Qualcosa inizia a incepparsi nella macchina tritacarne messa in moto da Arcore. C´è un timore che sembra si stia insinuando come ruggine nell´ingranaggio finora inesorabile.
Bocchino al legale di Berlusconi: “Credevate che sopportavamo tutto senza reagire?”
Pronta la pubblicazione con le liste delle società offshore legate al Cavaliere. Ed è legato a quel che è stato, e soprattutto quel che sta per essere messo su piazza da house organ e singoli parlamentari vicini al presidente della Camera sul conto del premier, delle sue proprietà, delle sue società, dei suoi rapporti internazionali.
Avvisaglie di una svolta che sta inducendo il Cavaliere a più miti consigli. Al tentativo di una mediazione con gli avversari finiani. Perfino, in via molto riservata, col loro capogruppo Italo Bocchino, considerato finora l´incendiario, da attaccare da ogni fronte. Fino a ieri, quando è stato contattato da Ghedini, invitato a discutere, a stemperare il contrattacco finiano, insomma a discutere.
Dopo settimane di martellamento mediatico, la minaccia di «polverizzare» Gianfranco Fini e i suoi, la richiesta di dimissioni, il rullo compressore sulla casa monegasca, ieri sera, d´improvviso, il ramoscello d´ulivo. «Unità nel Pdl se torna lo spirito costruttivo» si legge nella nota diffusa a sorpresa dal presidente del Consiglio, ancora chiuso ad Arcore, prima di spostarsi forse in Sardegna nel week end. Per comprendere cosa sia avvenuto nelle ultime 24 ore bisogna seguire le tracce di Niccolò Ghedini. Ben più che consigliere giuridico, ambasciatore e stratega, in questa come in altre partite delicate gestite dal suo capo. Ebbene, proprio nella strategia qualcosa forse sta per cambiare perché di fronte all´escalation contro Fini, le cose non sono andate come dovevano. Deputati di Futuro e libertà, FareFuturo, Generazione Italia, il “Secolo”, insomma dalla batteria vicina al presidente della Camera è partita una contraerea inattesa. Soprattutto, non a caso, dai due deputati ex An più legati all´inquilino di Montecitorio: giusto per lasciare intendere che non parlavano per conto proprio. E allora, prima il conflitto di interessi, poi i servizi segreti, quindi, la natura reale dei rapporti di questi anni con il leader libico Gheddafi e con il premier russo Putin.
Ma è stato quando ieri mattina Ghedini – non certo di sua spontanea iniziativa – ha contattato al telefono Bocchino, che il quartier generale berlusconiano ha iniziato a vacillare. «Così non possiamo andare avanti, se continuate su questa strada qui finisce che salta tutto per aria» ha esordito rivolgendosi al capogruppo. «Cosa vi aspettavate? Che potevate attaccare solo voi? Che saremmo rimasti inerti, solo a subire le vostre allusioni sulla casa a Montecarlo? Le vostre richieste di dimissioni? Sappiate che questo è solo l´inizio, caro Niccolò, aspettatevi di tutto». E il seguito della telefonata sembra abbia ammutolito per qualche istante l´avvocato. Su uno degli organi di Futuro e libertà, tanto per cominciare, sarebbe pronto per la pubblicazione l´elenco delle società offshore riconducibili all´impero finanziario di Silvio Berlusconi. Ancora, chi erano e quale sarebbe il casellario giudiziario dei proprietari di alcuni immobili acquistati dall´attuale presidente del Consiglio. In particolare, la villa di Macherio e quella delle Antille, l´assistenza dell´avvocato Cesare Previti, i ruoli di Flavio Carbone e di David Mills. «Se volete parlare di case e di società offshore siamo pronti» ha messo in chiaro Bocchino.
