lavoro, politica italiana

"La disoccupazione c'è ma non fa notizia", di Tito Boeri

Quei 15 milioni e oltre di nostri connazionali che nel 2009 hanno ridotto i consumi di beni di prima necessità, come pane e zucchero (addirittura in termini nominali, vale a dire senza tenere conto dell´inflazione), in questo mese d´agosto 2010 devono essersi sentiti come il ragionier Fantozzi. Inseguiti da una nuvoletta nera che si ostina a fare cadere pioggia esclusivamente sulla loro testa, mentre tutt´intorno c´è un cielo azzurro, che più azzurro non si può.
Ieri nessun cenno nei titoli di testa del Tg di maggiore ascolto delle 80.000 persone che sono uscite dalle forze lavoro nel mese di luglio, secondo i dati appena resi pubblici dall´Istat. Sarebbero suonati in stridente contrasto con l´apertura di Tg1 e Tg5 del 6 agosto (insieme visti da quasi 12 milioni di telespettatori) che aveva narrato di un´industria che «vola», di una produzione industriale tornata «al top dal 2000». Purtroppo la nostra produzione industriale è tuttora di circa il 21 per cento al di sotto dei livelli del secondo trimestre del 2008, prima dell´inizio della crisi. Nei titoli di testa dei Tg di metà agosto anche un prodotto interno lordo che ha registrato «l´incremento annuo più alto dall´inizio della crisi». Peccato che da quando è iniziata la crisi ci fossero stati solo tassi di crescita con davanti il segno meno: per fare meglio bastava solo che il pil non diminuisse ulteriormente. E il reddito medio degli italiani è tuttora del 7 per cento al di sotto dei livelli raggiunti nel secondo trimestre 2008. I Tg più visti dagli italiani, nelle edizioni del 13 agosto e del 18 agosto, non hanno ritenuto di informare i telespettatori sui dati diffusi da Eurostat e Ocse sulla crescita negli altri paesi, forse perché queste statistiche ci pongono come fanalino di coda nella ripresa mondiale. Nessuna traccia neanche del famoso superindice Ocse assurto alle prime pagine dei giornali quando volgeva al bello e sparito nel nulla ora che indica l´addensarsi di nubi al nostro orizzonte, nel terzo trimestre del 2010. Analoga sorte è toccata ai dati sulle ore di Cassa Integrazione, ignorati dai maggiori Tg forse perché segnalavano un forte incremento nel ricorso a questi ammortizzatori sociali.
Mentre i dati Istat vengono generalmente riportati in modo asettico e documentato e quindi non sarebbe disagevole per i media fornire in modo accurato la notizia, nel caso dei dati amministrativi prevale oggi la disinformazione nella comunicazione stessa del dato ai media. Il comunicato dell´Inps del 4 agosto che annunciava l´aumento del 10% delle ore di Cassa Integrazione a luglio lo presentava come un «lieve incremento» (!), attribuibile «alla dinamica stagionale». Tesi singolare perché l´incremento è stato tutto nella Cassa Integrazione Straordinaria (+26%) che, come spiega lo stesso sito dell´Inps, è fruibile solo da imprese che hanno problemi strutturali («ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione aziendale»), non certo stagionali. Un successivo comunicato Inps del 13 agosto ha voluto ulteriormente addolcire la pillola sostenendo che «diminuisce ancora il tiraggio della cassa integrazione: a fronte dell´aumento delle richieste di ore autorizzate, sono solo la metà quelle che sono state fin qui utilizzate». Singolare che il comunicato non riporti il numero di ore utilizzate, ma solo le percentuali di cosiddetto «tiraggio», il rapporto fra ore utilizzate e ore autorizzate, senza peraltro fornire alcun chiarimento su come questa statistica viene calcolata. Se moltiplichiamo le percentuali di «tiraggio» riportate dal comunicato per il numero di ore autorizzate comunicate in precedenza dall´Inps, scopriamo che nei primi 4 mesi del 2010 l´utilizzo della Cassa Integrazione è aumentato rispetto all´anno precedente (215,6 milioni di ore contro le 197 in media per quadrimestre del 2009). Per questo non motivo non si pubblicano i dati sulle ore utilizzate, ma solo questo imprecisato «tiraggio»? Il fatto è che il comunicato Inps serviva solo a lanciare la volata ad un comunicato del ministero del Lavoro che, nonostante il clima ferragostano, viene prontamente recapitato e ripreso dalle agenzie lo stesso giorno. «I dati Inps» recita il comunicato «sono la prova di un Paese che reagisce e un Governo che lo asseconda garantendo, come ha garantito, stabilità e coesione sociale», non senza lanciare una frecciata ai dissidenti tra le fila della maggioranza: «tutto ciò rende ancora maggiore la responsabilità di coloro che, per piccole ragioni autoreferenziali, vogliono mettere in crisi la maggioranza di Governo».
Non molto dissimili i comunicati dell´Agenzia delle Entrate, anch´essi prontamente ripresi dai Tg di maggiore ascolto di mezza estate, che narravano di clamorosi successi nella lotta all´evasione. Se l´evasione accertata aumenta quando i controlli diminuiscono (si veda la Relazione della Corte dei Conti), non sarà forse perché l´evasione media sta aumentando? E perché aumentano solo le somme ottenute a fronte del ricorso a strumenti di conciliazione (come l´accertamento con adesione)? Non sarà forse perché si concedono sconti più generosi agli evasori? Il sospetto non sembra minimamente affiorare tra chi riprende alla lettera queste veline:
Si tratta in tutti questi casi di prove tecniche di campagna elettorale. È sin troppo evidente che questa sistematica disinformazione sullo stato della nostra economia, questa strumentalizzazione delle statistiche prodotte dalle amministrazioni pubbliche, servono unicamente a deresponsabilizzare un esecutivo che, non solo non vara riforme per sostenere una fragilissima ripresa, ma addirittura non compie neanche l´ordinaria amministrazione, lasciando per 120 giorni vacante il posto del ministro dello Sviluppo Economico e per poco meno la Presidenza della Consob, nel mezzo della grande crisi finanziaria globale. L´altra faccia della medaglia del falso ottimismo dispensato a piene mani dai Tg di mezza estate è il documento di cinque punti che dovrebbe servire a ricomporre la maggioranza nel programma di fine legislatura: nessun accenno alle riforme del lavoro e degli ammortizzatori sociali da sempre promesse e sempre rinviate. Nessun riferimento nel programma neanche alla lotta all´evasione, perché quella viene rivendicata come uno dei successi già conseguiti dall´azione di Governo, riprendendo pressoché alla lettera i comunicati dell´Agenzia delle Entrate. Mentre le parole «lavoro», «crescita», «povertà» non vi hanno cittadinanza, si trova spazio (e presumibilmente risorse) per rilanciare il Ponte sullo Stretto e per finanziare il «processo breve» che oggi si presenta come una vera e propria amnistia. In queste scelte di priorità ed omissioni c´è una misura dei costi economici della mancanza di un´informazione economica libera in Italia: la classe politica semplicemente può permettersi di parlare d´altro. Come se niente fosse.

