L’ex dirigente Fininvest dovrà scontare due anni in carcere per il ruolo avuto nella scalata ad Antoveneta. Ministro per 17 giorni, provò ad avvalersi del legittimo impedimento e fu costretto alle dimissioni.
Forse è davvero arrivata al capolinea la carriera politica di Aldo Brancher, ex pontiere tra Lega e Pdl e ministro senza deleghe per 17 giorni. Il giudice del Tribunale di Milano, Anna Maria Gatto lo ha condannato a 2 anni di reclusione nell’ambito del processo sulla scalata ad Antonveneta, Le accuse per l’ex frate paolino, divenuto manager di Fininvest negli anni ‘80 e parlamentare con Forza Italia nel 2001, erano ricettazione e appropriazione indebita. La sentenza ha accolto in pieno la richiesta del pm.
Aveva provato ad evitare il processo avvalendosi del legittimo impedimento dopo la nomina a ministro per l’attuazione al Federalismo, ufficializzata da Berlusconi all’insaputa degli alleati il 17 giugno scorso. Ma dopo le dimissioni, imposte dalla presa di distanza di Bossi e dalle aspre critiche di Napolitano, Brancher ha dovuto gettare la spugna e lasciarsi giudicare. Nonostante ciò l’ex ministro, che ha chiesto il rito abbreviato per il suo procedimento, non era presente ieri nell’aula del tribunale al momento della lettura della sentenza. «Voglio tutelare la mia famiglia da indebite divulgazioni», così l’ex ministro senza deleghe ha spiegato il motivo della sua assenza in una lettera inviata al giudice Maria Anna Gatto. Una scelta che nemmeno il pm Eugenio Fusco ha compreso: «L’unica persona che poteva fornire una versione diversa da quella di Fiorani era Brancher, ma non l’ha fatto», ha detto prima di chiedere una condanna a 2 anni di reclusione.
Secondo le accuse rivoltegli da Giampiero Fiorani durante gli interrogatori, Brancher avrebbe incassato, tra il dicembre e il novembre del 2003, 420 mila euro, derivanti da plusvalenze su azioni Tim e Autostrada, manovrate, stando alla ricostruzione del pm, direttamente dalla Banca popolare di Lodi per favorire il profitto dell’ex ministro. Questo gli è valsa la prima imputazione per appropriazione indebita.
L’accusa di ricettazione riguarda invece altri 600 mila euro, che l’ex uomo Finivest avrebbe ricevuto in diverse tranche: 100 mila consegnati in contanti da un collaboratore di Fiorani in un autogrill; altri 100 mila, a Roma nel 2005, dopo la bocciatura del decreto sul risparmio decretata direttamente dall’ufficio di competenza di Brancher, che all’epoca era sottosegretario al ministero del Welfare, retto da Maroni; l’ultimo versamento di 200 mila euro risale invece al marzo dello stesso anno. I soldi sarebbero stati il tornaconto per i buoni uffici svolti da Brancher in ambiente governativo per favorire l’opa su Antonveneta del Banco popolare di Lodi.
Nell’inchiesta furono coinvolti anche il sottosegretario Paolo Romani, l’ex presidente di Bankitalia Antonio Fazio e Roberto Calderoli cui Fiorani rivelò di aver donato una grossa somma di denaro per il salvataggio di Crediteuornord, istiuto di credito vicino alla Lega. Calderoli, che non ha mai ricevuto alcun avviso di garanzia in merito, è diventato poi uno dei più importanti sponsor di Brancher ministro.
da Terranews 29.07.10