"Il diktat di Marchionne", di Gad Lerner
I delegati della Fiom Cgil “confinati” nella saletta sindacale di Melfi, con proibizione di fare ritorno al loro posto di lavoro, nonostante il reintegro disposto dalla magistratura, evocano ricordi lontani. E’ passato più di mezzo secolo, infatti, dagli “anni duri alla Fiat” testimoniati da operai comunisti come Aris Accornero e Emilio Pugno. Destinati in quanto “sabotatori” della pace sociale in apposite officine isolate, i cosiddetti “reparti-confino”. Erano i giorni della guerra fredda, il conflitto di fabbrica era insieme sindacale e ideologico. In quello che Carlo Marx definiva “il segreto laboratorio della produzione”, dove “si dovrà svelare l´arcano della fattura del plusvalore”, si consumava una lotta di classe finalizzata a modificare la condizione operaia, ma anche gli assetti del potere politico. Quel sapore antico che la Fiat italo-americana ha scelto di riproporre nell´estate del 2010 ha però ben poco a che vedere con la cultura di Vittorio Valletta, il padre-padrone di un´epoca superata. Il manager apolide Sergio Marchionne non somiglia al suo predecessore, non concepisce il rapporto con le maestranze come destino ineluttabile di una comunità …