Scontro tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il segretario del Pd Pierluigi Bersani, che ieri su Repubblica aveva proposto la creazione di un “nuovo Ulivo” per battere il Cavaliere alle prossime elezioni. Il premier bolla l´iniziativa come «un´ammucchiata, che ricorda il vecchio teatrino della politica di cui gli italiani sono stufi». La risposta del leader democratico: «È lui che guida un´ammucchiata sempre più rissosa. Basta con questo governo del manganello».
Il suono della «campana del Pd», come l´ha definita Pierluigi Bersani, non piace a Silvio Berlusconi. Su Repubblica il segretario dei democratici offre in una lettera la sua ricetta «per sconfiggere il premier» e il Cavaliere contrattacca attraverso un messaggio diffuso sul sito dei Promotori della Libertà, la struttura coordinata da Michela Vittoria Brambilla che quest´estate ha funzionato da megafono già una decina di volte. «Anche oggi – afferma Berlusconi in mattinata, dopo la lettura dei giornali – si può cogliere la fotografia di due situazioni contrapposte: da un lato il governo del fare; dall´altro, i politici di professione e i loro giornalisti di riferimento che discutono di ammucchiate fuori del tempo. Come si può pensare – prosegue – nell´anno di grazia 2010, di resuscitare alleanze dal collante incerto, dai programmi ancora più incerti, dalle prospettive addirittura incertissime?».
Bersani attende mezza giornata, durante la quale incassa da alleati e compagni di partito molti apprezzamenti e qualche critica. Poi da Pontelagoscuro, provincia di Ferrara, dalla festa del Pd locale, sbotta: «Adesso no, adesso basta. La mia è una proposta politica chiara e precisa. La sua è un´ammucchiata. È lui che sta pretendendo di governare con una compagnia che si insulta tutti i giorni. Si manganellano ogni giorno». E cita ironicamente Eros Ramazzotti per spiegare cosa intende per «alleanza democratica». Un patto aperto, dedicato «a tutti quelli che…». Senza escludere né Pier Ferdinando Casini, né Gianfranco Fini, né Luca di Montezemolo. Bersani ripesca l´idea dell´Ulivo che, spiega, «rappresenta una critica all´esperienza dell´Unione. Nell´Ulivo c´è un´idea di partiti che si mettono al servizio di un movimento di riscossa civica e morale». Ricalcando quanto scritto nella sua lettera a Repubblica, il segretario Pd sottolinea che «non dobbiamo uscire solo da una governo ma da una stagione, da una fase che ormai è lunga 10-15 anni e che non ci ha portato niente, né in termini di avanzamento economico né di spirito civico». Il patto proposto da Bersani è rivolto «a chi è preoccupato per la democrazia e può prendere la forma di un patto elettorale». Assicura che «noi non abbiamo paura delle elezioni, ma se arrivano quelle anticipate devono avere un padre e una madre, Berlusconi e la sua crisi. Se arrivano le ha volute lui per i problemi suoi».
Sul palco di Pontelagoscuro (dove nel 2002 venne celebrata la prima festa dell´Ulivo) il segretario del Pd usa una metafora per attaccare anche la Lega, un partito che «sta attaccato al vecchio zio per prendergli l´eredità». Offre la sua lettura della “ribellione” dei finiani: «Per uno che è venuto via da un duce vero, sopportarne uno da operetta può darsi gli dia fastidio». Infine, torna a parlare della sua proposta di nuovo Ulivo che sembrerebbe archiviare quella «vocazione maggioritaria» di veltroniana memoria: «Per me, quella è la vocazione del fratello maggiore che ha più responsabilità degli altri nell´organizzare il campo del centrosinistra. E così il Pd cresce anche come partito».
La sua ricetta sembra piacere ad Antonio Di Pietro: «Siamo contenti che anche Bersani oggi voglia ricostruire un nuovo Ulivo per rilanciare un´alleanza democratica ma ad un patto: che passi attraverso le urne». Via libera anche dai Verdi di Angelo Bonelli e dal Prc, quest´ultimo con alcuni distinguo: «Sì all´alleanza anti Berlusconi – spiega Paolo Ferrero – ma no all´Ulivo perché non siamo interessati a partecipare al governo». Insiste sulle primarie, invece, Sinistra ecologia e Libertà che ha già avanzato la candidatura di Nichi Vendola: «Perché – è convinto Paolo Cento – non sono solo una questione di forma della democrazia, ma la sostanza di una nuova relazione».
