E’ molto singolare che proprio le organizzazioni sindacali, che hanno sollecitato e condiviso le modifiche apportate al Senato all’articolo 9, comma 23, del Decreto Legge 31 maggio 2010, n.78, non si siano preoccupate di chiarire il significato reale di quanto la legge di conversione prevede in materia di blocco degli scatti di carriera di tutto il personale della scuola nel triennio 2010-2012.
In realtà più che di blocco si deve parlare di cancellazione permanente del suddetto triennio dal computo dell’anzianità utile per i passaggi stipendiali e quindi in definitiva di uno slittamento di tre anni del passaggio nella classe stipendiale successiva. Per essere chiari: si determina nella carriera di quasi un milione di dipendenti un buco permanente. Tre anni di lavoro che non conterranno più. Se c’è il buco c’è anche la relativa banda che lo ha ideato o favorito e sarà utile cominciare ad incorniciarne i componenti entro un opportuno quadretto celebrativo.
Infatti anche con l’emendamento aggiuntivo al testo originale dell’art.8, comma 14, con cui sono state indicate le modalità per individuare la destinazione delle risorse già assegnate alle “premialità” dall’art.64 comma 9 delle legge 133/08, continua ad essere giuridicamente negato il diritto del personale della scuola al conseguimento degli scatti retributivi secondo le modalità contrattuali vigenti e continua ad essere esclusa la validità strutturale, ai fini della carriera del medesimo, del triennio 2010-2012. A controprova di questo assunto sta il fatto che sono stati respinti gli emendamenti che sopprimevano il famigerato comma 23 dell‘articolo 9. Se lo si fosse soppresso destinando alla relativa copertura finanziaria la parte necessaria delle risorse recuperabili dall’art.64 suddetto, tutto sarebbe satto più chiaro e certo. Il fatto che ciò non sia avvenuto deve pur significare qualche cosa!
Tale previsione comporta in termini finanziari, come stabilito dalla relazione tecnica al decreto, per la sola categoria dei dipendenti del comparto scuola, un grave danno economico, corrispondente ad un risparmio della spesa pubblica al 2047 di 18,72 miliardi di euro. Ciò significherà, nel 2011, una riduzione annua, al lordo di 320 milioni, che diventeranno 640 nel 2012; 960 nel 2013 nel 2014 e nel 2015; 800 nel 2016-17-18-19-20-21 e così via modulando negli anni fino al concorrere nel 2047 a
determinare la cifra indicata che da sola vale quasi quanto una legge finanziaria.
Tale taglio è rimasto pienamente in vigore anche dopo la modifica apportata all’art.8 comma 14 del Decreto legge iniziale che si limita a stabilire che la destinazione delle risorse di cui all’art.64, comma 9, della legge 133/08 sarà regolata, con decreto di natura non regolamentare, dal ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze.
Tali riduzioni di spesa pubblica sono indubitabilmente rimaste nella stesura attuale della legge di conversione del Decreto legge n.78/10 e la diversa destinazione delle risorse, spostamento dal merito alla copertura del buco, prevista all’art. 8 comma 14 emendato, non ha alcuna relazione con la loro riaffermata permanenza nell’ambito della manovra prefigurata dal decreto. Si tratterà, nella migliore delle ipotesi, di un’ erogazione in forme inedite, di una sorta di indennità ad personam sostitutiva del valore economico sottratto nel triennio, ai dipendenti della scuola dal comma 23. Non è inoltre assolutamente chiaro quello che potrà accadere al momento in cui i i dipendenti dovrebbero percepire un nuovo scatto retributivo, considerando virtualmente salva la validità del triennio cancellato. Un emendamento del PD in commissione che precisava il recupero permanente di tale diritto per tutta la carriera non è stato preso in considerazione dalla maggioranza.
I lavoratori della scuola dovranno quindi impegnarsi nelle prossime vertenze, per i rinnovi contrattuali, per legge solo dopo il 2012, per ottenere che, in applicazione dell’art.2 comma 2, del D.l-vo n.165/2001, risulti espressamente disapplicato quanto previsto dall’art.9, comma 23 del Decreto Legge 31 maggio 2010, n.78.
ScuolaOggi 31.07.10