La Repubblica 01.09.10

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“Per i giovani non c’è lavoro.Uno su quattro non ce la fa”, di Giuseppe Vespo

Sempre più giovani senza lavoro: più di uno su quattro, per l’esattezza il 26,8 per cento degli italiani tra i 15 e i 24 anni. Lo dice l’Istat, che al rientro dalle ferie segnala come la disoccupazione degli under 25 sia cresciuta dell’1,1 per cento rispetto a luglio di un anno fa (mentre si è ridotta dello 0,6 rispetto a giugno 2010).

GLI SCORAGGIATI Più in generale il dato sui senza impiego è stabile, rispetto a giugno, all’8,4 per cento mentre aumenta sul 2009 dello 0,5 per cento – con 172mila occupati in meno. Cresce anche il numero degli «inattivi», quelli che un’occupazione ormai neanche la cercano: gli «scoraggiati », come li hanno ribattezzati gli stessi analisti dell’Istat. Non sono mai stati così tanti da quando vengono contati, dal 2004: 14,948 milioni di cittadini tra i 15 e i 64 anni, una donna su due (il 49%), fuori dal mercato del lavoro. Nel complesso, sono cresciuti dello 0,5 per cento su giugno 2010 (+76mila) e dell’uno per cento su luglio 2009 (+153mila). Per contro l’occupazione, sempre a luglio, è al 56,9 per cento, in calo di 0,1 punti percentuali rispetto a giugno e di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2009. Il tasso di quella maschile è pari al 67,9% (in calo di 0,8 punti negli ultimi 12 mesi), quello femminile al 46 per cento. Mentre il numero di persone in cerca di un impiego diminuisce dello 0,7% rispetto a giugno, ma risulta in aumento del 6,1% rispetto a luglio 2009. «Una situazione preoccupante », ammette il ministro del Welfare Sacconi, che però invita a guardare oltre i confini nazionali: tra i 16 Paesi di Eurolandia la disoccupazione è al 10 per cento (15,8 milioni di persone), mentre nell’Ue a 27 è al 9,6 per cento (23 milioni di europei). Mac’è da dire che di fronte al dramma dei giovani alle prese con il mondo del lavoro non ci batte nessuno: i disoccupati sotto i 25 anni sono il 19,6 per cento nell’Eurozona e il 20,2 nell’Ue27.

