Entrare gratis nei musei statali italiani. Un´eccezione? Non proprio. Al contrario, nell´ultimo anno, più della metà dei visitatori non ha pagato il biglietto per Uffizi, Galleria Borghese, scavi di Pompei, Colosseo, Palazzo Reale a Napoli, Reggia di Caserta. Al punto che se ciascuno dei quasi 18 milioni di “esenti” su 32 milioni totali versasse un simbolico euro, si potrebbero autofinanziare nuove assunzioni di personale, a tempo, per la vigilanza e l´accoglienza. Non solo per colmare l´attuale cronica carenza e l´età media pericolosamente alta, ma per rilanciare e potenziare l´intera offerta culturale nazionale. Più musei aperti, ma anche monumenti, aree archeologiche, pinacoteche, biblioteche, pure di notte e nei fine settimana, d´estate e durante i “ponti” o le festività. Quando il tempo libero, cioè, spinge la domanda. E più giovani che lavorano.
A conti fatti, un euro a testa da chi non deve altro (minori, over 65, militari, giornalisti e altre categorie) fanno 17,7 milioni di euro. Un budget sufficiente, ad esempio, per quasi 2.500 contratti a tre mesi. O, in alternativa, 1.850 a quattro mesi, 1.230 a sei mesi, 600 a un anno. «Per tenere aperti i musei 11 ore al giorno senza pause, come ora, occorrono almeno 12 mila persone e oggi ne abbiamo in servizio meno di 8 mila. Da qui la nostra duplice proposta», spiega Gianfranco Cerasoli, segretario generale Uil per i beni culturali. Gli “stagionali” della cultura, da una parte, e la carta prepagata, dall´altra, per sveltire le file e destinare il personale delle biglietterie alla vigilanza vera e propria.
Una posizione che fa discutere. «Così rischiamo di allontanare i ragazzi e gli anziani dalla cultura e aggiungiamo un´altra odiosa tassa», reagisce Mauro Vergari, Adiconsum. «L´alto numero di non paganti è un fatto positivo: si va al museo proprio perché è gratis. Dimostra, dunque, che la gratuità ha uno scopo sociale, non è sprecata, anzi. E poi l´esenzione è una scelta europea. Altrove le categorie che non devono nulla sono addirittura più ampie. Se serve, si faccia sborsare l´euro a chi già paga e può pagare». «Pura ipocrisia», risponde Cerasoli. «Al Prado di Madrid e al Louvre di Parigi non ci sono gratuità, ma solo riduzioni. E poi, di fatto, in molti dei nostri musei la prenotazione è obbligatoria per tutti. Succede a Pompei, alla Galleria Borghese e altrove. Uno o due euro versati, anche dagli esenti, per lo più a società concessionarie private, come Pierreci, Gebart, Civita. Nulla di questi denari però arriva al Mibac. E se non si interviene in qualche modo, il rischio è la paralisi per tutti i musei».
Le manovre economiche, la triennale e quella di Tremonti, si abbattono pesantemente sul comparto: 2,3 miliardi di tagli in cinque anni fino al 2013. A questo si aggiunge che solo una parte dei 100 milioni di euro l´anno incassati con i biglietti torna al ministero dei Beni culturali. La gestione è del Tesoro che poi li “gira” al Mibac: appena 4,2 milioni nel 2009 e 3,6 nel 2010. Tra le eccezioni, le sovrintendenze di Roma e Pompei per le aree archeologiche che godono di “politiche” autonome. Le sole entrate del Colosseo, ad esempio, con 4 milioni di visitatori l´anno, finanziano quasi tutti gli altri siti romani.
La Repubblica 26.07.10