Ecco una disinformazione da «manuale Minzolini»: ieri sera Marcello Dell´Utri è diventato l´eroe della libertà come il suo modello Mangano lo era stato della mafia.
Ma, nonostante lo spudorato servilismo del Tg1, non è solo all´intolleranza che fanno pensare i fischi che hanno impedito al senatore condannato in appello per mafia di esibirsi a Como sotto un tendone del festival culturale «Parolario». È infatti vero che la cultura liberale non nega a nessuno la libertà di parola, ma esistono anche i delitti di truffa, di falsificazione e di contraffazione, ben più gravi e socialmente ben più dannosi dei soliti fischi di piazza. Ebbene, Marcello Dell´Utri gira l´Italia, spesso messo in cattedra, a Como come altrove, da Istituzioni dello Stato, e ogni volta sale su un palco e, con la faccia che si compone in autorità, legge brani scelti di un improbabile Mussolini patetico e crepuscolare come Gozzano, sentimentale come Gianni Morandi, antinazista come un partigiano, intimista come Marcel Proust, scettico e amaro come Leonardo Sciascia.
Dell´Utri dice di attingere a un documento preziosissimo: i diari del duce di cui sarebbe entrato in possesso nell´ormai lontano 2007. Erano cinque volumi, ora sono diventati sei e forse cresceranno ancora, ma nessuna comunità scientifica, né archivistica né storiografica, ha certificato la loro autenticità. Al contrario, a tutti gli studiosi di Storia contemporanea sono sembrati falsi e, com´è noto, erano già stati bollati come patacca da, nientemeno, Renzo De Felice, che certo non si sarebbe spaventato di raccontare un Mussolini non gradito agli antifascisti. Insomma c´è il fortissimo sospetto che si tratti di un´impostura: aliud pro alio direbbero i colti garanti della libertà di espressione, se non fossero distratti dai fischi.
Ovviamente la condanna in appello per concorso esterno in associazione mafiosa non significa che questi cosiddetti diari di Mussolini siano roba mafiosa. È anzi possibile ed è sicuramente lecito che un presunto brigante sia anche un presunto storiografo, fosse solo come prezzo che il vizio paga alla virtù. Ma sarebbe due volte brigante un presunto mafioso che, in veste di presunto storico, arricchisse gli archivi con documenti falsi, spacciasse patacche e cercasse così di imbrogliare anche la storia. Insomma, se fossero veri, i diari di Mussolini suonerebbero in qualche modo come un´attenuante (morale), ma se fossero falsi suonerebbero come un´aggravante (morale) perché l´attività «virtuosa» e «scientifica» confermerebbe solo la natura di brigante. Altro che fischi!
E perché dovremmo prendere sul serio documenti che nessun esperto di storia contemporanea ha mai preso sul serio? Aggiungo che sicuramente non spetta ai giudici di Palermo né soltanto agli storiografi stabilirne l´autenticità, la quale dovrebbe essere accertata con metodi laboriosi che richiedono anche perizie chimiche, grafiche e grafologiche che non sono state fatte benché Dell´Utri abbia i mezzi e il potere per sollecitarle.
E va bene che neppure del sangue di San Gennaro è stata mai provata l´autenticità, ma qui non siamo nel mercato della devozione popolare ma in quello dell´ingegno e il miracolo del presunto mafioso presunto storico sa troppo di commedia all´italiana per essere protetto dai fischi che in teatro sono in fondo come gli applausi. È infatti sicuramente teatro il Dell´Utri trasognato e beato che toglie a Mussolini il roboante impeto e lo veste di bonomia e di generosa saggezza, trasfigura il carnefice in vittima, ne fa un eroe della dolcezza italiana… Sembra il falsario Scorcelletti (Totò) che scopre la tela e rivela al mondo che in realtà non la «Maja Desnuda» Goja aveva dipinto, ma «la Maja in cammisa».
Inutile dire che spetta a Dell´Utri dimostrare l´autenticità della sua «Maja in cammisa» e non agli altri la sua falsità. A me pare soltanto che si meriti i fischi di tutto il pubblico italiano e non perché è fascista o revisionista o perché è mafioso, ma perché vuol fare di una patacca storica una specie di Sindone mussoliniana, una sorta di falso autentico. È una sceneggiata che la comunità scientifica dovrebbe smascherare perché i falsi storici fanno molto più danni dei falsi farmaci, più danni per esempio della somatostatina (ricordate?) con la quale il dottor Di Bella pretendeva di curare il cancro.
In Italia esistono le autorità che sanzionano le patacche, siano esse alimentari o dell´abbigliamento o farmaceutiche. Come una pillola-patacca fa male al corpo così un libro-patacca avvelena la mente. Se vendo cacca e ci scrivo cioccolata vengo punito con almeno un anno di reclusione. Se vendo il blabla di qualcuno e ci scrivo «Mussolini» a cosa vengo condannato?
Abbiamo fatto una battaglia (e io ho dato il mio piccolo contributo) non certo per impedire agli ex terroristi di parlare, ma perché non siano più chiamati in cattedra dalle università e dalle istituzioni dello Stato a dottoreggiare di morale, di poesia, di diritto del lavoro. Allo stesso modo vorremmo che ai condannati per delitti che hanno a che fare con la mafia lo Stato non offrisse cattedre istituzionali di storiografia. E va bene che si vendono sempre meno libri e il mercato dell´editoria è in crisi ma stupisce che gli amici della Bompiani abbiano in cantiere la pubblicazione di questi diari di Mussolini-Dell´Utri, legittimando con un nome di grande prestigio questo brutto pasticcio che non rimanda certo all´intolleranza e alla soperchieria dei soliti, rituali e conformisti fischi di piazza che in Italia, prima o poi, toccano a tutti. Infine: i diritti d´autore vanno a Mussolini o a Scorcelletti?
La Repubblica 01.09.10
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