Ma nel carniere c´è dell´altro. Capitolo conflitto di interessi, per esempio: a Ghedini è stato fatto presente che forse sarà sufficiente pubblicare la dichiarazione dei redditi di Paolo Berlusconi per capire se negli ultimi anni siano state nelle sue disponibilità le ingenti somme sborsate per coprire i costi del “Giornale”. O se piuttosto vi sia «altro socio, non palese nei registri della casa editrice». Ma anche come si sia arrivati alla «legge ad aziendam salva Mondadori». Quindi, altro approfondimento verrà riservato dai finiani agli incontri internazionali del premier con Putin e con Gheddafi. Ma il primo contrattacco, già annunciato per le prossime ore, riguarda le ragioni che avrebbero indotto l´avvocato di Luciano Gaucci a rinunciare alla difesa, poi assunta da Angelo Alessandro Sammarco, già legale (oltre che amico) di Cesare Previti nei processi per corruzione. Proprio quel Previti al quale venerdì il premier – particolare non passato inosservato ai finiani – ha reso visita.
Il messaggio non ha fatto in tempo a giungere al “destinatario finale” che Ghedini ha poi richiamato nel pomeriggio Bocchino: «Ma se stasera il presidente Berlusconi dovesse fare una nota dai toni concilianti, in cui apprezza la presa di posizione dei vostri senatori, come lo valutereste?» La valuteremmo bene, noi siamo parte di questa maggioranza, gli ha risposto il capogruppo. Ora sono i finiani a dettare le loro condizioni, per porre fine alla guerra degli stracci appena iniziata e dagli esiti imprevedibili. E sono due, comunicate anche queste a Ghedini: stop al martellamento mediatico contro Fini e rinuncia alla richiesta di dimissioni. Il pallino ora è nella mani del premier.
La Repubblica 12.08.10
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C’eravamo tanto amati. Capezzone-Cicchitto (e Giro) vs. Mariniello-Rossi: in casa Pdl le polemiche non accennano a diminuire. Anzi…
Tutti contro tutti, nel Pdl: a iniziare il fuoco di fila delle polemiche odierne è stato Daniele Capezzone, portavoce del Popolo della Libertà schieramento di centrodestra, il quale, dopo essersi premurato di assicurare che “una larghissima maggioranza di italiani sta con Silvio Berlusconi e apprezza il lavoro importante svolto dal Governo”, ha rilevato che “i cittadini – prosegue – sono stanchi dei frenatori, dei ‘signor no’, di coloro che pensano, come accadeva nella vecchia politica, di esercitare poteri di interdizione, o addirittura di veto e di blocco”.
Per Capezzone è ovvio pertanto che “è impensabile che minoranze di palazzo possano pensare di paralizzare le maggioranze decise dagli elettori”. Si evince che il “frenatore” numero uno altri non è che Gianfranco Fini, a soccorso del quale scendono in campo (è ancora il caso di dirlo?) Generazione Italia e Farefuturo: entrambe fanno riferimento al presidente della Camera e ai “suoi” parlamentari e non fanno sconti all’ala berlusconiana della maggioranza.
A cominciare da Capezzone, come è naturale. Gianmario Mariniello, direttore del sito di Generazione Italia, ricorda come l’ex esponente radicale fosse uno dei più tenaci avversari dell’attuale premier: “Voglio prescindere dall’esito dei processi di ieri e di oggi, e perfino, se possibile, dalla rilevanza penale dei fatti che sono emersi. Ma è però incontrovertibile che Silvio Berlusconi (prescrizione o no) abbia pagato o fatto pagare magistrati; così come da Palermo (ripeto: quale che sia la qualificazione giuridica di questi fatti) emergono fatti e comportamenti oscuri, di cui qualcuno (Berlusconi in testa) dovrà assumersi la responsabilità politica”. In comune c’è soltanto lo stile abbastanza verboso, tra il Capezzone del dicembre 2004 e quello dell’agosto 2010. Farefuturo è, se possibile, ancora più dura nel chiedersi che “idea di politica è quella espressa in questi giorni, in queste settimane, in questi mesi dai caporioni del Pdl? Che idea di politica è quella espressa dalla vulgata berlusconiana sui giornali ‘di famiglia’? Che Italia vogliono questi signori? Sono domande fondamentali, che è necessario porsi”.
Nell’intervento, a firma di Filippo Rossi, si mette in evidenza che il killeraggio politico messo in atto dagli house organ di Arcore e dintorni contro il presidente della Camera è ancora più inquietante di quello visto ai tempi del caso-Boffo, vista anche l’importanza della posta in palio. Rossi conclude, senza mezzi termini, che in giro ci sono “i manganellatori di professione” che hanno il compito di “garantire un potere tutto personale: politico, aziendale, economico. A guardarli negli occhi sembra di vedere, netto e nitido, il conflitto d’interesse di una politica che non ha mai fatto davvero Politica”.
