"Le donne libere dell'Italia unita", di Giuliano Amato
Assisto a quello che sta accadendo in questi giorni sulla scena politica italiana, segnata da diversità e divaricazioni che si accentuano, con la testa piena degli argomenti evocati dal 150° anniversario della nostra unità nazionale, al quale mi sto dedicando. Mi chiedo allora se c’è un valore che ci possa aiutare e che possa fare da guida alla nostra politica in un’unità oggi addirittura contestata da secessionisti e neoborbonici, che neppure in passato ha mai goduto di straordinaria salute. In Francia parlano orgogliosi di “Marianne au pouvoir”, mentre da noi l’Italia è “la patria debole degli italiani” (scrive Raffaele Romanelli), è una nazione “malcerta” (scrive Christopher Duggan) e già Giosuè Carducci, del resto, la vedeva brutta, «brutti fino i cappotti e berretti de’ soldati, brutto lo stemma dello Stato, brutti i francobolli». Né si tratta della solita spocchia degli intellettuali, da sempre critici dell’Italietta e della modestia di tanti dei suoi reggitori. Venti milioni di italiani che a cavallo fra l’800 e il 900 lasciarono il paese (quasi la metà della nostra popolazione di allora) …