Scomparso a 75 anni: per i suoi studi sulle particelle sfiorò il premio. Era presidente della Pontificia Accademia delle Scienz.
Il Nobel l´ha sfiorato più d´una volta. L´ultima appena due anni fa, nel 2008, quando la ruota della fortuna di Stoccolma si è fermata sui nomi di Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa, che con lui condividono la paternità della matrice di Cabibbo-Kobayachi-Maskawa, uno degli strumenti più utili e originali della moderna fisica delle particelle.
Era il 15 giugno 1963, e Nicola Cabibbo aveva appena 28 anni, quando “Physical Review Letters” pubblicò l´articolo in cui introduceva quello che per generazioni di fisici delle particelle è diventato noto come “l´angolo di Cabibbo”, e in cui si spiegava come avviene il mescolamento tra diverse particelle dentro una sola. Dieci anni più tardi i due fisici giapponesi estesero i risultati di Cabibbo a tre generazioni di quark, meritando l´ambito riconoscimento. A Cabibbo, scomparso ieri all´età di 75 anni, rimaneva la magra soddisfazione che il suo pionieristico lavoro era stato riconosciuto nel 2006 come l´articolo più citato nei 110 anni di storia della grande famiglia della “Physical Review”.
In quei giorni del Nobel negato, dal mondo della fisica italiana si levò un coro di proteste contro la decisione dell´Accademia di Stoccolma, ma non una parola dal diretto interessato. Nicola Cabibbo ha continuato a lavorare, lasciando ad altri le polemiche.
Figlio di un avvocato, Nicola Cabibbo era nato a Roma nel 1935, e aveva presto sviluppato una passione per la scienza, ma anche –sin da ragazzo, nell´euforia del dopoguerra – per la letteratura americana, in particolare Hemingway, Dreaiser, Melville. Ma scelse la scienza, per laurearsi in fisica alla “Sapienza” nel 1958 ed entrare subito ai Laboratori di Frascati del neonato Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN). Lì, in quegli anni, lavorava un brillante teorico di origine austriaca, Bruno Touschek, che propose un rivoluzionario acceleratore di particelle in grado di far scontrare elettroni e positroni (le antiparticelle degli elettroni) che circolavano in un anello in direzioni opposte. E mentre fervevano i lavori per la sua costruzione un giovanissimo Cabibbo, insieme all´altro teorico romano Raoul Gatto, pubblicò su “Physical Review” un articolo in cui era illustrata una classificazione completa delle possibili reazioni che si sarebbero potute ottenere con la nuova macchina. Per i colleghi di Frascati, quel lavoro divenne “la Bibbia”, e tutti si resero subito conto che nella fisica teorica delle particelle era nata una stella.
Dal 1962 Cabibbo inizia una carriera itinerante, che lo porterà prima al CERN di Ginevra, poi al Lawrence Radiation Laboratory di Berkeley e alla Harvard University, per poi fare ritorno in Italia, all´Università dell´Aquila e infine di nuovo a Roma. Capitolo Nobel a parte, la sua fama mondiale di fisico teorico gli ha portato premi e onorificenze, la nomina a membro dell´Accademia Nazionale dei Lincei e quella, ancora più ambita per un italiano, a membro della National Academy of Sciences, di cui fanno parte soltanto Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia e Giorgio Parisi.
Alternando la ricerca – che negli ultimi anni lo ha visto dedicarsi a problemi di cromodinamica quantistica e alla progettazione dei supercalcolatori della serie APE con l´INFN – agli impegni universitari, Nicola Cabibbo ha assunto anche ruoli di primo piano nell´amministrazione della scienza. Fervente cattolico in un mondo di laici, dal 1993, per diciassette anni, è stato anche ininterrottamente presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, intervenendo spesso su problemi etici ed epistemologici. Non ultima l´evoluzione, su cui si è sempre espresso con lucidità e trasparenza. Anche così Nicola Cabibbo, che univa profonde doti umane a uno straordinario talento di fisico, sapeva conciliare la sua visione di fede e scienza.
da La Repubblica del 17 agosto 2010