Non vuol sentir parlare di totoleader o di candidature ed è infastidito dalla polemiche interne al Pd. Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, spesso indicato come il quarantenne di buone speranze, invita a guardare al fallimento della destra. «Si è aperta una porta magica», dice. Vuole che il centrosinistra lavori con coraggio per «rifondare l’Italia» e indica due sfide: il merito e i bisogni. Aggiunge: «Il nostro porta a porta deve servire a offrire una nuova speranza agli italiani».
Lei ha detto: tra di noi c’è chi è subalterno alla destra. Ce l’aveva con Chiamparino che aveva polemizzato con il Pd per il mancato invito di Cota alla festa dell’Unità?
No, niente equivoci. La mia critica era rivolta a Tremonti e alla destra: hanno espulso in un lampo il confondatore del partito e poi vogliono dare lezioni di democrazia al Pd? E’ surreale.
Quindi nessuna polemica interna?
Nessuna. Penso che oggi per noi il fatto clamoroso sia il fallimento strategico della destra. Proprio con Tremonti c’è stata, nel biennio, la peggiore contrazione del Pil e la più bassa ripresa a livello europeo. Sottolineo un altro elemento: questa destra nasce nel ’93 con il patto tra Berlusconi e Fini candidato sindaco di Roma. Quel ciclo si è chiuso definitivamente. Il gruppo dirigente della destra è ormai una oligarchia che occupa lo Stato con una classe dirigente ricattata. Lo sa chi sono i veri prigionieri? Gli ex An rimasti nel Pdl.
Che cosa deve fare il Pd per essere incisivo? Basta il porta a porta?
Bersani fa bene a ripetere che non dobbiamo parlare tra di noi, ma scatenare una grande operazione di verità. Io dico che dobbiamo avere un contatto fisico e politico con gli italiani e scommettere su una nostra idea diversa dell’Italia. Questa destra non parla al futuro, gestisce solo il potere con aspetti inquietanti. Basti dire che mette un balzello sui pendolari e poi fa lo sconto alla Mondadori sulle tasse non pagate.
Allora, bisogna aspettare che si compia il miracolo della crisi?
Niente affatto. Noi dobbiamo cogliere l’occasione di questa porta magica che si è aperta e costruire la nostra proposta. Vedo una grande occasione, i 150 anni dell’Unità d’Italia. Però attenzione, non per celebrare il passato ma per dire: sono 150, ora vogliamo un’altra Italia. Nessun approccio nostalgico, perché dobbiamo saperlo che questa Italia non funziona. Solo noi possiamo dire ai cittadini: si può vivere meglio.
Un bel programma. Ma non vede un certo affaticamento nel Pd?
Io vedo un veloce logoramento della destra. E poi una tendenza del centrosinistra a illudersi che il nostro problema sia fare il totoleader. Non ci sto a questi giochetti.
Eppure su questi giochetti abbiamo trascorso l’estate…
Lo so, ma è tempo di riscoprire il valore del bene comune. Dobbiamo sentirci parte di una sfida e lavorare per il suo successo e non per i benefici personali. Non mi preoccupa la competizione, ma deve partire dalla battaglia delle idee. Dobbiamo costruire il nostro progetto per rifondare l’Italia. Andiamo nelle università, tra studenti e ricercatori, sollecitiamo il mondo della cultura, andiamo nelle fabbriche e negli uffici. Basta con inutili contrapposizioni interne. Occupiamoci del Paese.
Tutti dicono: il problema sono le idee. Diciamone qualcuna…
L’Italia che vorrei deve puntare su chi merita e su chi ha bisogno. Sono le due categorie più umiliate. Nel paese della cricca il merito viene annientato e quelli che hanno bisogno sono abbandonati. Sta qui la pesante ingiustizia della destra. La nostra Italia è diversa, è un paese solidale.
Ma secondo lei il governo è davvero al capolinea?
Guardi, l’agenda partorita venerdì dal vertice è imbarazzante. Mi pare uno scambio osceno con la Lega: fateci fare gli affari nostri, voi fatevi i vostri. Bossi usa i limiti dello Stato per distruggere la nazione. Noi invece dobbiamo difendere la nazione rinnovando lo Stato. Dobbiamo costringerli a fare i conti con la nostra idea di Paese.
Berlusconi non ha risparmiato un avvertimento a Napolitano: se c’è crisi si vota. Gli attacchi al Quirinale non sono preoccupanti?
Sicuramente e si commentano da soli. Un forte elemento di garanzia sta oggi proprio nell’autorevolezza che Napolitano si è conquistato. E a loro questo dà fastidio.
E Fini, tornerà a casa oppure la rottura è insanabile?
Penso che Fini abbia vinto una battaglia. Rappresenta, per quelli di destra, un’alternativa a chi non si rassegna al berlusconismo. Fini è quello che, con più credibilità, immagina una destra nazionale.
Qualcuno pensa che sia lui il capo dell’opposizione…
Quella di Fini è una destra antiberlusconiana, noi siamo il centrosinistra. Sia chiaro: Fini non vuole allearsi con noi, ma vuole lavorare per sconfiggerci meglio.
Se ci sarà crisi, voto o governo di transizione?
Votare con una legge che produce nominati sarebbe dannoso. Quindi c’è un tentativo da esplorare. Però non a qualunque costo. Dico anche però che non deve essere questo il centro della nostra iniziativa. Noi dobbiamo batterci contro la destra, conquistare gli elettori e offrire una nuova speranza.
Bersani ha detto che Berlusconi è un caudillo. Condivide?
Sì. Berlusconi fa comizi contro i comunisti e poi si comporta come il Pcus. Il Pdl è ormai l’unico partito comunista sovietico.
E Bersani è un buon leader?
Non c’è dubbio. Ha la solidità e la forza che lo fa stare lontano dal chiacchiericcio. E questo oggi è un valore in più, non in meno.
Dicono però che lei si stia scaldando per fare il leader…
Sono stufo di vedere che quando qualcuno parla non si guarda mai al merito. Lo ripeto: credo nel bene comune e in una classe dirigente che sia in grado di mettere in campo energie nuove. Non ho alcuna intenzione di candidarmi a nulla. Sono semplicemente molto indignato da questa destra.
Quindi resta alla Provincia di Roma?
Assolutamente
L’Unità 22.08.10