Gravi carenze degli organi aziendali, con accentramento dei poteri nelle mani dell’allora presidente Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl; potenziale conflitto di interesse dello stesso Verdini con la Banca per affidamenti per oltre 60 milioni di euro; impieghi spesso a rischio, concentrati su grandi clienti, in contrasto con gli obiettivi mutualistici dell’istituto. Sono le linee essenziali della delibera 553 del 20 luglio scorso della Banca d’Italia, che porta la firma del Governatore Mario Draghi – di cui l’agenzia Ansa è in possesso – inviata al ministro dell’Economia Giulio Tremonti e alla segreteria del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr), con la quale è stata proposta, e poi disposta con decreto del 27 luglio dello stesso Tremonti, l’amministrazione straordinaria del Credito Cooperativo Fiorentino (Ccf), la banca finita anche nell’inchiesta sulla cosiddetta P3.
La Banca d’Italia ha anche evidenziato scarsa istruttoria per finanziamenti talvolta con finalità sospette; e tardiva applicazione delle norme antiriciclaggio.
L’accertamento è pesantissimo per il deputato del PDL, e Francesco Boccia, coordinatore commissioni economiche PD alla Camera, ritiene necessario un chiarimento sia da Verdini sia dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: “Se quanto riferito oggi da Bankitalia dovesse trovare pieno riscontro ci troveremmo di fronte ad un fatto gravissimo. E’ indispensabile che l’on. Verdini da un lato e dall’altro il ministro Tremonti che ha seguito
indirettamente le procedure della commissione di controllo con Bankitalia spieghino cosa sia successo. Se quanto accertato da Bankitalia dovesse trovare conferma si profilerebbe uno scenario totalmente differente da quello raccontato dall’on. Verdini e nel caso ritengo che lo stesso dovrebbe trarre immediatamente le conseguenze di ciò. A questo punto è necessario accertare tutta la verità perché troppe cose non tornano”.
Gianclaudio Bressa, capogruppo PD in Commissione Affari Costituzionali commenta: “Il quadro che emerge dai riscontri degli ispettori di Bankitalia è molto pesante. Se confermato, Verdini deve trarne le inevitabili conseguenze
politiche e dimettersi”.
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P3, Bankitalia su Verdini: «un conflitto di interessi da 60 milioni»
Un potenziale conflitto di interessi del coordinatore del Pdl Denis Verdini con la banca di Campi Bisenzio – Firenze – da lui stesso controllata. Lo rileva Bankitalia. Verdini, lo ricordiamo, è indagato assieme a Marcello Dell’Utri, Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Massimo Lombardi per violazione della legge sulla costituzione di società segrete ed è iscritto nel registro degli indagati nell’indagine sugli appalti per l’eolico in Sardegna. Il politico ha sempre respinto tutti gli addebiti e replica alla notizia: «Accuse fondate su ipotesi inconsistenti». Boccia del Pd: se quanto Bankitalia scrive viene confermato, sarebbe gravissimo: Verdini deve delle spiegazioni.
Gli accertamenti ispettivi condotti dalla Banca d’Italia presso il Credito Cooperativo Fiorentino (Ccf) dal 25 febbraio al 21 maggio scorsi hanno evidenziato «gravi carenze» degli organi aziendali, con «totale accentramento dei poteri» sulla figura dell’allora presidente Denis Verdini (coordinatore nazionale del Pdl) ed «estesi profili» di potenziale «conflitto di interessi» dello stesso Verdini con quelli della banca, per affidamenti pari a 60,5 milioni di euro. È quanto scrive Bankitalia – secondo quanto apprende l’Ansa – nella delibera 553 del 20 luglio scorso inviata al ministro dell’Economia e alla Segreteria del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr), con la quale è stata proposta l’amministrazione straordinaria della banca fiorentina, finita anche nell’inchiesta sulla cosiddetta P3, e poi disposta con decreto del 27 luglio dallo stesso ministro Giulio Tremonti – l’amministrazione straordinaria della banca fiorentina, finita anche nell’inchiesta sulla cosiddetta P3.
