Sempre più famiglie che non ce la fanno a pagare un mutuo, sempre più persone che perdono il lavoro e si rivolgono, spesso invano, allo Stato per ricevere i sussidi peraltro previsti dalla legge. Potremmo chiamarlo il quotidiano stillicidio della crisi, ovvero le notizie assortite che certificano le drammatiche condizioni economiche di fasce crescenti della popolazione, a fronte dei silenzi o peggio dei negazionismi governativi. In particolare, ieri si è appreso degli interventi dell’Abi per sospendere il pagamento del mutuo alle famiglie non più in grado di farvi fronte, mentre la Cgil ha diffuso dati allarmanti sul numero crescente dei collaboratori a progetto che chiedono l’indennità una tantum e non riescono nemmeno a riceverla. Cominciamo dall’Associazione Bancaria Italiana che ha illustrato unoscenario preoccupante sul credito immobiliare. Vivono soprattutto del Nord Italia, in difficoltà per licenziamenti e cassa integrazione, i nuclei familiari che hanno ottenuto la sospensione del pagamento delle rate del mutuo in base, appunto, al “piano famiglie” varato mesi fa dalla stessa Abi. A pesare, naturalmente, l’onda lunga della crisi economica che negli ultimi mesi continua a falcidiare posti di lavoro. E così sono oltre 24mila i titolari di mutuo che si sono rivolti con successo agli istituti di credito per ottenere lo stop ai versamenti.
I REQUISITI Tra febbraio e giugno 2010 le banche hanno sospeso mutui per un valore del debito residuo pari a 3,2 miliardi di euro, congelando il pagamento delle rate, come detto, per 23.793 famiglie. Così, è il commento dell’Abi sull’andamento dell’iniziativa, «la liquidità in più per far fronte alla crisi ha raggiunto una quota pari a 155 milioni di euro. Ogni famiglia avrà dunque a disposizione in media 6.800 euro in più». Ed ancora, nel 90% dei casi la sospensione ha riguardato l’intera rata. «La causa più frequente – spiega l’Abi – che ha determinato la necessità di ricorrere a questa opportunità nelle posizioni in bonis (senza ritardi nei pagamenti) è stata la sospensione dal lavoro o riduzione dell’orario (come per cassa integrazione o mobilità). Nelle posizioni con ritardo nei pagamenti, invece, la cessazione del rapporto di lavoro subordinato ». Il maggior numero di domande ammesse è al Nord con il 58,5%: Molto di più rispetto ai dati per Sud e isole (con il 22,2%) e del Centro (19,3%). Il piano, ricorda l’Associazione, «è partito il primo febbraio e i clienti potranno presentare richiesta per attivare la sospensione fino al 31 gennaio 2011, con riferimento ad eventi accaduti dal gennaio 2009 al31 dicembre 2010».A potersene valere i clienti delle banche con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui, nel caso di «eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell’occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione) ».
FALLIMENTO ANNUNCIATO La Cgil ha invece diffuso di sua iniziativa dati relativi ai cosiddetti co. co.pro, e questo perché, come ha spiegato il segretario confederale Fulvio Fammoni, «archiviato il primo semestre non esistono ancora dati “pubblici” sul ricorso all’indennità una tantum per i collaboratori a progetto». Nei primi sei mesi dell’ anno sono state presentate circa 18 mila domande da collaboratori a progetto per godere dell’indennità una tantum, ma sono state soltanto poco più di 3 mila quelle accolte. Il resto è stato respinto per mancanza di requisiti. «Questo nonostante che siano decine di migliaia i contratti di collaborazione cessati», ha affermato Fammoni, secondo il quale i dati dimostrano «un altro sonoro fallimento annunciato dopo quello dello scorso anno. Nel 2009 si diede la colpa alla scarsa informazione, quest’anno che scusa si inventerà il governo per giustificare il fatto che meno del 20% delle domande presentate sono state accolte e che tantissimi non abbiano neanche potuto fare domanda a causa dei requisiti capestro esistenti?»
L’Unità 03.08.10