Oltre 12 mila gli istituti a rischio. Ma mancano fondi. E i lavori non partono. Viaggio nelle aule da mettere in sicurezza. Da Nord a Sud. Per evitare che si ripetano le tragedie degli ultimi anni. Quest’anno il paracadute non serve. Il liceo Einaudi di Dalmine, in provincia di Bergamo, ha finalmente la scala di emergenza. Fino a pochi mesi fa le uscite di sicurezza dei tre piani davano sul vuoto e per questo dovevano rimanere chiuse: l’alternativa del salto da dieci metri non è prevista dalle tabelle ministeriali. Alla periferia di Milano i ragazzini delle medie fanno lezione in una palazzina provvisoria.
Un concetto piuttosto elastico: perché la palazzina è la stessa da quasi 50 anni. Da Nord a Sud. A Pantelleria si studia in aeroporto. Il motivo non è la partenza per la gita annuale: la loro scuola non è più agibile e sono stati trasferiti nella base dell’Aeronautica militare. Di solito il ministero considera un fattore di rischio la vicinanza con un aeroporto. Loro sono “dentro” l’aeroporto.
La scuola ai tempi della grande crisi. Si lasciano a casa gli insegnanti precari. E si gonfiano i corsi fino a 35 alunni per classe. Numeri da dopoguerra. Già, ma le aule così imbottite sono sicure? C’è poco da stare tranquilli. Lo Stato non ha abbastanza soldi per impedire che le tragedie degli ultimi anni non si ripetano. A cominciare dai 27 bambini e la maestra morti il 31 ottobre 2002 a San Giuliano di Puglia nella elementare mal costruita e crollata per una scossa di terremoto. Fino al cedimento del soffitto del liceo Darwin a Rivoli, vicino a Torino, dove il 22 novembre 2008 le macerie uccidono Vito Scafidi, 17 anni, e feriscono i suoi compagni. Non ci sono risorse nemmeno per intervenire in tutte le scuole che ne hanno bisogno nella provincia di Rieti, colpita in questi mesi da un intenso sciame sismico.
I maggiori rischi per la qualità degli edifici sono lungo l’Appennino centrale e al Sud. E i soldi per le ristrutturazioni volano al Nord. La ripartizione dei 358 milioni per mettere in sicurezza le scuole italiane, sbloccati nelle scorse settimane dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, parla chiaro: 210 milioni consegnati al Centro Nord. E quasi 50 alla Lombardia, la regione del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Una situazione tanto ricca che il presidente lombardo, Roberto Formigoni (Pdl), nel 2009 ha addirittura finanziato 67 mila studenti delle scuole private con buoni studio fino a 1.050 euro a persona. Il contributo stabilito da una legge regionale è destinato al pagamento delle rette. Una sponsorizzazione indiretta che aggira i vincoli dell’articolo 33 della Costituzione. E i beneficiari sono in gran parte istituti religiosi. Con insegnanti assunti senza concorso, tra i quali è forte la componente di Comunione e liberazione: lo zoccolo elettorale di Formigoni.
La ricchezza lombarda brilla però solo nelle scuole private. Come il collegio Villoresi San Giuseppe di Monza dove Silvio Berlusconi ha fatto studiare i suoi figli minori. Laboratori di chimica e informatica, piscina, campi di calcio. E, se proprio ci sono stranieri in classe, si tratta di solito dei figli di diplomatici o di manager. La differenza con l’istruzione pubblica in Lombardia comincia già dai buoni scuola. Per le iscrizioni alle private, il tetto per poter ottenere il contributo di 1.050 euro a studente è di 46.597 euro di reddito familiare annuo. Per le statali, il reddito limite è di soli 15.458 euro, calcolato in base ai valori più restrittivi dell’indicatore della situazione economica (stipendio e patrimonio immobiliare e mobiliare). E anche i contributi sono molto più economici: 120 euro per le elementari, 220 per le medie inferiori, 320 per le superiori. Basta fare un giro. Alla periferia Nord di Milano, davanti alla media Cassinis, le spaccature nelle mura di recinzione sono così grosse che ci passa un animale. Alla Bussero gli infissi vecchi di ottant’anni si staccano dai supporti. Alla Locatelli i soffitti trasudano umidità. Alla elementare Locchi l’anno scorso è caduto un pezzo di intonaco del soffitto in pieno giorno. Alla scuola di via Russo le piastre del controsoffitto sono cadute nel luglio 2008. Un anno e due mesi dopo, il danno non è stato riparato.
L’Espresso 10.09.10