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"Falsi Handicappati o medici compiacenti", di Federico Niccoli

Prima dell’inizio di ogni anno scolastico, si fanno le pulci ai vari dislivelli nell’ “approvvigionamento” delle risorse umane tra Nord e Sud.
Ultimo, in ordine di tempo, è Gian Antonio Stella che, in un’inchiesta molto documentata sul Corriere della Sera, si occupa della crescita esponenziale, soprattutto negli ultimi anni, degli alunni disabili, che diventano un formidabile propellente per la costruzione di cattedre di “sostegno” nei vari gradi e ordini di scuole.
Tutto ciò avviene nel dopo Cristo di Gelmini e Brunetta, i quali, a fronte di roboanti proclami sulla serietà e sul rigore, incassano clamorosi insuccessi nella pubblica amministrazione e nella scuola reali.

L’analisi di Stella è, come sempre, puntuale. Sulle cause del fenomeno indagato serve un supplemento di attenzione.
È sicuramente esatto che, come per tante altre situazioni della pubblica amministrazione, il numero degli handicappati certificati nelle regioni meridionali è molto più alto (sia in termini assoluti che in termini percentuali) rispetto alla stessa categoria presente nelle scuole del Nord: dove la disoccupazione morde con più asprezza, i malcapitati insegnanti e l’apparato istituzionale circostante utilizzano tutte le forme di creatività occupazionale per sopravvivere.
Ma, la questione centrale che non è mai stata affrontata seriamente non solo dai governi berlusconiani, ma anche di quelli di centro-sinistra, è da ascrivere alla decisione sempre vigente, in virtù della quale alle scuole possono essere assegnate risorse aggiuntive di organico solo in presenza di alunni definibili come “persone handicappate” ai sensi della legge 104/92.
Negli ultimi anni è sicuramente aumentato, a due cifre percentuali, il numero degli alunni extracomunitari e non in situazione di disagio e di svantaggio socio-culturale.
Dal punto di vista delle risorse aggiuntive indispensabili alle scuole per elaborare decentemente un piano dell’offerta formativa in grado di coniugare le esigenze della generalizzazione con quelle dell’individualizzazione è, in molte occasioni, necessario un insegnante di supporto più per gravi situazioni di svantaggio che per situazioni di handicap lieve.
Dato che l’attuale governo del fare ha fatto strage di posti-docente “in tutti i luoghi e in tutti i laghi”, arrivano le truppe di medici compiacenti che attraversano con noncuranza la sottile linea di demarcazione tra disagio e disabilità con certificazioni improbabili, molto simili alle diagnosi di “nevrosi ansiosa depressiva”, elargite a schiere di dipendenti della pubblica amministrazione in congedo/aspettativa per motivi di salute.
I disabili aumentano in termini assoluti, ma – e questo Stella non lo ha notato – crescono, e considerevolmente, nel passaggio da un grado di scuola all’altro (soprattutto dall’infanzia alla secondaria di 1° grado). Verrebbe da dire, con una battuta, che “la scuola ammala”! In realtà, ancora una volta questo progress della disabilità è dovuto alla confusione tra “difficoltà di apprendimento” e “disabilità”, nonostante i criteri per la certificazione dell’handicap siano rigorosissimi. Ed anche in questo caso, si deve dire che le difficoltà di apprendimento sono un grave problema da affrontare, ma non certo con i tagli selvaggi di organico del duo Tremonti-Gelmini né, tanto meno, con l’aumento indiscriminato di alunni per classe.
Che dire, poi, del fatto che i posti di insegnante di sostegno sono coperti nel Nord da poco più del 50% di incarichi a tempo indeterminato con sacche enorme di precariato, mentre al Sud le percentuali si ribaltano?
Per diretta esperienza professionale, so che a Milano abilitiamo decine di migliaia di insegnanti di sostegno (in prevalenza meridionali), che, ottenuto il titolo di specializzazione, lo utilizzano, appena possibile, per trasferimenti/incarichi al Sud in base alle leggi esistenti, che a nessuno è mai venuto in mente di modificare con tanti saluti alle sacrosante esigenze di continuità didattica e ai diritti inalienabili degli alunni in situazione di handicap ad una prestazione stabile nel tempo e non soggetta ai caroselli migratori direzione nord-sud.
Che fare allora?
Bisogna riscoprire una vecchia, sempre attuale, idea sindacale di costruzione di organici funzionali alle reali esigenze delle scuole, valutando i bisogni formativi speciali non sono dei disabili (quelli veri, denunciando chi inventa quelli falsi!), ma anche dei disagiati, degli svantaggiati, degli extracomunitari,…
E, su questa base, formulare organici con posti per cattedre curricolari più posti per risorse aggiuntive con docenti tutti contitolari e corresponsabili del progetto formativo di ciascun istituto.

