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Al voto la sfiducia a Caliendo, governo nei guai.

La Camera voterà mercoledì la mozione di sfiducia al sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo. E’ quanto ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio accogliendo la richiesta del PD, che ha presentato la mozione due settimane fa, prima che il PDL scoppiasse.
Nella mozione si legge che il sottosegretario Caliendo “non può non essere politicamente censurabile”.
Il testo della mozione, essendo stato depositato a Montecitorio quando Caliendo ancora non risultava indagato, potrebbe subire dei piccoli ritocchi.
Nella mozione si ricorda come la P3 trovava “udienza in esponenti del governo, tra i quali il sottosegretario alla Giustizia, senatore Giacomo Caliendo” e che lo stesso Caliendo “ha confermato in questi giorni la sua presenza a convivi con tale gruppo di persone, ma ha negato che, in sua presenza, si sia parlato di come condizionare organi dello Stato”, i firmatari della mozione ritengono che “al di lá della responsabilitá penale, non può non essere politicamente censurabile la partecipazione del Sottosegretario Caliendo” a riunioni “in compagnia del capo degli ispettori ministeriali dottor Miller, con un bancarottiere pregiudicato sospettato di essere implicato in alcune delle vicende piú torbide del dopoguerra”. Cioè Flavio Carboni.

Dopo lo strappo dei finiani e la nascita dei gruppi parlamentari di “Futuro e Libertà” l’incertezza aumenta. Oggi i senatori finiani che hanno lasciato il PDL hanno costituito il gruppo autonomo anche a Palazzo Madama con Baldassarri, Viespoli, Germontani, Digilio, Pontone, Valditara, Menardi, Saia e De Angelis. Confermata anche l’adesione di Barbara Contini. Capogruppo provvisorio sarà Mario Baldassarri.

La votazione sul sottosegretario, indagato nell’inchiesta P3, dirà molto sulla tenuta della maggioranza. “Non c’e’ nessun problema – dice Caliendo – io ho la coscienza a posto”. Ma il nervosismo aumenta se dal sito del PdL è stato tolto il link al quotidiano “Il Secolo d’Italia” ed alla Fondazione Farefuturo (c’è un buco proprio nella parte dell’homepage dedicata alle fondazioni nel colonnino di sinistra…) ed il capogruppo dei deputati, Fabrizio Cicchitto, giudica inaccettabile la mozione perché l’indagine è ancora in corso. Ragionamento ben diverso quello di Gianfranco Fini, che appena il 26 luglio scorso si chiedeva se fosse opportuno che “chi è indagato continui ad avere incarichi politici”. Se sarà coerente il suo gruppo non potrà votare la fiducia a Caliendo.
E il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, attacca: “La maggioranza è franata. I finiani faranno come riterranno, ovviamente quando presento una mozione io spero che passi”. Commentando un’eventuale astensione dei deputati di Fli dice: “Ogni voto in dissonanza, comunque calibrato, è una prima certificazione che la maggioranza è a dir poco nei guai”.
Non vede roseo il futuro dell’esecutivo: “Al governo comincia a mancare l’ossigeno. La maggioranza è franata, dentro la loro crisi c’è tutta la la prospettiva di una crisi di governo, perciò innanzitutto Berlusconi deve venire in Parlamento a dirci come pensa di procedere con l’azione di governo”. E sull’ipotesi di voto anticipato, Bersani osserva: “Non si può portare il paese verso soluzioni traumatiche. Ho sentito dire che saremmo noi ad avere paura delle elezioni…ma Berlusconi quando ne parla chi minaccia? Ha fatto tutto lui e ora ci vuole portare al voto per i suoi problemi? Venga a dirlo in Parlamento e poi ne discutiamo. Serve un governo di transizione per fare due o tre cose, cambiare la legge elettorale e poi andare alle urne. Se Berlusconi ci porta alle elezioni non pensi mica che gli sia facile spiegare com’è che dopo due anni che è lì con 100 voti di maggioranza e tutto in mano ci porta a votare senza aver concluso un tubo”.

A Cicchitto risponde il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini, “la sfiducia è una strada che abbiamo giá percorso con Brancher e Cosentino. E’ qualcosa che avviene normalmente in tutte le democrazie. Ci sono cose che vanno fatte oltre la lotta politica, in modo che il sistema politico italiano si avvicini a ciò che avviene normalmente in altre democrazie: quando un sottosegretario alla Giustizia è coinvolto in vicende giudiziarie così impegnative e così contigue al suo lavoro non può che dimettersi. Al contrario – ha concluso Franceschini – Caliendo non vuole dimettersi e allora sará il Parlamento a decidere”.

Rosy Bindi, Presidente dell’Assemblea nazionale del PD pensa che biosgna affrettare la caduta del governo: “Ancora non è chiaro quando la fine del Pdl e la nuova geografia di questa maggioranza provocheranno una vera e propria crisi di governo. È evidente però che la profonda lacerazione tra Berlusconi e Fini rende ancor più difficile la navigazione a vista, tanto arrogante quanto inconcludente, di
questo Berlusconi ter. Da troppo tempo l’esecutivo è in affanno,condizionato dai problemi personali del premier, incapace di affrontare le emergenze nazionali, in primo luogo la profonda crisi economico finanziaria,
ostaggio delle rivendicazioni della Lega e minato dallo squallore di cricche e affaristi più o meno occulti. I democratici non sono disponibili a tollerare nuove divagazioni e giochi di prestigio. Vigileremo, incalzando il premier e la sua sbrindellata maggioranza perché si assumano finalmente la responsabilità di raccontare in
Parlamento il loro fallimento. La nostra posizione è chiara: quando cade un governo si torna a votare. E, come ha detto Bersani, noi abbiamo il fisico e buone ragioni per affrontare eventuali elezioni anticipate. Tuttavia, di
fronte alle difficili condizioni economiche e sociali dell’Italia, e ad una vergognosa legge elettorale, il presidente della Repubblica potrebbe valutare di chiedere a tutte le forze politiche un supplemento di responsabilità per avviare una fase di transizione, con un governo di salute pubblica per fare alcune limitate riforme e mettere il paese in sicurezza. Senza confusione di ruoli e senza pasticci”.

Intanto non c’è nessuna preclusione dal Pd sugli interlocutori per la rifoma della legge elettorale. Dopo l’invito di Anna Finocchiaro alla Lega, Bersani rilancia: “Pronti al dialogo con tutti, ma quando parlo di riforma elettorale, intendo quella votata dall’assemblea, la cultura politica italiana è di tipo bipolare”.

Ma. Lau.

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