Il direttore d’orchestra Zubin Mehta attacca senza mezzi termini il ministro Bondi: nel gestire male la crisi delle fondazioni liriche e tagli annessi “è senza vergogna”. Il ministro s’arrabbia perché la parola della star internazionale del podio è ascoltata, è interprete raffinato e popolare a un tempo, e il maestro non è certo un “no global” né un comunista. Poi, in soccorso di Bondi, interviene Capezzone. Ci mancava da qualche ora.
Mehta è il direttore del Maggio musicale fiorentino. È a Mantova dove domani e domenica dirige il Rigoletto di Verdi nei luoghi e nelle ore dell’opera (un’operazione già fatta con la Tosca di Puccini a Roma e a Parigi con la Bohème). Indiano, di casa a Firenze, ama il peperoncino ma non è per questa sua golosità che ora si pepato o – come dichiara – «cattivo». Nella città lombarda debutta come baritono e protagonista Placido Domingo.
«Spero che il Rigoletto sia d’ispirazione – interviene Mehta – spero che il governo che taglia a tutti i teatri lo guardi». Mehta si riferisce al Carlo Felice di Genova, dove i dipendenti sono in cassa integrazione – una situazione senza precedenti – e che, come osserva il maestro, è «una tragedia». Mehta non dimentica il “suo” Maggio: con i professori d’orchestra era sceso in piazza proprio contro la riforma firmata da Bondi. E al ministro non le manda a dire, anzi dice fatti veri: «È senza vergogna e non ha il coraggio di venire a Firenze a parlare con noi. Anche con i sindacati di tutta Italia è rimasto a parlare dieci minuti e poi è andato via». Tutto sfortunatamente vero. Anche il mese scorso, ha ricordato Mehta, sul Maggio fiorentino è piombato un colpo di mannaia con un ulteriore taglio di 2 milioni di euro. Non bastasse, lo Stato non pagherà la tournée del coro e orchestra fiorentine della primavera prossima in Giappone «anche se avevano detto che avrebbero pagato i viaggi per le iniziative dei 150 anni dell’Unità d’Italia» (e sono queste le iniziative che danno lustro anche al cosiddetto “marchio” Italia caro al ministro e affini).. «Firenze – ricorda Mehta – è dove è nata l’opera (nel 1600, ndr) e si taglia dove non ci sono grandi industrie come a Torino e Milano. Noi abbiamo Gucci e Ferragamo. Brava la Rai – si rincuora – che non ha cancellato questa produzione all’ultimo momento e non ha tagliato nulla». E se finanziamenti alla cultura soffrono quasi ovunque, appunta il direttore, in Germania hanno tagliato meno che da noi, in Austria va bene mentre «in Italia è una vergogna».
Bondi, di fronte a tanto attacco, è costretto a replicare. «Il maestro non sa di cosa sta parlando. In questi anni il ministero è stato particolarmente vicino al Maggio Musicale Fiorentino, così come a tutte le altre fondazioni liriche in difficoltà». Tralasciando che Mehta sa di cosa parla perché vive in quel mondo e confronta con altri paesi, il ministro insiste: «La situazione del Carlo Felice di Genova, così come altre realtà, non può essere imputata a questo Governo, che anzi si è adoperato per varare una riforma, ampiamente condivisa in Parlamento, ma è dovuta a un quindicennio di dissesti e malagestione». Dopo l’autoassoluzione, «la trasferta del Maggio in Giappone riguarda il 2011, anno per il quale non è ancora stato definito il riparto del Fus (il Fondo unico per lo spettacolo, ndr) né tanto meno preso in considerazione alcun progetto. Conto sul fatto che il maestro Mehta riveda i suoi frettolosi e infondati giudizi offensivi che non merito».
In soccorso di Bondi arriva il salvagente dei salvagente, Daniele Capezzone, portavoce del Pdl: «Spiace e sorprende che una personalità come Mehta si sia abbandonato a un giudizio superficiale e conformista». Se non sapessimo che il direttore non si perita troppo di questo giudizio, dovrebbe sentirsi quasi onorato di simili parole.
L’Unità 04.09.10