Gli italiani sempre più simili agli americani: rateizzazione di tutto, anche delle tasse.
Giulio Tremonti tutte le volte che s’è visto costretto a garantire la sostenibilità dei conti italiani a livello internazionale, ha tirato in ballo il basso livello del debito privato. La ricchezza delle famiglie, la forte attitudine al risparmio e i pochi debiti personali – è il ragionamento fatto dal ministro dell’economia – permettono al nostro paese di compensare la cifra monstre raggiunta dal debito pubblico, più di un miliardo e 800 milioni di euro, per un rapporto debito-pil che veleggia foscamente verso il 120 per cento. Del resto uno studio di Credit Suisse, che fa una valutazione più approfondita dell’affidabilità economica dei paesi europei – ama ricordare Tremonti – mette l’Italia al secondo posto, dietro alla Germania e davanti a Francia e Spagna. E non a caso, nel giugno scorso, il ministro ha proposto all’Ecofin di utilizzare un indicatore che tenga conto di diversi fattori per valutare la stabilità complessiva di uno stato, fra cui appunto quelli più favorevoli al nostro paese.
Ora, l’analisi tremontiana è vera, ma solamente fino a un certo punto. Perché la tendenza all’indebitamento delle famiglie italiane negli ultimi anni, complice la crisi economica, è completamente cambiata.
Ci stiamo infatti avviando verso un modello più anglosassone, fatto di consumi a debito e di un significativo uso della rateizzazione. Basta mettere in fila gli ultimi dati economici, provenienti da fonti diverse, per avere la conferma di un certo trend di base. Cominciamo con quelli più freschi. Ieri Equitalia, la società che gestisce la riscossione per conto dell’Agenzia delle entrate, ha fatto sapere che sta prendendo sempre più piede la consuetudine di pagare le tasse a rate. A oggi ha concesso circa 882mila dilazioni di pagamento, per un importo che supera i 12,4 miliardi di euro.
L’agevolazione, che dal 2008 è gestita direttamente dagli agenti della riscossione, consente a famiglie e imprese in situazione di difficoltà economica di rateizzare, anche fino a sei anni, gli importi delle cartelle di pagamento. Difficoltà che peraltro sono confermate da un’analisi della Cgia di Mestre, che ha evidenziato come i debiti degli italiani siano aumentati lo scorso anno. L’indebitamento medio delle famiglie consumatrici – originato dall’accensione di mutui per la casa, dai prestiti per l’acquisto di beni mobili, dal credito al consumo, dai finanziamenti per la ristrutturazione degli immobili – ha toccato, nel dicembre del 2009, i 15.930 euro. Crescendo in termini assoluti di 863 euro rispetto al dicembre 2008. Situazione, questa, confermata poi anche da Banca d’Italia: secondo quanto emerge dal supplemento al Bollettino statistico, nel primo trimestre 2010, rispetto allo stesso periodo del 2009, l’incremento del debito è del 3 per cento, attestandosi a 797,611 miliardi complessivi rispetto ai 773,218 dell’anno precedente. Infine, ai maggiori debiti si associa anche l’erosione della ricchezza delle famiglie.
Sempre secondo Bankitalia, dopo una crescita ininterrotta dal 1995 al 2006, negli ultimi tre anni c’è stata un’inversione di tendenza: tra il 2007 e il 2008 la ricchezza netta per famiglia è diminuita del 3,5 per cento.
Quindi, se si mettono assieme tutti questi dati, viene fuori un quadro preciso: la crisi economica sta mettendo in difficoltà le famiglie italiane che, per mantenere un certo livello di benessere, hanno cominciato a erodere la ricchezza accumulata negli anni, a fare debiti e utilizzare lo strumento delle rate. Motivo per cui se la foglia di fico del basso debito privato ha finora aiutato Tremonti a coprire i limiti italiani, è difficile lo possa fare anche in futuro.
Anche perché il fardello del debito pubblico è sempre lì, pronto a innescare l’attacco della speculazione a ogni passo falso del sistema Italia.
da www.europaquotidiano.it