da ScuolaOggi 01.09.10

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La fabbrica delle cattedre al Sud con i «furbetti del sostegnino»

In quindici anni i docenti per i ragazzi con difficoltà sono triplicati. «Vogliamo più disabili!». L’invocazione surreale che spinse un gruppo di precari ad assediare il Provveditorato di Caserta chiedendo un aumento degli insegnanti di sostegno appare esaudita: la crescita dei portatori di handicap è dieci volte superiore a quella degli studenti. Una notizia da brividi se non ci fosse un sospetto. Che l’impennata sia dovuta alla scoperta da parte di chi aspira alla cattedra di un’equazione: più handicappati, più assunzioni. Soprattutto nel Mezzogiorno.

La clamorosa denuncia è contenuta in un dossier di Tuttoscuola. «Nell’anno scolastico 2009-10 gli alunni disabili inseriti nelle scuole statali di ogni ordine e grado hanno superato le 181 mila unità (il 2,3% della popolazione studentesca), con un incremento di oltre 5 mila rispetto all’anno precedente», scrive la rivista diretta da Giovanni Vinciguerra. Peggio: «Negli ultimi cinque anni sono aumentati del 12,3%, mentre nello stesso periodo la popolazione scolastica aumentava dell’1,2». Un decimo. Sgomberiamo subito il campo: quello dei portatori di handicap, come dimostra tra gli altri il libro di Matteo Schianchi La terza nazione del mondo — I disabili tra pregiudizio e realtà, è un tema serissimo. Che toglie il sonno ai genitori dei ragazzi affetti da qualche disabilità, costretti ad affrontare il percorso scolastico troppo spesso senza un’assistenza adeguata. Il sito Internet di riferimento della Fish, la federazione italiana per il superamento degli handicap, www.superando.it, segnala a ripetizione casi di seria difficoltà. Certo, grazie a Dio è cambiato tutto rispetto a quando i nostri nonni erano malvisti al loro ingresso negli Stati Uniti perché provenienti da una nazione a rischio con una mortalità infantile così alta che l’età media dei morti negli ultimi decenni dell’Ottocento era di sei anni e mezzo e Regina Armstrong scriveva su Leslie’s Illustrated nel 1901 che «c’è una gran quantità di malattie organiche in Italia e molte deformazioni, molti zoppi e ciechi, molti con gli occhi malati». È cambiato tutto, ma il problema c’è.