La Repubblica 27.08.10
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Prodi: bravo Pierluigi, ora i fatti
«Bravo Pierluigi. Ci voleva proprio. Ma adesso bisogna passare subito ai fatti. Nei rapporti con la nostra gente, con le altre forze politiche e soprattutto nella capacità di contrastare il declino dell´Italia. Il confronto è su chi sul serio sa rivitalizzare il sistema Paese. Non è solo il problema Berlusconi. Il futuro è di chi sa dipingere e subito dopo costruire un futuro per l´Italia». Romano Prodi ha molto apprezzato le parole scritte da Pierluigi Bersani. Soprattutto ha sospirato di fronte a quella “parola” che gli è tanto cara: “Ulivo”. Ma l´ex premier non ha sottolineato solo le frasi del documento “bersaniano”, anche il clima che è riuscito a creare. «Quanto tempo era che non succedeva», ha detto con una punta di amarezza il Professore. La lettura, racconta lo staff di Bersani, ha confermato un messaggio già mandato a Prodi prima della pubblicazione. «Gli abbiamo detto che gli sarebbe piaciuto».
L´effetto, di fatti, si è subito sentito. Prodi nella sua vacanza in provincia di Reggio Emilia, in casa della suocera, è andato a prendere i giornali di prima mattina. Conferma di quello anticipato da Roma. I commenti con i suoi amici sono stati subito positivi. Commenti privati. «Io non esisto» ripete lui che si diverte a fare il Vecchio della Campagna, il Saggio della Bassa. L´ex premier, infatti, ripete come un mantra di non pensare a un ritorno “pubblico” di qualsiasi tipo. «Non sono Cincinnato. Un´epoca è comunque chiusa. Largo ai giovani. Io insegno». «Negli Usa e in Cina» aggiunge con vezzo critico verso l´Italia. Ma gode come un pazzo al fatto che la gente normale lo fermi per strada. «Professore, torna?». Lo rincuora che illustri sconosciuti gli chiedano di Flavia, la moglie operata. «Come sta la sua signora?».
L´uscita di Bersani lo ha colto in questo momento, fra pubblico e privato, felici e preoccupati. Anche Prodi temeva un appannamento del segretario del Pd, l´amico ventennale su cui ha sempre puntato. Ha sempre vissuto malissimo la marginalizzazione di cui ha accusato il Pd di Walter Veltroni dopo il «corriamo da soli» che, ancora accusa, «ha messo in crisi» il suo governo. Con Dario Franceschini ci sono stati gli strascichi post-veltroniani, poi la discesa in campo dell´amato Bersani. Da cui però non è mai arrivato lo scatto che anche il Professore si aspettava. Mentre seguiva con attenzione preoccupata il grande attivismo di Giulio Tremonti, battezzato «Visc/onti» da qualche amico di Prodi per la nuova linea non più così contraria rispetto a quella del predecessore, Visco.
Adesso Prodi è tornato al centro del campo, ultimo, antico vincitore di uno scudetto. Da cui imparare. Non parla, ma tanti lo cercano. Lui sta a guardare. Persino le possibili aperture di Bersani a Casini, Fini e Montezemolo. Gli ultimi due li conosce come pochi, ne sa le astuzie tattiche e strategiche. Non gli era piaciuto il «patto repubblicano» abbozzato mesi fa da Bersani e finito in nulla. «Non per l´idea in sé, ma per il rischio che venga preso per un gesto tattico. Serve sempre e ancora un grande progetto. Con il Pd al centro del confronto». Ha apprezzato le mosse dell´ex segretario di An, ma lo dipingeva come «un generale con attorno sergenti e non si sa se davvero ci sono delle truppe».
