Chi comanda fra gli ex colonnelli rimasti con il Cavaliere? Gli ex colonnelli di An, i nuovi falchi di Berlusconi? La verità è che la ferrigna testuggine di legionari, i nuovi pretoriani del Cavaliere, a pochi mesi dalla rupture nel Pdl di Fini al quale hanno voltato le spalle, sono già ridotti a uno spezzatino litigioso che per i loro sogni di gloria – conoscendo il Cavaliere – non promette nulla di buono.
Tutto si sa dei finiani usciti dai gruppi del Pdl: ma cosa sta succede tra gli ex finiani rimasti in casa di Berlusconi? Accade che i quattro ras ex An si stanno riorganizzando, ma ciascun per sè.
L’unica malta comune tra gli ex colonnelli di Fini è l’anti-finismo. Che in pratica consiste in un’azione incessante e in un pressing su Berlusconi per chiudere ogni possibile spiraglio di trattativa coi ribelli, anche a colpi di provocazioni: per sgomberare così tutti i posti occupati dagli uomini di Fini e sistemarci i propri.
Per il resto ognun per sè, a partire dalla spartizione dei beni ex An con i finiani: da cemento che unisce i berluscones, l’eredità diventerà dinamite. Sulle quote da ripartirsi tra gli ex colonnelli se ne vedranno delle belle. Del resto il cosiddetto “listone dei 75” ex An rabberciato dai quadrumviri Alemanno, Matteoli, La Russa e Gasparri nella famosa direzione del Pdl di aprile è durato lo spazio d’un mattino.
Già dall’indomani i quattro avevano ripreso a muoversi alla vecchia maniera. Per salvare la faccia hanno promosso un comizio- convention unitario ai primi di giugno. Ma restano suddivisi in tre tronconi, quasi quattro: i due principali sono quelli di La Russa e Gasparri Italia Protagonista (ma La Russa s’è già fatto una corrente personale lombarda La nostra Destra) e di Alemanno, Nuova Italia. Dei quadrumviri ex An il toscano Matteoli è quello che, nel mondo alla rovescia di Berlusconi, se la passa meglio. S’è legato a doppio filo all’aretino Denis Verdini che gli ha nominato – per dirne una – il fedele Maurizio Bianconi (quello che accusò Napolitano di tradire la Costituzione) vice tesoriere del Pdl in predicato per sostituire l’ex forzista Rocco Crimi.
In più Matteoli ha la sua Fondazione per la libertà: che vede tra i soci fondatori Guglielmo Rositani, del cda della Rai.
L’attività di La Russa, Gasparri e Matteoli, in questa fase, si concentra essenzialmente su un punto: impedire ogni appeasement tra Fini e Berlusconi, macellare i finiani, a Roma e in periferia. Se possibile aprire vertenze per sfrattarli (questo è il senso dello scontro sulle incompatibilità degli incarichi nel Pdl).
Con i finiani fuori dal Pdl, agli ex An rimasti con Berlusconi spetta il 30 % delle poltrone al partito e al governo. Per non parlare dei sotterranei patti di potere con Verdini per allargare la fetta di torta a danno degli sprovveduti ex forzisti (che reagiscono, come nel caso della Gelmini, creando altre correnti). Berlusconi fa finta di nulla e intanto li utilizza. Tanto la sua idea, tolto di mezzo Fini, è svuotare pian piano il Pdl e costruire il perfetto non-partito-comitato elettorale.
I sogni personali poi sono ancor più ambiziosi. La Russa si vede, prima o poi, presidente della camera (interessante il suo link con la Santanché, che gestisce la pubblicità del Giornale e lancia oscuri messaggi a Fini: «Lasci prima che escano altre cose…»). Gasparri vuol rifarsi un’immagine e imporsi mediaticamente come paladino dei valori cattolici e della legalità.
Alemanno infine deve guardarsi da Gasparri nel centro Italia e perciò sta riorganizzando la sua corrente. Ma anche il sindaco di Roma ha grandi piani per il dopo: oggi è il meno duro dei quadrumviri con Fini, domani si vede vicepremier con Tremonti a palazzo Chigi. Berlusconi li lascia sognare, tanto è gratis.
da Europa Quotidiano 28.08.10