l vero irreparabile danno portato alla politica dalla personalizzazione del conflitto è il tramonto definitivo del senso collettivo. Che poi si traduce in una perdita di senso tout court per l’agire politico. Perché se si perde la ragione collettiva, resta solo l’interesse personale. Prendiamo la partita che Silvio Berlusconi sta conducendo con Gianfranco Fini e con il suo stesso governo.
Solo qualche irriducibile e ingenuo (o ipocrita) cultore delle simmetrie bipolari può pensare che la ragione della minaccia di ricorso alle urne da parte del premier sia legata effettivamente alla volontà di tornare alla fonte della legittimazione perché il patto con gli elettori, stipulato anche con Fini, oggi appare messo in discussione! Perché, a parte il fatto che il nuovo gruppo dei finiani non pare aver revocato in dubbio il sostegno al governo, ma solo rivendicato un’autonomia parlamentare, la verità è che quel patto con gli elettori non c’entra nulla con la vera ragione per cui Berlusconi aveva deciso, a freddo, di imprimere un’accelerazione alla crisi: le elezioni per il nuovo inquilino del Quirinale.
È molto semplice: la scadenza naturale per l’elezione del successore di Napolitano è qualche settimana dopo l’insediamento del nuovo parlamento, nel 2013. Troppo lontana e, soprattutto, troppo incerta: chi garantisce a Berlusconi di poter contare su una maggioranza larga, grandi elettori che lo portino al Quirinale, anche nel 2013? Chi metterebbe una firma sul fatto di riuscire a venir fuori illeso dalla cura dolorosa che la crisi finanziaria imporrà? E, soprattutto, siamo così sicuri che nel 2013 il fronte anti-berlusconiano non avrà un candidato alternativo autorevole, più giovane e meno logorato, magari di area moderata, capace davvero di batterlo? Adesso a sinistra non c’è ancora nulla, il Terzo polo è ai primi vagiti, ragione di più per ammazzarlo subito, e la fedelissima Lega è al massimo: o adesso o mai più.
E le ragioni del paese? La crisi drammatica che strangola le famiglie, il Sud tornato a marcare distanze così forti dal resto del paese che non si registravano dagli anni sessanta? Dettagli: ciò che conta davvero è il destino personale. Il palmares è spettacolare: l’uomo più ricco d’Italia, il più grande tycoon televisivo, più volte presidente del consiglio, più volte presidente del G8, vincitore di tutte le coppe possibili col Milan. Mancano nell’area delle istituzioni la segreteria generale dell’Onu e la presidenza della repubblica.
La seconda appare oggi più a portata di mano. Così il destino collettivo si piega davanti al desiderio personale, come ai tempi degli imperatori. Così saltano biblioteche intere di letteratura politologica e viene portata in auge la scienza psicoanalitica: non più Weber o Gaetano Mosca ma solo Freud e Jung, per capire la politica di oggi. Che, attenzione, la perdita di senso collettivo e la celebrazione delle partite personali la vive dappertutto: che altro non è se non l’obiettivo del piccolo conto personale quello del digrignar di denti di Di Pietro, con l’invocazione delle urne? Di Pietro-Berlusconi, invocatori compulsivi e rumorosi del voto anticipato. Non credo sia un caso.
da Europa Quotidiano 10.08.10