Adesso la possibilità che Bersani abbia preso in mano il pallino rincuora molto il Professore. Come l´asse che pare crearsi con Dario Franceschini, allontanatosi da Veltroni. «Alla trasmissione tv di Fazio era stato bravissimo» era un ricordo-impianto ricorrente. E sul Pd: «L´interpretazione comune rischiava di essere quella di un partito diventato autoreferenziale, con rapporti troppo deboli con il territorio e con i problemi quotidiani degli italiani, messi in secondo piano dai ristretti obiettivi dei dirigenti e delle correnti e dai rapporti di vertice con le altre forze».
Se è svolta, Prodi ci spera. Lui pubblicamente tace, le sue voci pubbliche sono entrate in funzione. «Il Pd deve essere il centro del centrosinistra. – dice l´ex ministro di un defunto Programma, Giulio Santagata – Su questa credibilità, su questa capacità si gioca la costruzione di qualsiasi coalizione e di qualsiasi possibilità di mandar via Berlusconi». Con una stoccata a Veltroni: «La nuova stagione ulivista può aprire le porte ai tanti delusi, lasciati per strada in questi anni».
La Repubblica 27.08.10
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“Grande alleanza a senso unico?”, di Rudy Francesco Calvo
La lettera a Repubblica del segretario del Pd raccoglie consensi a sinistra e nel partito, perplessità tra i centristi. La lettera inviata da Pier Luigi Bersani a Repubblica conferma quanto già era stato evidenziato nei giorni precedenti: esiste all’interno del Pd un’ampia maggioranza, trasversale rispetto alle mozioni congressuali, favorevole alla nascita di una «alleanza democratica » per provare a superare definitivamente il berlusconismo.
Dario Franceschini l’aveva chiamata «costituzionale », ma la coincidenza tra le due coalizioni prospettate è confermata esplicitamente dallo stesso capogruppo: «Quella di Bersani è la mia stessa linea».
Un’alleanza di «emergenza», che può sostenere un governo di transizione o anche presentarsi unita al voto, con l’intento di dar vita a una «legislatura costituente», basata su «un impegno comune sugli essenziali fondamenti costituzionali». Dopodiché, toccherà a un «nuovo Ulivo» ricostruire il campo del centrosinistra.
È l’idea che non piace a Veltroni e ad altri esponenti dem (Fioroni, Marino, Barbi tra questi), che preferirebbero sin da subito un rilancio della vocazione maggioritaria e di alleanze coerenti sul piano programmatico. «Ritengo che un’alleanza da Ferrero a Fini sia qualcosa di complesso, di poco comprensibile, di molto poco serio», spiega il responsabile welfare del Pd.
Al di là delle critiche interne, la linea in “due tempi” di Bersani si scontra con alcuni nodi non secondari da sciogliere e con dati di fatto che non dipendono dalla volontà del Pd. Innanzitutto, la proposta del segretario dem giunge proprio nel giorno in cui Bossi e Berlusconi sembrano aver rimesso nel cassetto l’idea delle elezioni anticipate. Riguardo alla «alleanza democratica », poi, il segretario dem dice di rivolgersi anche a «forze contrarie al berlusconismo» che in condizioni normali «avrebbero un’altra collocazione » (il riferimento è a Casini e Fini), ma anche a «energie esterne ai partiti». In questo contesto, a chi verrebbe affidata la leadership? E come sarebbe scelta? La questione non è secondaria, ma potrebbe anzi risultare determinante proprio per coinvolgere nel progetto queste forze, politiche e non.
Più che a cedere al corteggiamento di Berlusconi, infatti, Udc e Fli (ma anche l’Api rutelliana ed elementi attualmente esterni alla politica, come l’associazione di Montezemolo Italia futura) puntano a mettere in campo immediatamente un terzo polo autonomo, piuttosto che un’alleanza con il centrosinistra. I segnali concreti in quest’ultimo senso, infatti, sono stati finora ben pochi. E ancora ieri Casini ha dimostrato freddezza: «Mi sembra positiva – ha detto commentando la lettera del segretario dem – l’intenzione di assumersi la responsabilità di riorganizzare l’area della sinistra democratica». Come a dire: la questione non ci riguarda.
