Si allarga la lotta contro i tagli. In Sicilia un docente in sciopero della fame finisce all’ospedale. «Da qui me ne andrò con un lavoro oppure morto». Pietro Di Grusa, collaboratore scolastico precario da un quarto di secolo, lo dice misurando parole stanche e ferme, senza provocazioni, senza lacrime. Da dieci giorni ha smesso di mangiare e di prendere i farmaci per il cuore. Protesta così contro i tagli alla scuola che lo lasceranno a casa, dopo che già l’anno scorso è rimasto senza supplenza, «la Caritas a pagarmi le bollette della luce e a darmi qualche sacchetto con la spesa». È seduto davanti ai cancelli dell’Ufficio scolastico provinciale di Palermo insieme con i suoi due compagni d’avventura: Salvo Altadonna, docente di sostegno, e Giacomo Russo, assistente tecnico. Lascia il suo posto soltanto quando le forze lo abbandonano e allora arriva l’ambulanza a portarselo via per qualche ora: era successo l’altro giorno, è successo di nuovo ieri.
È lui il simbolo di una protesta che dalla Sicilia si allarga a macchia d’olio, con nuovi scioperi della fame annunciati per i prossimi giorni a Pisa e a Pordenone, con manifestazioni promosse oggi a Palermo e domani a Roma, con una mobilitazione che corre sulle gambe dei 150 mila precari italiani che nel prossimo anno scolastico vivranno sulla propria pelle il taglio di 25 mila e 167 cattedre. Situazione esplosiva, che non a caso vede la prima deflagrazione in Sicilia, dove ieri il presidente della Regione Raffaele Lombardo – arrivato per incontrare i tre precari in sciopero della fame – si è beccato contestazioni e sberleffi, a dispetto dell’impegno a «chiedere formalmente al ministro Gelmini di rivedere i tagli all’organico, uno spreco insopportabile». E non solo perché in Sicilia l’economia è in ginocchio e la mano pubblica della scuola uno storico bacino di occupazione, ma perché i tagli nell’Isola peseranno per il 13 per cento del totale nazionale: 3.329 posti in meno, che si andranno ad aggiungere ai 7 mila e 600 perduti dal 2008 a oggi.
D’altronde, le assunzioni a tempo indeterminato sono poco più di un miraggio, se quest’anno in Italia ce ne saranno soltanto 10 mila per i docenti e 6 mila e 500 per gli amministrativi, tecnici e ausiliari (Ata), la maggior parte delle quali disponibili nelle regioni centrali e settentrionali. Una torta di cui la Sicilia vedrà soltanto le briciole: 681 posti fissi. Abbastanza per esasperare animi già provati da precariati storici, famiglie e bambini tirati su senza certezze, anni passati lontani dalla famiglia, come per Caterina Altamore, che ha voltato le spalle a marito e bambini e l’anno scorso è andata a fare la supplente a Brescia: «Non è facile lasciare tre figli, ma è stata una forma di protesta: ai miei ripeto sempre che bisogna lottare».
Ecco allora la protesta estrema, lo sciopero della fame. Scelta che sta per risalire lo Stivale. A Pisa l’ha annunciato Rocco Altieri, insegnante di Diritto ed Economia al corso serale dell’istituto professionale Matteotti, la cui prima classe è caduta sotto la scure del ministro. A Pordenone c’è Maria Carmela Salvo, supplente nella scuola d’infanzia e primaria. «Dal primo settembre – dice – inizierò a digiunare fino a quando non avrò l’incarico».
La Stampa 26.08.10