PARLIAMO DI PROCESSI «Abbiamo il 30 per cento di disoccupazione giovanile – lamenta il segretario delPd Bersani alla festa torinese dei Democratici – Credo che queste siano percentuali più da regioni del Maghreb che da regioni europee, quindi bisogna che il Paese sia concentrato su questo problema. Eppure non riusciamo a discuterne. La politica non ce la fa e temo che anche a settembre non se ne parlerà». Il fatto è anche di fronte a quella che Cesare Damiano, capogruppo dei Democratici in commissione Lavoro alla Camera, chiama «Waterloo sociale» il «governo non trova di meglio che discutere del processo breve per dare l’ennesimo salvacondotto a Berlusconi». Invece «dovrebbero tremargli i polsi» di fronte a questi dati, aggiunge Giuseppe Fiorni, che per il Pd è responsabile Welfare. Sulla stessa linea anche Maurizio Zipponi, ex sindacalista oggi responsabile Lavoro e Welfare dell’Idv. Preoccupati anche i sindacati. «Sono dati molto gravi – afferma FulvioFammoni, segretario confederale Cgil – Anche perché vanno aggiunti a quelli sull’utilizzo altissimo della cig, che nel 2010 supererà il miliardo di ore autorizzate, sulle aziende in crisi e la piaga del lavoro nero. In Europa – dice Fammoni – il tasso di occupazione è più alto di dieci punti e non esistono questi livelli di lavoro irregolare e di inattività. Occorrono risposte urgenti perché l’enorme platea di lavoratori che usufruisce di ammortizzatori sociali non scivoli verso la disoccupazione». Chiedono interventi anche Giorgio Santini, segretario confederale Cisl e Guglielmo Loy della Uil.v

L’Unità 01.09.10

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L’Europa riparte, ma senza lavoro

In Italia disoccupazione all’8,4%. Eurozona al 10%, Spagna al 20%.
L’occupazione in Italia continua a soffrire la crisi economica ma il dato dei senza lavoro resta migliore di quello medio dell’Eurozona: a luglio – secondo i dati provvisori diffusi oggi dall’Istat – gli occupati sono diminuiti di 18.000 unità rispetto a giugno (-0,1%) e di 172.000 rispetto a luglio 2009 (-0,7%) ma il tasso di disoccupazione è rimasto sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente fissandosi all’8,4%, oltre un punto e mezzo al di sotto di quello medio dell’Ue a 16 pubblicato oggi da Eurostat.

Rispetto al 7,9% di luglio 2009 la disoccupazione è aumentata di 0,5 punti percentuali portando i senza lavoro a quota 2.105.000. Rimane però l’allarme giovani. Il tasso di disoccupazione, anche se cala di 0,6 punti percentuali, rimane altissimo, al 26,8%: in pratica resta senza lavoro oltre un giovane su quattro. Negativo è anche il dato degli inattivi, cioè di coloro che tra 15 e 64 anni restano fuori dal mercato del lavoro. Se a luglio la disoccupazione frena leggermente (15.000 senza lavoro in meno rispetto a giugno), gli inattivi crescono di 76.000 unità: sono a quota 14.948.000 persone, il livello più alto dall’inizio delle serie storiche nel 2004. Questo – secondo i tecnici dell’Istat – è dovuto anche all’effetto scoraggiamento, ovvero alla rinuncia di una parte di persone disponibili al lavoro alla ricerca di un’occupazione a causa della scarsa fiducia nella possibilità di trovarla.

Continua a scendere il tasso di occupazione (ora al 56,9% con un calo di 0,1 punti su giugno e di 0,7 punti su luglio 2009) mentre cresce il tasso di inattività (al 37,8% con un aumento di 0,2 punti su giugno e di 0,3 sullo stesso mese del 2009) mentre nel mese si è verificato un calo del tasso di disoccupazione giovanile (-0,6 punti al 26,8%) anche se resta senza lavoro oltre un giovane su quattro. A fronte di 172.000 occupati in meno in un anno sono stati gli uomini a subire l’arretramento maggiore (115.000 in meno pari a un calo di 0,8 punti) mentre le donne hanno perso 57.000 posti (-0,6 punti). Su 153.000 inattivi in più in un anno (un punto percentuale in più) le donne sono state 60.000 (+0,6 punti) e gli uomini 93.000 (+1,8 punti). Per gli uomini il tasso di disoccupazione a luglio è al 7,5% mentre per le donne è all’8,4%. Per le donne il tasso di inattivita resta consistente con una donna su due (il 49%) tra i 15 e i 64 anni fuori dal mercato del lavoro.

«La situazione rimane preoccupante – dice il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi – ma sarebbe colpevole non riconoscere il dato oggettivo di un differenziale positivo con l’Europa e di una tendenza negativa sostanzialmente fermatasi». «È una Waterloo sociale – sottolinea il capogruppo Pd in Commissione lavoro, Cesare Damiano – ma il governo non trova niente di meglio che discutere del processo breve per dare l’ennesimo salvacondotto a Berlusconi». Preoccupazione viene poi espressa dai sindacati. «La ripresa non si traduce in aumento dell’occupazione», dice Giorgio Santini della Cisl che chiede interventi così come Giorgio Fammoni della Cgil indicando il massimo storico del tasso di inattività. «Politiche per i giovani e per il Sud», è invece Guglielmo Loy della Uil.

La Stampa 01.09.10