Bersani rilancia l´orgoglio del Pd e attacca Bossi. In Lombardia roccaforte leghista, a Cremona, il segretario democratico rivendica la forza e il radicamento del partito. «Noi battiamo in questo la Lega 10 a zero – dice – Mi sono un po´ stancato di queste leggende metropolitane sul consenso che la Lega ha al Nord. Noi stiamo facendo in Italia 2000 feste Pd, abbiamo decine di migliaia di volontari. Non abbiamo niente da farci dettare ma casomai da dare lezioni in fatto di territorio e di radicamento». Dispiaciuto Bersani invece per quelle critiche, diffidenze e dubbi che – dopo gli apprezzamenti, soprattutto quello di Prodi – piovono ora sulla sua proposta di Nuovo Ulivo, ovvero di come riorganizzare il campo del centrosinistra e quindi la riscossa anti-Berlusconi. «Il Nuovo Ulivo può interessare Di Pietro, Sel e Rutelli», ribadisce.
È il momento delle polemiche nelle file democratiche. Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi demolisce la “costruzione” politica bersaniana picconandone l´architrave con una battutaccia: «Il Nuovo Ulivo fa sbadigliare, è ora di rottamare i nostri dirigenti». E indica tre nomi per la leadership democratica, cioè Zingaretti, Chiamparino e Vendola. Bersani in questo quadro fa parte del vecchio di cui «liberarsi», insieme con D´Alema e Veltroni. Gli risponde duramente il segretario democratico di Torino, Gioacchino Cuntrò: «Il popolo di centrosinistra spera in Bersani, prova ne è l´accoglienza alla Festa di Torino. Evidentemente Renzi chiuso nei bellissimi palazzi fiorentini non può accorgersene, ed è un peccato che dal sindaco di una grande città come Firenze arrivi come unico contributo una critica fine a se stessa». E Michele Ventura rincara: «È il momento di fare squadra, non servono uomini soli».
Avverte dei rischi e si mostra scettico sul Nuovo Ulivo anche Giuliano Amato, che alla Festa di Torino ieri parla di unità d´Italia e di federalismo: «Se l´Ulivo è un cartello elettorale allora è destinato a fallire. Non si possono mettere dei pezzi nello stesso cassetto se non gli si dà un senso politico». Attenti quindi – è il ragionamento dell´ex premier – perché «l´esperienza 2006-2008 ha avuto momenti di frustrazione che potrebbero ripresentarsi se il principio è di occuparsi di ciò che ci divide e non di ciò che ci unisce. Se la vocazione rimane quella, l´operazione ha poche possibilità di successo». Così come polemico è Arturo Parisi, uno dei “padri” dell´Ulivo del 1996: «Fosse per i nomi, visto che nella proposta di Bersani ci sono tutti (Pd, Alleanza democratica, primarie, Ulivo) dovrei esultare. Quello che conta è quello che ci sta dietro – spiega – Se si dice di tornare allo spirito dell´Ulivo farebbe piacere capire perché ce ne siamo allontanati . Non vorrei, ahimè, che molte delle condizioni che furono alla sua origine non esistono più mentre ci sono quelle che ne causarono la fine».
Il ricorso all´Ulivo sarebbe, secondo Parisi, «un nome di speranza in un momento di disperazione», mentre «la linea di riferimento del gruppo dirigente del Pd resta quella di D´Alema sostenitore dichiarato delle ragioni della restaurazione». A Bersani insomma tocca la scelta tra Ulivo e D´Alema. A favore Piero Fassino, leader della minoranza, che vede il bicchiere mezzo pieno: «Da Bersani giusta proposta per il Nuovo Ulivo. Il fatto che l´Udc abbia confermato di non votare il processo breve, significa che con i centristi è possibile realizzare una convergenza per offrire agli italiani un´alternativa a Berlusconi». Ci sta a mettersi insieme in «un´alleanza riformista» il leader del Psi, Riccardo Nencini. In un´intervista a Repubblica afferma: «Vedo che Ferrero conferma di non volere partecipare all´Ulivo perché non interessato a partecipare al governo. E il nuovo Ulivo si configurerebbe perciò come alleanza di tutti i riformisti».
La Repubblica 30.08.10