"Il testamento di Berselli per una società più giusta", di Ilvo Diamanti
In questi tempi pesanti senza ironia e senza vergogna ci mancano il suo sguardo leggero il suo anticonformismo. Uno stile inimitabile dove nulla è divagazione e tutto lo è. Perché in questo paese provvisorio nulla è essenziale. Prima di lasciarci, pochi mesi fa, Edmondo Berselli ha scritto questo saggio, denso e acuminato. Diverso, in qualche misura, diverso dai suoi libri precedenti. Dagli articoli che ha continuato a pubblicare, fino alla fine. Diverso, perché “essenziale”, nello stile e nei contenuti. Mentre Berselli ha coltivato – per metodo e filosofia – l´essenzialità dell´inessenziale. Occupandosi di sport, musica, gossip, vita quotidiana. In modo strettamente contestuale alla cultura (sedicente) alta, alla politica, all´economia, alle imprese, agli affari. Scivolando fra Liga (bue) e Lega, tra i Post-italiani e Forza Italia, fra “il più mancino dei tiri” (di Mariolino Corso) e gli svarioni dei “sinistrati” (politici). Attraverso uno stile in-imitabile. Dove, appunto, nulla è divagazione. E tutto lo è. Perché, in questo “paese provvisorio”, nulla è essenziale. Quanto il fatuo. Ebbene, in questo saggio Berselli sceglie uno stile asciutto. Ma, come …