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"Servizi di call center. Rifiuto delle imprese a gare pubbliche sempre più al ribasso", di Luigina Venturelli

Assocontact (Confindustria) ha diffidato gli associati a partecipare. Nel settore 15mila posti di lavoro a rischio. Andranno a Bucarest?

Di fronte agli squilibri di un mercato del lavoro precario e dequalificato, un governo ha tre possibilità: intervenire per correggere le iniquità che minacciano un settore, restare a guardare mentre le leggi del mercato compiono la propria opera, oppure – ed è questa la strada scelta dal governo italiano – spingere ulteriormente nella direzione della precarietà e della dequalificazione. Il caso dei call center che operano in outsourcing – denunciano congiuntamente imprese e sindacati – è esemplare. Questa, ad esempio, è la gara da 1,6 milioni di euro indetta da Acquirente Unico (società pubblica controllata dal ministero dello Sviluppo) per la gestione dello Sportello per il consumatore di energia elettrica: garantire un traffico medio di mille chiamate al giorno con rigorosi livelli di servizio, ma anche, in alcuni periodi dell’anno non meglio precisati, picchi superiori alle 10mila chiamate al giorno. «Rispetto ad un’attività media supportata da 8 operatori telefonici, per il minor prezzo possibile ci dovremmo organizzare all’improvviso con cento operatori telefonici adeguatamente formati» denuncia Umberto Costamagna di Assocontact, l’associazione dei call center aderente a Confindustria, che ha diffidato i propri associati dal partecipare al bando. TIRANA O BUCAREST? «La flessibilità va pagata. Di certo una simile richiesta non può essere garantita con operatori regolarmente assunti e con un margine di guadagno che consenta all’azienda di sopravvivere. Così il settore pubblico ci chiede di tornare al passato, a selvagge logiche di prezzo sostenibili solo per chi sfrutta lavoratori avventizi» spiega il rappresentante del comparto, che negli ultimi anni, dalla circolare dell’ex ministro Damiano in poi, ha stabilizzato 26mila persone, soprattutto giovani e donne nel Sud d’Italia. Oggi, però, l’indirizzo è cambiato. Anche la Rai ha indetto una gara per servizi di call center agli abbonati per circa un milione e 400mila telefonate all’anno: «Il prezzo previsto è di 10 euro all’ora, quando solo lo stipendio di un operatore all’impresa costa 14 euro. Comesi fa a partecipare? Chi accettasse simili condizioni non potrebbe assumere il personale, né fare guadagni. Oppure dovrebbe trasferirsi a Tirana o a Bucarest» conclude Costamagna. Ed è allarme occupazionale. «Sono a rischio 15mila posti di lavoro» avvertono le imprese e i sindacati di categoria, che a fine maggio hanno presentato al ministero dello Sviluppo una serie di proposte per riformare il comparto. «Per mettere in sicurezza i call center, tra interventi normativi ed ispettivi, basterebbero 30-40 milioni di euro,meno di quanto costerebbe la cassa integrazione in deroga per le migliaia di persone che oggi rischiano di perdere il lavoro» sottolinea Alessandro Genovesi della Slc Cgil, chiedendo nuove regole per le gare d’appalto, tra cui l’inserimento di clausole sociali e la fissazione di un costo legale minimo per i servizi in outsourcing. «Ma finora il governo non ha mosso un dito».

L’Unità del 19 agosto 2010