Proviamo a smettere per un momento di interpretare le mosse strategiche e le intenzioni di Berlusconi, Fini, Bersani, D’Alema, Di Pietro. Cerchiamo piuttosto d’immaginare come i loro elettori, di destra e di sinistra, stiano reagendo all’indecoroso spettacolo che sta andando in scena di fronte ai loro occhi. Non tutti gli elettori del Pdl aspettavano dai loro leader le stesse cose. Ma tutti hanno visto nascere con molte speranze un grande partito nazionale.
Hanno ascoltato i discorsi di Berlusconi e di Fini. Hanno creduto nelle loro promesse e, in particolare, a una riforma della giustizia penale e civile, secondo le linee anticipate e proposte sino dalla fine di Tangentopoli. Ma hanno ricevuto invece una nuova raccolta di leggi (tutte sottoscritte e votate anche dai seguaci di Fini) che non avevano altro obiettivo fuor che quello di risolvere i problemi di una singola persona. Pensavano che dal congresso di fondazione sarebbe uscita una nuova classe politica, meno frivola e venale di quella che aveva governato l’Italia per molti anni. Ma hanno assistito a una sequenza di scandali che ricorda lo stato di salute della politica italiana negli anni di Mani Pulite e contiene, per di più, una dose preoccupante di personale immoralità e spregiudicatezza.
Pensavano che le diverse sensibilità e preoccupazioni di Berlusconi e di Fini avrebbero arricchito il dibattito politico italiano. Ma sono costretti ad ascoltare una lite sgangherata in cui non vi è dichiarazione che non contenga insulti, denunce, allusioni personali. Chi crede nei sondaggi non si faccia illusioni. Nei sondaggi il campione risponde ad alcune specifiche domande, più o meno puntuali. Ma nessuna indagine potrà mai rendere fedelmente lo stato di smarrimento e scoramento di elettori che si considerano delusi e traditi. Gli elettori di sinistra non sono in migliori condizioni. Quelli che credevano nella vocazione maggioritaria del partito di Walter Veltroni hanno cominciato ad avere qualche dubbio, probabilmente, quando hanno constatato che il Pd si alleava, per vincere le elezioni, con il partito giustizialista di Antonio Di Pietro.
La sconfitta avrebbe dovuto creare una opposizione unita, coerente e credibile. Abbiamo invece una opposizione disunita che mette continuamente in discussione la propria leadership senza riuscire a cambiarla, non ha un programma se non la scomparsa di Berlusconi e si rifugia nella speranza che lo spettacolo della propria impotenza sia oscurato da quello dei guai dell’avversario. Esiste quindi, accanto ai grandi problemi economici e sociali aggravati dalla crisi, una doppia delusione che colpisce, anche se per ragioni diverse, l’intera classe politica. Le elezioni anticipate potrebbero soltanto esasperare il clima nazionale, esporre l’Italia al giudizio spietato dei mercati, rivelare lo smarrimento del Paese e renderlo ancora meno governabile. Ma per arrivare alla fine della legislatura non occorre un governo «tecnico» o un nuovo Cln di cui nessuno riesce a delineare la composizione e il programma. Occorre che la maggioranza la smetta di litigare e che l’opposizione impieghi i prossimi due anni a creare un’alternativa credibile. L’Italia ha bisogno di entrambe.
Il Corriere della Sera 13.08.10