Bankitalia ha trovato «una ampia deviazione della gestione aziendale dai canoni propri del modello mutualistico», con gravi riverberi su altri profili. In particolare – scrive l’Istituto di Vigilanza – «gravi anomalie ed irregolarità nelle relazioni creditizie hanno condotto ad una elevata lievitazione dei livelli di concentrazione e di deterioramento della qualità degli impieghi» e all’accentuarsi di rischi operativi. Le criticità gestionali, inoltre, «hanno determinato il sostanziale azzeramento della capacità reddituale» dell’istituto.
Gli ispettori della Banca d’Italia hanno verificato, durante gli accertamenti, che l’esecutivo della banca è «scarsamente autorevole» e collegio sindacale «privo di sufficiente indipendenza». Il governo societario è risultato «totalmente accentrato» nelle mani del presidente Denis Verdini (che era in carica dal 1990), «principale fautore della politica di espansione creditizia verso clientela di grandi dimensioni, fra cui rientrano anche iniziative riconducibili al suo gruppo familiare», in contrasto con le indicazioni che in passato erano venute dall’istituto di Vigilanza e con le stesse «linee strategiche elaborate per il triennio 2008-2010, che prevedevano la diversificazione del portafoglio crediti a favore delle famiglie e delle piccole e medie imprese».
Bankitalia ha, inoltre, rilevato che Verdini «risulta indagato in diverse sedi giudiziarie in relazioni a ipotesi di corruzione e riciclaggio, in concorso con uno dei titolari del gruppo Fusi-Bartolomei, gruppo imprenditoriale principale affidato della banca, al quale il dott. Verdini risulta legato da relazioni d’affari».
Inoltre, sempre secondo Bankitalia, Verdini «ha omesso di fornire piena informativa, ai sensi dell’articolo 2391 del codice civile, circa la sussistenza di propri interessi potenzialmente in conflitto con quelli della banca, per affidamenti complessivamente ammontanti a euro 60,5 milioni», riconducibili ad iniziative sia in ambito editoriale, sia in ambito immobiliare, «in parte connotate da situazioni di difficoltà finanziaria». E l’ex direttore generale dell’istituto fiorentino – osserva Bankitalia – è stato ampiamente tollerante «nei confronti delle condotte palesemente anomale» dei principali clienti.
Per concludere, un giudizio che lascia pochi spiragli. Da parte sua Verdini, interrogato in qualità di indagato per corruzione, il 15 febbraio scorso ai pm di Firenze nell’inchiesta sui grandi eventi, parlando dei suoi rapporti con la Btp di Riccardo Fusi ha confermato di aver avuto in passato interessi economici con l’imprenditore, ma di aver chiuso ogni rapporto finanziario con lui dalla seconda metà degli anni 90.
Diffusa la notizia, arriva la replica del diretto interessato. «Si tratta dell’inizio di un provvedimento amministrativo al quale risponderò puntualmente e adeguatamente nei termini previsti dalla legge. Per quanto riguarda il mio “potenziale conflitto di interessi”, è fondato su ipotesi errate di fatto e di diritto, la cui insussistenza sarà presto dimostrata, in quanto ho sempre operato nella massima trasparenza e nell’interesse della banca». «Rilevo che nella delibera degli ispettori non c’è traccia alcuna delle infamanti ipotesi uscite sulla stampa nei mesi scorsi, tese a individuare nel Ccf un crocevia di tangenti e di malaffare».
Quanto agli 800mila euro affluita nel secondo semestre del 2009 a una società editoriale a lui riconducibile, Verdini, nell’interrogatorio-fiume il 26 luglio davanti ai pm di Roma titolari dell’inchiesta sulla cosiddetta P3, ha detto che l’importo è da inquadrare in un’operazione da 2,6 milioni di lire di aumento di capitale sociale del Giornale della Toscana.
Se quanto scrivono gli ispettori di Bankitalia sulla banca Ccf «dovesse trovare pieno riscontro, ci troveremmo di fronte ad un fatto gravissimo. È indispensabile che l’onorevole Verdini da un lato e dall’altro il ministro Tremonti, che ha seguito indirettamente le procedure della commissione di controllo con Bankitalia, spieghino cosa sia successo». Lo afferma Francesco Boccia, coordinatore della commissione economica del Pd alla Camera.