Ma i berluscones, anche quelli di un certo rango come Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, non arretrano: “Lavoriamo per definire dei punti programmatici precisi. A quel punto verrà l’ora della verità, in Parlamento si vedrà se c’è una maggioranza. Qualora non ci fosse, non apriremo la strada a governicchi o operazioni di palazzo, la legittimità democratica richiede che si torni alle urne”. Stessi concetti di Capezzone, solo un po’ più minacciosi nel tono. E, tanto per gradire, Cicchitto ammette che è in corso una campagna stampa de ‘Il Giornale’ e di altri quotidiani, ma, sempre a suo giudizio, “non bisogna dimenticare le altre campagne mediatiche di questi mesi. Ci sono state le dimissioni di Scajola e di Brancher. E Scajola, non ha ancora ricevuto un avviso di garanzia”.
Scendendo nella gerarchia Pdl, si incontra Francesco Giro: il deputato ‘lealista’ rileva che “l’articolo di Farefuturo è violento al solo scopo di esorcizzare la paura del fallimento politico del progetto scissionista di chi ha deciso di seguire Fini”. Ma c’è dell’altro: secondo Giro, i suoi ex-colleghi di partito “Attaccano il potere di Berlusconi – conclude Giro – e dimenticano che è lo stesso potere scelto dal voto di milioni di italiani, grazie al quale Fini occupa la terza carica dello Stato. Strillano soltanto perché ‚ hanno fallito il loro obiettivo e ora hanno paura di perdere tutto”.
Per il Pd, è Matteo Orfini, responsabile Cultura e Informazione del Pd, a sottolineare che “in un momento in cui molti italiani restano a casa perché non si possono permettere di andare in vacanza, in cui le piccole e medie imprese abbandonate a se stesse lottano per sopravvivere alla crisi, in cui le famiglie sono costrette a bruciare i risparmi di una vita per andare avanti, Berlusconi e i suoi seguaci pensano a tutto ma non ai problemi del Paese”.
Per l’esponente dem, “la maggioranza non c’è più, basta leggere l’ormai quotidiano rosario di insulti, veleni, accuse tra i principali esponenti del centrodestra. Sarebbe persino divertente assistere allo spettacolo, se non fosse che l’effetto è la paralisi di un’attività di governo già di base scadente e del tutto inadeguata. Nonostante le mille promesse, ancora siamo senza un ministro dello Sviluppo economico, una vera vergogna, segno più evidente della crisi irreversibile dell’esecutivo: è la fine di un’epoca”.
A giudizio di Orfini, “il Paese ha bisogno di voltare pagina e di recuperare serenità e competenze necessarie a traghettarlo fuori dalla crisi. Nelle prossime settimane occorrerà lavorare a costruire questa prospettiva in Parlamento. Ma se il cupio dissolvi di Berlusconi porterà alle elezioni – ha concluso l’esponente Pd – siamo pronti a raccogliere i frutti del lavoro svolto in questi mesi per rafforzare l’opposizione e costruire l’alternativa”.
Secondo Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria Pd, “ormai nel centrodestra siamo alle manganellate, uno scontro di incredibile durezza che rischia di mettere a repentaglio la tenuta delle istituzioni stesse. Una escalation a cui assiste un Paese attonito, lasciato solo con i suoi enormi problemi da una maggioranza sempre più rissosa e violenta. Se questa crisi, poi, dovesse portare ad elezioni anticipate saremmo pronti – ha precisato l’esponente dem – a giungere ad una proposta fondata sulla sintonia delle forze di centrosinistra e aperta a tutte le forze di opposizione che hanno a cuore la democrazia e il superamento del berlusconismo, per una nuova stagione della vita politica della Repubblica”.
Ironico Davide Zoggia, responsabile Enti Locali del Pd, il quale sottolinea come “tramontato il federalismo, affondata nella questione morale di una maggioranza sempre più a pezzi, la Lega non sa come uscire dal pasticcio in cui si trova. Come un fedele Sancho Panza il partito di Bossi segue ad occhi chiusi il presidente del Consiglio su una strada che non porta da nessuna parte”.
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