La pila dei quotidiani, «Gli ultimi fuochi dell’impero romano», di Giulio Castelli e «Propaganda Fide R.E» di Andrea Gagliarducci sotto il braccio, «mi tengo aggiornato sui temi caldi…».
Beppe Fioroni, a proposito di temi caldi, ha sentito le ultime? Indagato anche il sottosegretario Giacomo Caliendo.
«Sono garantista e i giudici devono fare il proprio mestiere, non emetto sentenze ma è indiscusso che il ruolo del sottosegretario alla giustizia è un ruolo particolare e le ragioni dell’opportunità vanno di pari passo con la saggezza richiesta a chi svolge una funzione particolare per conto del nostro paese».
Secondo lei questo renderà ancora più a rischio la tenuta della maggioranza?
«Con il clima che c’è al loro interno ogni voto e ogni momento possono essere elementi che fanno detonare il sistema Pdl».
La rottura tra Berlusconi e Fini sembra questione di giorni, settimane, Quale scenario vede nel caso in cui i cofondatori si separino non consensualmente?
«Credo che lo scontro sia reale, ma ricordo anche che quando Berlusconi annunciò il Pdl Fini disse “siamo alle comiche finali”, salvo poi cambiare idea. Mi auguro che stavolta si sia reso conto che sono andati troppo oltre…».
E quindi, cosa ci sarebbe dopo?
«L’Italia ha una situazione economica molto seria, se in prospettiva alla crisi economica si aggiunge anche quella politica, con il debito pubblico che abbiamo, diventiamo un paese condannato a fare la fine della Grecia».
Sta dicendo anche lei, come D’Alema, che la soluzione è un governo di transizione?
«Penso che il Pd debba dare la disponibilità al presidente della Repubblica affinché si crei un esecutivo che prima di tutto risolva i problemi degli italiani e poi, soltanto allora, si può andare alla conta».
Transizione con o senza Berlusconi?
«Mi sembra evidente che il “dopo” non può che tener conto dei danni e dei colpevoli del “prima”».
Chi dovrebbe guidare la transizione?
«Non ci sto al giochetto dei nomi, non è un problema del Pd, spetta al Capo dello Stato verificare su quale personalità può crearsi una convergenza per un governo che rimetta in piedi il Paese. Si deve richiedere un gesto di responsabilità verso l’Italia e questo non a nulla a che vedere con gli inciuci».
Anche perché le elezioni adesso non trovano un Pd in gran forma. Secondo i sondaggi scende il Pdl ma il Pd non sale, mentre il cosiddetto terzo polo risulta piuttosto attraente.
«L’interpretazione che do del sondaggio di Renato Mannheimer è che il Terzo Polo oltre il 20% non rappresenta la sommatoria dei voti di Fini, Casini e Montezemolo ma la fine della “cotta” degli italiani per Berlusconi e un giudizio negativo sul sistema bipolare così come si è assestato in Italia. Gl italiani vogliono una ulteriore novità».
Lei che con questo Pd è piuttosto critico sta facendo un pensierino al grande centro?
«Non ho nostalgia del grande centro e non sono tentato di andarmene. Sono solo incazzato perché non vedo realizzata quell’intuizione che ci fece fondare il Pd e sono ostinato a portare avanti la mia battaglia per farlo diventare il partito nuovo in grado di rappresentare l’alternativa al berlusconismo. Noi avevamo un appuntamento con la Storia, quell’appuntamento è arrivato ma il Pd non è pronto».
Troppo di sinistra?
«Io mi preoccupo se alla fine di un congresso o di una assemblea davanti al termine “democratici” nessuno applaude mentre davanti al “compagni” c’è chi si spella le mani perché questo vuol dire che non riusciamo ancora ad essere orgogliosi di quello che siamo oggi. Nella prima Repubblica i grandi partiti popolari fondavano il proprio progetto per il paese su un pensiero forte che portava l’elettore a scegliere da che parte stare. Nella seconda Repubblica abbiamo pensato di poter trasformare il partito in uno stato d’animo e non abbiamo messo nel conto che senza pensiero forte la politica diventa debole e succube degli interessi. Il Pd deve trovare il suo pensiero forte e fermare in questo modo il terzo Polo».
C’è chi vede in Vendola proprio questo.
«Vendola è di nuovo presidente della Puglia da qualche mese, non può pensare che quello è un trampolino di lancio per le sue, pur legittime, ambizioni personali. Per il Pd, poi, mi sembra più importante trovare un progetto per un’altra Italia e il soggetto adatto per realizzarlo e per parlare a quel blocco sociale – artigiani, commercianti, cooperanti, coltivatori diretti – senza il quale non si vince».
Non avete già nel segretario Pd il candidato premier?
«Non ho pregiudizi per nessuno, tantomeno per il segretario».
E sulle primarie? C’è chi sospetta lei, D’Alema, Marini e Bersani, di volerle superare.
«Le primarie sono uno strumento al servizio della politica e la politica ha un obiettivo: vincere le elezioni non le primarie».
L’Unità 28.07.10