dalla Rubrica delle Lettere di Repubblica
Questo governo passerà alla storia come clava inesorabile della condizione giuridica ed economica del personale della scuola. Mai ci è stato un simile accanimento contro questa categoria. Modus operandi di questo governo che si estrinseca nello svilimento della cultura e nella distruzione della scuola pubblica. Tralascio le mortificanti penalizzazioni al comparto scuola previste nell’ultima finanziaria, per focalizzare le mie brevi riflessioni sul decreto legge “salva precari”.
In piena crisi economica, accompagnata da tagli indiscriminati alla pubblica amministrazione, il ministro Gelmini vara un’altra nefandezza giuridica, in omaggio alla filosofia che è alla base del governo: iniquità sociale e mortificazione del docente. Il decreto legge del 25 settembre 2009 dispone che il personale docente ed educativo che abbia svolto una supplenza di almeno 180 giorni nell’anno scolastico 2008/2009, ha diritto al riconoscimento dell’intero anno di servizio e all’indennità di disoccupazione che varia da regione a regione (in Lombardia il 100% dello stipendio percepito da un collega in servizio), anche se non nominato per gli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011. È un provvedimento iniquo e mortificante per il personale destinatario che si vede regalato soldi e punteggio restando a casa (alla faccia della tanto decantata meritocrazia e della politica dei tagli in un momento di stagnazione economica). La decisione è ancor più grave perché presa contestualmente a penalizzazioni senza precedenti nei confronti degli operatori scolastici e all’aumento del numero di studenti per classe. Quest’ultima decisione contrae significativamente il numero delle classi e vanifica gli sforzi degli insegnanti di offrire una degna offerta formativa.
Abbassare il numero di alunni per classe avrebbe creato nuove cattedre, impegnato più insegnanti e restituito, a chi è retribuito stando a casa, dignità di svolgere la delicata, malpagata e nobile funzione sociale. Solo chi non ha mai messo piede da insegnante in un’aula non può capire il difficile compito di educare un alto numero di studenti per classe.
Prof. Giuseppe Gorruso