Proprio perché il problema esiste, però, suona offensivo il modo in cui alcuni ne approfittano. Come accadde tempo fa ad Agrigento, dove il Circolo della legalità mandò una lettera al ministero sottoscritta da 550 addetti e un esposto alla Finanza per denunciare l’abuso della legge 104. Legge che, a tutela dei dipendenti che abbiano invalidità superiori a un certo limite o debbano farsi carico di un parente disabile, dice che hanno la precedenza in graduatoria per avere un posto più vicino a casa. Norma giusta. Ma utilizzata, stando alla denuncia, da troppi furbi: «Praticamente il 100% dei posti nelle “materne” è stato assegnato negli ultimi tempi grazie alla legge 104. C’è una dilagante e prepotente disonestà che coinvolge non solo chi usufruisce dei benefici della Legge, ma anche chi consente queste pratiche fraudolente». Di più: «Il sistema sta dilagando». Dice oggi il dossier Tuttoscuola che «nel 1995-96, con una popolazione scolastica complessiva superiore a quella attuale, gli alunni con disabilità erano 108 mila. In quindici anni sono aumentati di quasi il 70%. I docenti di sostegno, che in quell’anno erano 35 mila, sono diventati ora più di 90 mila». Quasi il triplo: «Allora vi era un docente di sostegno ogni tre alunni disabili; oggi c’è un docente ogni due». Sia chiaro: è bene che i ragazzi più sfortunati vengano aiutati. E sotto questo profilo la legge italiana è migliore di tante altre al mondo. E lo riconosce anche la rivista di Vinciguerra: «È cresciuto molto negli ultimi 10-15 anni lo sforzo dello Stato verso un settore che sotto molti aspetti rappresenta un fiore all’occhiello» della nostra scuola.

Ormai «l’Italia investe circa 3 miliardi di euro l’anno solo per il personale di sostegno». E quell’esercito di 90 mila insegnanti specializzati è maggiore più di tutti gli psicologi (70 mila) e i pediatri (14 mila) messi insieme. Che ci sia qualcosa che non va lo dice la mappa, da cui emergono squilibri sorprendenti»: «Ci sono più studenti disabili al Centro e nel Nord Ovest, ma lo Stato destina gli insegnanti di sostegno (a tempo indeterminato o precari) soprattutto al Sud e nelle Isole. E tra questi offre posti stabili (immissioni in ruolo a tempo indeterminato) molto di più proprio al Sud e nelle Isole che nel resto del Paese: il 52% dei posti fissi sono assegnati infatti nel Meridione». Dove vive circa il 27% degli italiani e dove risultano (sulla carta) il 40% degli alunni bisognosi di un appoggio. Dice la legge che ogni 100 insegnanti di sostegno 70 devono essere stabili ma questa percentuale sale all’89% in Campania e in Sardegna e crolla al 56% in Lombardia e in Veneto, si impenna al 91% in Basilicata e precipita al 55% in Emilia Romagna. Perché differenze così abissali? Tuttoscuola risponde che dipende «probabilmente in buona misura dai diversi criteri utilizzati dalle Asl per la valutazione delle disabilità» e questo nonostante «la legge richieda l’utilizzo dei parametri internazionali dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità: e non a caso la manovra finanziaria di inizio estate ha introdotto la responsabilità per danno erariale da parte dei medici preposti». Quanto al «numero di docenti di sostegno e, tra questi, di quanti sono assunti stabilmente, si tratta di decisioni prese dal Ministero dell’istruzione».

Di più: la sproporzione negli ultimi anni «si è accentuata». Esclusa l’ipotesi che Maria Stella Gelmini abbia un occhio bonario per le clientele meridionali, con le quali ha bisticciato spesso, la spiegazione è una sola: c’è qualcuno negli uffici assai disponibile a fare piacerini agli amici e agli amici degli amici. C’è chi dirà che anche qui si tratta di un «risarcimento» al Mezzogiorno, come lo chiamava Mastella. Ma che c’entra il riscatto del Sud coi «furbetti del sostegnino»? Spiega il dossier che il posto d’insegnante di sostegno è in realtà una scorciatoia, tanto più in questi tempi di magra e di riduzione del personale, per la conquista della cattedra a vita. Basti dire che «dei 10 mila posti di docente per le nuove immissioni in ruolo 2010-11, più della metà (5.022) sono per posti di sostegno». Posti che dopo 5 anni, una volta guadagnata l’assunzione, si possono abbandonare per «passare all’insegnamento tradizionale». Ma come si diventa insegnanti di sostegno? Penserete: chissà quanti studi! No: basta frequentare «un semestre aggiuntivo all’università, per 400 ore totali. E non sempre la preparazione è all’altezza: per gli alunni con disabilità visiva, ad esempio, non è raro imbattersi in docenti di sostegno che non conoscono l’uso del Braille, la scrittura per ciechi».

Corriere della Sera 31.08.10