L’Unità 14.08.10
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Caso Verdini, l’ira di Berlusconi. “Qui c’è la mano delle procure”, di Andrea La Mattina
Dobbiamo essere tranquilli e sereni. Risolveremo ogni problema e anche questa vicenda di Verdini verrà smontata. Non ci faremo intimidire. Io non mollo. Qui c’è la manina delle procure». Berlusconi assicura che il coordinatore del Pdl rimarrà al suo posto e che l’opposizione spreca il suo fiato nel chiederne le dimissioni. Le hanno chieste i Democratici Zanda e Bressa, consentendo al Pd di tornare alla carica contro il premier e il governo. Il riemergere del caso Verdini consente anche ai finiani di dirottare o comunque di attenuare l’attenzione sulla storia della casa a Montecarlo del cognato del presidente della Camera. Ma il premier si mostra in pubblico radiante, con il nipotino in braccio, nel bagno di folla durante una passeggiata per il centro di Porto Rotondo dove, a Villa Certosa, passerà alcuni giorni di vacanza.
«Bisogna tenere duro, ma i cimiteri sono pieni di persone che si consideravano indispensabili. Sono venuto qui a passare tre giorni di relax, non parlo di politica. Farò soltanto il nonno. Sono sereno e tranquillo», ha detto Berlusconi sdrammatizzando il momento di difficoltà politica che sta vivendo. Con il nuovo capitolo Verdini e il capo dello Stato che ha stoppato ogni ipotesi di elezioni anticipate.
L’ordine di scuderia è stato di non attaccare più di tanto Napolitano, nonostante non sia passata inosservata una dichiarazione del presidente della Repubblica secondo cui non esistono i governi tecnici, ma soltanto quelli politici. Come a dire che se si trova una nuova maggioranza in Parlamento, in caso di implosione dell’esecutivo Berlusconi, allora si potrà andare avanti nella legislatura. Un cazzotto per il Cavaliere. Il quale però ha capito che è ricominciata la caccia all’uomo, l’accerchiamento giudiziario-mediatico. «Tranquilli e sereni», continua a ripetere ai suoi. Ma aggiunge che la relazione di Bankitalia su Verdini, vecchia di un mese, è stata fatta filtrare attraverso l’Ansa dai magistrati. Ecco cosa intende dire quando parla della «manina delle procure». In sostanza un assist a chi lavora contro il governo, un aiuto a Fini proprio adesso che la vicenda monegasca lo ha messo, a suo parere, in grande difficoltà. «E’ una stranissima combinazione e coincidenza con tutto quello che sta succedendo in politica», dice Fabrizio Cicchitto.
Intanto il premier si mostra come un nonno tranquillo: a Porto Rotondo gioca in casa. Si gode nella piazzetta San Marco gli applausi dei turisti. Incontra il deputato Osvaldo Napoli e se lo porta in giro sottobraccio. Il Cavaliere in jeans sfoggia un vestito sportivo con una camicia azzurra. Va a mangiarsi una pizza al «Pomodoro» insieme al figlio Luigi e ad alcuni suoi amici. All’interno del locale una signora gli chiede di restare in Sardegna, di non vendere Villa Certosa. E lui: «Mi hanno dissacrato la casa. Siete stati cattivi..», risponde sorridendo.
Ma in questi giorni solo vacanze e relax, promette, dedicandosi ai nipoti. Uno dei nipoti sembra avere le sue stesse qualità canore. «Vedete? E’ così piccolo, ma conosce già venti canzoni in inglese ed ha un ottima intonazione». Vuole lasciarsi dietro le preoccupazioni della politica, ma sarà difficile. Ancora pochi giorni e poi, dopo il 20 agosto dovrà decidere cosa fare e come andare avanti. E’ in gioco la legislatura e il suo futuro politico. Con Fini l’obiettivo è di riportarlo a più miti consigli, anche staccando una parte delle truppe di Futuro e Libertà. In tutti i modi. «Governi tecnici comunque non ce ne saranno perché al Senato non ci sono i numeri», sostengono i berlusconiani. Per i finiani invece ci sono e alla prova dei fatti, assicurano, lo dimostreranno. «Noi i conti abbiamo dimostrato di saperli fare», ricorda Italo Bocchino. Si riferisce ai gruppi parlamentari di Futuro e Libertà: avevano detto che sarebbero stati più di 30 alla Camera e almeno 10 al Senato. E così è stato.
La Stampa 15.08.10