centrodestra l´identità polverosa del Partito Repubblicano. Perciò scriveva comunicati stampa che nessuno mai leggeva, inutilmente si offriva ai talk show, era come l´ombra di Montale, pronta a staccarsi da sé per offrirsi in dono. Ebbene, ora non gli pare vero di sentirsi dire che è l´ago della bilancia, cita Spadolini e Aldo Moro, annuncia la nascita del gruppo parlamentare “Responsabilità Nazionale”, si fa inseguire dai cronisti, dice «saremo almeno venti», e scatena così la caccia agli altri 19 «che nella Smorfia fa ‘risata´» spiega Francesco Pionati che è meridionale: la risata che manca a Berlusconi.
Era dai tempi di De Mita che l´avellinese Francesco Pionati non giganteggiava sulla scena. Da vero intellettuale della Magna Grecia si è consolato scrivendo La mia poesia e Studiare all´europea, gli è stato conferito il premio «Miglior senatore dell´anno» e anche lui rimanda a una politica fatta in casa, autentica e ruspante, che facilmente risveglia i vecchi pregiudizi dei Vicerè: «Piccoli uomini che si sentono più astuti che prudenti, litigiosi, adulatori, timidi quando trattano i propri affari ma d´incredibile temererarietà quando maneggiano la cosa pubblica e allora agiscono in tutt´altro modo: diventano avidissimi mangiatori».
Ma sono piccoli anche come mangiatori gli uomini che Berlusconi ha convocato per fare numero perché il numero, si sa, è potenza anche se è depotenziata. C´è, per esempio, Vincenzo Scotti, che fa ancora la mossa di ministro degli Interni, è l´Amarcord di un´epoca fa, come Bobby Solo con la sua lacrima, Little Tony con il suo ciuffo, Peppino di Capri con la sua coppa di champagne: sono quelli che non rinnovano mai il loro repertorio, ebbero un ruolo importante ma appunto come Scotti ora cercano la comparsata. Anche lui stava già ai margini del centrodestra, ma anche lui è pronto per ogni maggioranza.
E poi ci sono quelli dell´Udc meridionale, Sicilia e Calabria: Saverio Romano, Calogero Mannino, Giuseppe Drago, Michele Pisacane e quel Riccardo Villari che il centrodestra aveva già pescato nelle acque del centrosinsitra, fu l´acheo eletto dai troiani, l´epatologo di Capri che, nonostante la contestatissima presidenza della Commissione di Vigilanza Rai, è rimasto famoso solo per il suo fidanzamento con Barbara d´Urso, aggraziato pilastro del berlusconismo a Canale 5.
Il capo di questo pezzo dell´Udc in trasloco è Totò Cuffaro, quello del vasa vasa, quello dei cannoli, quello condannato per mafia, il solo che ancora porta voti, anche se meno di una volta.
Ebbene, il futuro capogruppo Nucara lascia intendere che pure gli altri cinque siciliani, quelli del governatore Raffaele Lombardo, sono stati reclutati. Ma forse non sa che i siciliani Cuffaro e Lombardo si elidono a vicenda: dove va l´uno non può andare l´altro. Molto più realisticamente quindi sia Cuffaro sia Lombardo sono sul mercato, ma sono squali veri tra tanti pesciolini ornamentali nell´acquario di Montecitorio. Ancora non hanno deciso se aiutare Berlusconi o se lasciarlo cadere, insomma stanno alzando il prezzo. Ecco il dilemma: darsi o negarsi?
Se lo chiede anche la raggiante Daniela Melchiorre che «diniana eterododssa» ora si autodenifisce senza ironia. Da sottosegretario di Mastella, la Melchiorre contribuì a fare cadere il governo Prodi e fu poi rieletta con il centrodestra. In visibile astinenza da poltrona, ha dato corpo a mille denominazioni trasformiste. Si va da “Noi donne giuriste” a “Liberal democratici repubblicani” passando per “Movimento associativo italiani all´estero” che alle europee del 2009 risultò la lista meno votata del Continente con lo 0,23 per cento. Tuttavia ha avuto il suo riscatto quando è stata proclamata, in un festoso referendum tra i camionisti, la deputata più sexy d´Italia.
Come si vede è un altro imbroglio berlusconiano questa grande armata di ascari, questa sgangherata compagnia raccogliticcia. È sempre Berlusconi infatti che, di volta in volta, ha assegnato a questi uomini le diverse parti in commedia. Nulla a che fare dunque con la nobiltà del trasformismo e neppure con gli indiavolati tormenti del tradimento. Qui non c´è un nobile Bruto, ma l´alito guasto di un Jago minore. È insomma un altro trucco, l´ultimo dei lifting: Berlusconi spaccia i più vecchi, marginali e dimenticati berlusconiani per giovani vivaci e nerboruti neoberlusconiani, cambia d´abito ai clienti, rinnova i pupazzi in vetrina: un vero capolavoro di mediocrità.
La Repubblica 14.09.10