attualità, partito democratico

Bersani: «Tanto entusiasmo rafforza la battaglia per una nuova legge»

«È la dimostrazione che c’è grande voglia di partecipazione». Reagisce così il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani, che incontriamo in un albergo del centro di Torino quando sta per andare a Piazza Castello per il discorso d’apertura della Festa nazionale del Pd, alla notizia della straordinaria adesione dei lettori all’appello de l’Unità . L’idea delle primarie ovunque, come strumento per rimediare ai danni del “porcellum”, era stata prospettata da lui stesso in una serie di occasioni. «Ma questo entusiasmo – aggiunge – deve e può aiutarci a cambiare l’attuale legge elettorale». È questo il principale obiettivo del Partito democratico. «In questa fase – prosegue Bersani – non possiamo rassegnarci, non possiamo accontentarci di dare l’esempio. In gioco c’è il destino del paese, non è solo questione di quanto sia a posto il Pd. Il nostro è il partito della partecipazione, lo abbiamo dimostrato ogni qualvolta abbiamo fatto ricorso alle primarie per le scelte più importanti. Ora però dobbiamo concentrarci per cambiare la legge elettorale. Perché se anche il solo Berlusconi riesce a nominare i suoi parlamentari, non è che l’Italia starà meglio. Anzi«. Il ragionamento del il leader del Pd è che la «porcata» di Roberto Calderoli gioca una parte non secondaria nell’attuale opera di delegittimazione del Parlamento. Solo con deputati e senatori della maggioranza “nominati” dai vertici di partito o addirittura da “uno solo”, dice Bersani, Camera e Senato possono essere impunemente trasformati in “votifici” dove la discussione è bandita, il confronto democratico annullato e il dissenso messo a tacere con il continuo ricorso al voto di fiducia. Per questo la battaglia per cambiare la legge elettorale è considerata “prioritaria”. Il problema del che fare se il “porcellum” dovesse restare è però presente. Perché, viste le condizioni della maggioranza, la situazione politica potrebbe precipitare e, quindi, potrebbe mancare il tempo materiale per la riforma della legge. In questo caso, assicura il segretario del Pd, il Partito democratico farà le sue scelte «ricorrendo ai più ampi meccanismi di partecipazione». «I nostri parlamentari – conclude – non saranno nominati».

L’Unità 29.08.10

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“Appello de l’Unità primarie in tutte le circoscrizioni Una valanga di firme”, di Giovanni Maria Bellu

Quando abbiamo deciso di lanciare la campagna per le primarie nelle circoscrizioni elettorali prevedevamo una risposta positiva. Ma non di queste proporzioni. A partire da lunedì allargheremo e razionalizzeremo le condotte, attrezzeremo il nostro sito in modo da semplificare e rendere più veloce il meccanismo delle adesioni. Non si preoccupino quelli che hanno inviato i loro messaggi e non li hanno visti pubblicati subito: li stiamo liberando tutti e nessuno resterà fuori. Il direttore nell’editoriale di ieri ha chiarito il senso di questa iniziativa. E le ragioni che ci hanno spinto ad avviarla in modo completamente aperto, senza far seguire al testo dell’appello le firme di autorevoli sostenitori. L’Unità è uno strumento di lavoro politico e culturale a disposizione dei milioni di cittadini dalle storie e dai percorsi diversi che hanno aderito al progetto del Partito democratico con la convinzione di poter costruire, sulle fondamenta delle altre città dove in passato vivevano i democratici italiani, la città futura. Nel cantiere di questa città c’è di tutto. Ci sono monumenti che il mondo ci invidia, ci sono quartieri residenziali e popolari, abitazioni costruite nell’emergenza e altre pensate ed edificate nei decenni, strade rettilinee e vicoli bui, c’è anche un cimitero dove non tutte le tombe hanno la croce. Quella del fondatore di questo giornale, per esempio. Ci sono sensibilità diverse e storie diverse. Quella comunista, quella cattolica, quella socialista e quella di chi, non riconoscendosi in alcuna delle storie precedenti, ha pensato di riconoscersi nella storia di un partito nuovo. I milioni di cittadini che hanno partecipato alle primarie degli anni passati rappresentano questo: la confluenza, in un unico luogo, di donne e di uomini provenienti da luoghi diversi, a volte lontani che, però, negli anni, sono stati illuminati dallo stesso sole. Un sole, lo diciamo a rischio di apparire retorici, “costituzionale”. Perché i vecchi e i nuovi abitanti della città che stiamo costruendo riconoscono tutti che il monumento più importante – uno dei monumenti che il mondo civile ci invidia – è quello che fu costruito in Italia dai padri costituenti subito dopo la guerra, quando le macerie erano molte, molte di più di quelle che oggi ci circondano. Che pure non sono poche. Fuor di metafora: sconfitte elettorali cocenti, occasioni drammaticamente perdute, la sottovalutazione del conflitto di interessi, l’incapacità di far seguire alla fondazione di un nuovo partito la nascita di una nuova classe dirigente che rappresentasse in modo adeguato il partito del futuro, cioè quella parte – che se non altro per ragioni anagrafiche è fatalmente destinato a diventare maggioritaria – dei militanti e degli elettori che non si riconoscono completamente in alcuna delle tradizioni precedenti.