Figurarsi Fini.
Il progetto del «nuovo Ulivo », inoltre, non sembra prospettare la stabilizzazione di un’alleanza con l’Udc (direzione che era stata seguita dai dem finora), all’interno del bipolarismo che comunque Bersani dice di voler difendere.
Gli ricorda inoltre il veltroniano Walter Verini che «qualsiasi riforma elettorale e istituzionale » che si vuole attuare dovrebbe essere coerente con quell’assetto. Il che si traduce nel rifiuto di una legge elettorale di stampo proporzionale, che invece è indicata come uno dei punti principali in caso di un’ampia alleanza anti-berlusconiana.
da Europa Quotidiano 27.08.10
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“La proposta del segretario non convince tutta la minoranza”, di G.C.
Gelidi i veltroniani gli ex Ppi attaccano: difficile unire Fini e Prc. Ma Franceschini Marini e Fassino dalla parte del leader. Chiamparino: “Buona la strada indicata”
«Loro litigano, noi ci rimettiamo in movimento e con l´unità di tutto il Pd». Pier Luigi Bersani è soddisfatto delle reazioni che la sua proposta di Nuovo Ulivo e di un´Alleanza democratica per sconfiggere Berlusconi ha ricevuto nel partito. Sergio Chiamparino – il sindaco di Torino indicato come possibile competitor del segretario in future primarie, magari in ticket con Vendola – ha detto che è «una buona strada da percorrere: l´idea dell´Ulivo lanciata da Bersani è buona perché tende a escludere la santa alleanza di chiunque per battere Berlusconi e perché ripropone il progetto di una coalizione alternativa al centrodestra prescindendo dall´autosufficienza del Pd». Dalla parte di Bersani sta anche Dario Franceschini, il leader della minoranza di “Areadem” che di «alleanza costituzionale» aveva già parlato. Una parte di “Areadem” (oltre a Franceschini, Franco Marini e Piero Fassino) è ormai con il segretario. Di certo non Walter Veltroni.
Benché il veltroniano Walter Verini si limiti a ricordare con garbo a Bersani che ha perso solo tempo perché a un Ulivo rinnovato ci aveva pensato già Veltroni, in realtà la distanza è massima. Sta in quella “vocazione maggioritaria”, ovvero di un Pd calamita e assopigliatutto che è l´antitesi della strategia di coalizione da Bersani (così come da D´Alema) ritenuta vincente. Per ora tuttavia si gioca di fioretto – come osservano nel partito – ma dietro c´è rumore di spade. «Bene la riaffermazione dell´Ulivo del ´96, il cui progetto veniva a compimento proprio con la nascita del Pd – commenta Verini – Se quel Pd avesse continuato il suo cammino, oggi l´alternativa sarebbe più credibile». Malumori inoltre tra alcuni ex Ppi. Beppe Fioroni è ipercritico: «Io personalmente ritengo che un´alleanza da Ferrero a Fini sia qualcosa di complesso, di poco comprensibile, di molto poco serio». Dubbi di Mario Barbi, Enrico Gasbarra e Vincenzo Vita. Dei punti principali dell´appello affidato a Repubblica, il segretario del Pd aveva parlato prima con Bindi, Letta, D´Alema, Franceschini, Fassino. Rosy Bindi, presidente del partito, sottolinea: «La proposta di Bersani indica con efficacia la nostra prospettiva, restituendo credibilità e forza alla nostra alternativa con lo stesso respiro dell´idea originaria dell´Ulivo».
Apprezza anche Fassino: «È una proposta forte che accelera la costruzione di un´alternativa e indica la via per realizzare una coalizione credibile e in sintonia con le domande del paese». Il lettiano Francesco Boccia, il dalemiano Ugo Sposetti, Vasco Errani e Vannino Chiti sono schierati in modo compatto con il segretario. Sposetti gli darebbe «un bell´otto e mezzo per il messaggio forte al partito e al paese». Boccia incalza: «Mai più gli errori del passato». A Errani piace «la via indicata per il cambiamento».
La Repubblica 27.08.10