Bersani: “Quale Italia abbiamo in mente? Che cosa fa l’esecutivo?”. Fassina: Gravissima la scelta di fuoriuscire dal contratto nazionale e da Confindustria”. E i senatori Pd in Commissione lavoro indicano quattro punti per uscire dall’impasse
Non ha dubbi Pier Luigi Bersani nell’indicare al governo qual è la priorità assoluta per il Paese: il lavoro. E lo fa prendendo spunto dalle ultime vicende che hanno visto la Fiat come protagonista: la costituzione della newco Fabbrica Italia Pomigliano, gli annunci di voler fuoriuscire dal sistema di contrattazione nazionale e dall’alveo di Confindustria.
Per il segretario del Pd, “il rischio che la palla di neve diventi una valanga non è questione di questo o quel sindacato: è una questione politica e di governo. Quale Italia abbiamo in mente? Sul recupero di efficienza del sistema industriale e dei servizi, non c’è dubbio, bisogna fare molto di più e non è solo questione di contrattazione”.
Non è quindi improprio domandasi se “per mantenere l’industria in Italia, dobbiamo forse portare l’Italia negli Stati Uniti o magari in Cina? Io credo – ha aggiunto Bersani – che l’Italia debba rimanere in Europa e cercare la sua strada con delle riforme anche incisive e difficili ma che non smantellino i pochi strumenti unificanti e coesivi che abbiamo, in un Paese che già tende a dissociarsi e a frantumarsi”.
In questi mommenti cruciali – si chiede e chiede Bersani -“che cosa fa il governo? Che cosa pensa? Noi chiediamo un confronto vero, una discussione parlamentare su una questione così di fondo”.
Anche i senatori del Pd che compongono la commissione Lavoro di Palazzo Madama hanno richiamato l’attenzione dell’esecutivo sull’argomento, mettendo in rilievo, in un documento, “la grave inadeguatezza dell’azione del Governo di fronte alle sfide che la vicenda Fiat pone al Paese” e individuando quattro prospettive di lavoro per uscire dall’impasse. In particolare, è necessario:
1) Porre il Paese nella condizione di consolidare la propria struttura produttiva, migliorandone la capacità di innovazione e la competitività, e di attirare investimenti, eliminando i fattori che oggi indeboliscono l’iniziativa industriale sul nostro territorio.
2) Stimolare il sistema delle relazioni industriali a darsi urgentemente le regole in materia di rappresentanza e di rapporti tra contrattazione collettiva nazionale e azienda ledi secondo livello, indispensabili per garantire – con l’efficacia ed effettività della contrattazione sui piani industriali innovativi – l’apertura del tessuto produttivo nazionale all’innovazione di processo e di prodotto.
3) Valutare, in accordo con le parti sociali, la possibilità di attivare un intervento del legislatore in via sussidiaria, con l’emanazione di una disciplina di regolazione della rappresentanza e delle relazioni collettive.
4) Attivare una negoziazione del Governo con le parti sociali in materia di infrastrutture, di ricerca applicata, di formazione e riqualificazione professionale, di assistenza e sostegno ai processi di ristrutturazione industriale, idonee a incentivare la dislocazione in Italia degli insediamenti produttivi più avanzati sul piano tecnologico ed organizzativo, da portare rapidamente al confronto parlamentare, al fine di assumere coerenti iniziative sul piano della programmazione economica e, laddove necessaria, dell’iniziativa legislativa.
Firmatari del documento sono stati i senatori Tiziano Treu, Giorgio Roilo, Benedetto Adragna, Tamara Blazina, Rita Ghedini, Pietro Ichino, Paolo Nerozzi e Achille Passoni.
Per Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, “la scelta della Fiat di procedere alla fuoriuscita dal contratto nazionale e dall’alveo di Confindustria attraverso Fabbrica Italia Pomigliano è gravissima.
La balcanizzazione delle relazioni industriali è una deriva perdente per tutti”. Lo dichiara di Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro della segreteria del Pd. A giudizio dell’esponente dem, “l’inerzia del governo sul fronte della politica industriale e la complicità di Sacconi verso lo smantellamento delle relazioni industriali indebolisce non solo i lavoratori ed i sindacati, ma un’infrastruttura immateriale fondamentale per la competitività del Paese”.
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