Non è facile la vita nel cantiere della città dei democratici. Ogni tanto qualcuno perde la testa. Altri restano con le mani in mano e guardano la luna rimpiangendo un passato irripetibile. Ci sono quelli che entrano ed escono in relazione all’orario della distribuzione dei pasti. E quelli che entrano negli edifici di pregio e studiano come sottrarre gli arredi perché già pensano a piccole aree incontaminate dove costruire case comode dalle quali irridere la fatica di chi invece, come noi, pensa che si debba stare qua. Perché solo qua, ripulendo le macerie ed edificando nuove impalcature, c’è lo spazio per una città abbastanza grande per tutti. Solo qua, nella storia di questo paese, della sua sinistra, delle sue eccellenze e delle sue meschinità. Ci conforta sapere che i dirigenti del Partito democratico, ai quali l’appello con tutte le firme sarà consegnato (e saranno consegne periodiche, perché di firme contiamo di raccoglierne moltissime) apprezzino la nostra iniziativa. Dal segretario Pier Luigi Bersani a Valter Veltroni. Siamo convinti che, tra le responsabilità di una classe dirigente, una delle più grandi sia preparare e favorire il proprio ricambio. Non si può dire: chi c’è si faccia avanti. Bisogna creare le condizioni perché questo avvenga. La nostra iniziativa è un modo per aiutare i dirigenti di oggi a individuare quelli di domani. L’impressionante risposta che voi lettori avete dato (nelle pagine successive diamo conto di una parte, piccola, dei messaggi) ci conferma in un’altra convinzione: che la disaffezione, il disimpegno, l’astensionismo, il farsi da parte, non siano il frutto marcio di una società in crisi, ma precise responsabilità della politica. Se la gente non partecipa è perché non trova i luoghi. Quando il luogo esiste, la gente partecipa. Se ne ha la prova tutte le volte che si apre un luogo d’incontro. Ieri è avvenuto a Torino con la festa del Partito democratico. Le primarie nelle circoscrizioni non solo consentiranno di rimediare al vulnus alla democrazia prodotto dalla porcata di Roberto Calderoni, ma saranno anche un momento per dare a ciascuno dei cittadini che in questi anni hanno creduto alla città futura la possibilità di controllare il lavoro degli ingegneri e degli architetti. Non solo portare mattoni, ma decidere l’architettura della casa comune.

L’Unità 29.08.10

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Intervista a Ottavia Piccolo: «Questa è gioia, torniamo in campo contro la malinconia», di Toni Jop

