"Gheddafi, un circo che ci umilia", di Francesco Merlo
Nessun’altra diplomazia occidentale tollera e incoraggia gli eccessi pittoreschi di un dittatorello e degrada la propria capitale a circo. Ci dispiace anche per il presidente del Consiglio, la cui maschera italiana si sovrappone ormai a quella libica, indistinguibili nel pittoresco, nell’eccesso, nella vanità, nel farsi soggiogare dalle donne che pensano di dominare. Anche ieri c’era il picchetto in alta uniforme ai piedi della scaletta dalla quale sono scese due amazzoni nerborute e in mezzo a loro, come nell’avanspettacolo, l’omino tozzo e inadeguato, la caricatura del feroce Saladino. Scortato appunto da massaie rurali nel ruolo di mammifere in assetto di guerra. E va bene che alla fine ci si abitua a tutto, anche alla pagliacciata islamico-beduina che Gheddafi mette in scena ogni volta che viene a Roma, ma ancora ci umilia e davvero ci fa soffrire vedere quel reparto d’onore e sentire quelle fanfare patriottiche e osservare il nostro povero ministro degli Esteri ridotto al ruolo del servo di scena che si aggira tra le quinte, pronto ad aggiustare i pennacchi ai cavalli berberi o a …