Non si sa se saranno trenta, venti, dieci. Se faranno cadere un governo che doveva essere il più forte della storia repubblicana, o se “semplicemente” lo costringeranno a lavorare con gli strumenti della politica invece che con la propaganda.
È difficile fare previsioni sul destino dei parlamentari che sceglieranno di andare con Fini.
Una cosa è certa: con il proprio gesto stanno restituendo un’inaspettata dignità alla figura del parlamentare, forse promessa per una stagione diversa in tutti gli schieramenti.
Non lo scriviamo perché Briguglio e Perina, Bocchino e Urso, stiano facendo un particolare favore al centrosinistra. Non è neanche detto che sia così: fino a qui è stata casomai l’opposizione ha fornire sponde a Fini, lui a guadagnare dalle difficoltà di Berlusconi, e la crisi che si apre potrebbe essere meglio sfruttata da forze che non sono il Pd.
D u n – que, ci sono pochi calcoli da fare.
Invece c’è un attestato di coraggio e perfino di disinteresse da riconoscere a questa pattuglia di dissidenti in via di epurazione. Da molti anni, pur con le dovute eccezioni, la scena a destra, a sinistra e al centro è dominata da scelte di convenienza, di comodo, di opportunità personale. La legge elettorale esalta la cooptazione, premia la fedeltà, promuove le logiche tribali.
Intorno a Berlusconi questo criterio si è fatto stile di vita, costume, meccanismo di funzionamento di una corte sterminata. Da sedici anni, l’uomo che impersonifica la Seconda repubblica ha allargato i propri ranghi alternando carisma personale, potere di convincimento, illusione ideologica e anche pura e semplice corruzione delle persone e delle coscienze. Il berlusconismo non è stato solo questo, ma sono ormai passati alla storia gli arruolamenti prima in FI e poi nel Pdl perfezionati a colpi di regali, favori, promesse. E questa è anche la cronaca di queste ore di reclutamento d’emergenza. Se dozzine di parlamentari mettono oggi a rischio il proprio futuro politico per un libero convincimento, ciò testimonia del loro valore personale e anche del pauroso crollo del potere di convincimento del Capo.
Proprio per questo si rafforzerà dopo la defezione finiana l’impressione che il tempo di Berlusconi sia scaduto.
da Europa quotidiano 30.07.10