E quindi sei d’accordo? «Chiedimi se preferisco una carezza o un pugno, è la stessa cosa, primarie sicuro, vuoi che ti dica tutta la verità?», mai tutta, prego: «L’Unità lancia una campagna che ha già dalla sua la base democratica, di sinistra, delusa in parte ma non rassegnata, sono pronta a scommettere, sarebbe diabolico che non avesse successo, ma non credo al diavolo». Ottavia Piccolo è seduta al fresco della sua terrazza veneziana. Le abbiamo chiesto cosa pensa dell’iniziativa del nostro giornale. La prima risposta l’avete già letta. Ma qualcosa dobbiamo dirlo sul motivo che ci ha convinti della bontà della sua voce per tenere a battesimo una campagna così legata alla democrazia. Ottavia è un’attrice di gran livello che ha attraversato il cinema italiano in un’era argentina e frizzante di commedie, è approdata prestissimo al teatro mentre Strehler le apriva le porte e la faceva accomodare sul palco. E su quei palchi è rimasta e sta. Producendo un teatro progressivamente sempre più nelle sue mani, sempre più conficcato nel dolore e nella sofferenza dei nostri tempi, nelle sue stimmate. Racconta la salita verso la libertà, le libertà, da cinquant’anni, testimone riconosciuta di una sinistra che non resta ferma, che si spende per cambiare le cose e se stessa. La proposta lanciata nelle ultime ore funziona, il sito del giornale è in difficoltà per l’onda delle adesioni…. Visto? La gente di sinistra aspettava, aspetta. La gente di sinistra sa e ha cuore, se vuoi darle da mangiare offrile parole e azioni di liberazione, come questa che l’Unità ha messo in copertina. Ma che si sta ancora a discutere? Le primarie sono la manna, e al diavolo precauzioni e diffidenze, non chiami i cittadini a piegarsi al populismo ma ad aprire le braccia alla partecipazione, dipende da quel che chiedi, dalla natura dell’opzione se stai facendo del populismo oppure no. Quanto bell’entusiasmo. Ti accuseranno di ingenuità… Facciano, quante storie per un “era ora”, ogni volta che ci pare di vedere l’azzurro che torna, qualcuno ci accusa di essere ingenui. Cos’è diventato questo paese? Pare quasi che ogni azione palese e corale sia il frutto dell’ingenuità, per non essere ingenuo devi operare nell’ombra, allora sei bravo, peccato che il luogo, l’ombra, sia il tavolo del potere. In tempi di assenteismo elettorale che pretende i galloni del realismo senza fronzoli… La crisi ha appesantito la sottrazione di potere dalle mani dei cittadini, con le primarie si riaccende anche un fuoco che minacciava di spegnersi, l’ho detto, “Era ora”… Tutta colpa di chi? Se bisogna fare campagna per un obbiettivo tanto ben illuminato dalla fiaccola – ciapaquà – della democrazia, qualcosa deve voler dire… La colpa è di una destra che ora scopre il piacere di una sua legge che espropria gli elettori di una garanzia costituzionale: ma i candidati devono deciderli i cittadini, non i partiti. Dobbiamo scolpirlo nel marmo? Questa sinistra ai suoi piani alti non è sempre meravigliosamente sensibile a ciò che fa battere il cuore alla sua base. Dove eravamo arrivati? Alla fiaccola e alla luce… Non è forse vero che da qualche tempo tutta la destra sembra solidarizzare per la permanenza di questa porcata di legge elettorale? Ma le primarie come sistema ora si pongono come conquista, a sinistra, e non come dato acquisito… Non ho mai capito e non capisco le resistenze all’adozione di questo modello di partecipazione attiva. Alle spalle di un paio di pensieri che vengono usati contro le primarie vedo un gran bisogno di conservazione e segni di sfiducia nelle dinamiche della partecipazione popolare. Dovrei chiedermi cosa voglia dire questo atteggiamento nelle file e nella cultura di sinistra, ma oggi è un buon giorno… Spontaneista di sinistra? Dove ci hanno portato quei pensieri sui luoghi deputati della politica, che per far politica c’è il Parlamento e il resto è populismo? E poi cosa c’è di spontaneista nell’adesione a un dispositivo che dal punto di vista formale complica il percorso decisionale? Il premier padrone di tutto, a partire dai suoi vassalli, dice che rivedrebbe la Costituzione pur di intascare altro potere. Noi sosteniamo invece che il potere deve tornare oppure andare nelle mani di quanta più gente possibile… Stiamo parlando di liste elettorali… E non è potere quello di definire i lineamenti fisici e culturali della rappresentanza? Sai cosa scatena un’apertura simile? Gioia, e sai cosa vuol dire la gioia in politica come nella vita? Che tutte le cellule del tuo corpo riprendono vita, si cambia, si fa, si torna in campo a spettinare il recente passato e la sua maliconia. Era ora.

L’Unità 29.08.10