Credo sia venuto il momento di uscire dagli equivoci e dalle virtualità. Discutere, e dividersi sul nome del futuro ed ipotetico presidente del consiglio “di garanzia” o confrontarsi sulla fine del berlusconismo e poi ammettere, seppur privatamente, che con il voto anticipato lo stesso Berlusconi continuerebbe a vincere, sono operazioni ridicole se non grottesche.
Semmai, per evitare di essere spettatori di una crisi, quella del centrodestra, ormai sotto gli occhi di qualsiasi osservatore disinteressato, sarebbe opportuno che il Pd si presentasse con una posizione comune sul tema della riforma della legge elettorale. Se questo, in effetti, è il nodo politico centrale che va affrontato e risolto per evitare di riconsegnare il paese nelle mani di Berlusconi, è bene che il Pd passi dalle enunciazioni ai fatti.
Innanzitutto, isolando tutti coloro che, all’interno del centrosinistra, individuano nel ricorso alle urne la via salvifica per rilanciare la credibilità dell’Italia, lo sviluppo del paese e il rafforzamento delle istituzioni. Da Vendola a Di Pietro ai vari ceppi comunisti che, guarda caso, pensano (?) di vivere le prossime elezioni con l’attuale legge elettorale. E senza rendersi conto che sono proprio i berluscones coloro che incitano alle urne, consapevoli di una loro quasi certa vittoria. Senza questa consapevolezza è l’intera coalizione di centrosinistra ad essere nuovamente condannata all’opposizione.
E allora il tema della riforma elettorale non può essere affrontato con un approccio politologico o secondo una logica ridicola, e cioè pensando di costruire un assetto elettorale a noi favorevole penalizzando chi è attualmente al governo. Ma visto che l’assetto politico dipende esclusivamente dal sistema elettorale che si mette in campo, è giunto veramente il momento che il Pd elabori una posizione comune in materia elettorale. Evocarla è sicuramente positivo ma definirla è un compito più articolato.
Innanzitutto, il Pd è ancora disponibile a costruire un assetto bipolare della politica italiana? Se non si risponde a questa domanda è difficilmente praticabile la strada di una riforma elettorale definita. L’antiberlusconismo, del resto, non è sufficiente per costruire un modello politico credibile e serio. Le pregiudiziali personali e politiche non sono in grado, da sole, di creare una prospettiva più credibile per la democrazia italiana.
Come, del resto, l’elezione del parlamentare direttamente da parte del cittadino – cosa ormai non più rinviabile – non è sufficiente, da solo, a prefigurare un modello politico più efficiente. E la divergenza all’interno del Pd sul modello elettorale da perseguire è la conseguenza diretta della confusione che c’è sulla prospettiva del nostro sistema politico.
Ora, accanto alla certificazione della crisi politica del centrodestra, va affrontata di petto la questione del modello politico che persegue il Pd per poter elaborare una proposta comune e condivisa del sistema elettorale. Senza questa proposta comune, corriamo il serio rischio di evocare un problema drammaticamente irrisolto – cioè il cosiddetto “porcellum” – e non essere in grado di fornire una risposta convincente. È, questa, la priorità politica di un partito per evitare di trasformarsi in un semplice spettatore di ciò che capita e avviene tumultuosamente nella società italiana.
da Europa quotidiano 06.08.10