Li educano a fare i precari fin dalla tenera età. Così non si possono fare illusioni sul proprio avvenire. Sono i fanciulli, i bambini. Più di mezzo milione tra i 6 e i 13 anni in Italia. Il dato è ricordato da una bella inchiesta pubblicata da un settimanale romano di nicchia “La voce democratica” diretto da Domenico Commisso, già redattore, anni fa, dell’Unità milanese. Un panorama di questa piaga è dato dalla testimonianza di un personaggio singolare, Vittorio Barbanotti, 58 anni, di professione idraulico di grandi impianti, presidente di un Comitato per i diritti umani. È lui che racconta come solo nel Lazio ci siano almeno trentamila ragazzini-lavoratori. Il numero dei piccoli Cipputi continua a crescere anche in rapporto al fenomeno dell’immigrazione straniera. Secondo dati della Caritas italiana, in Italia ci sarebbero circa ottantamila stranieri con meno di 14 anni di età. Non si sa quanti lavorino,ma in almeno tre comunità di immigrati sembra particolarmente frequente il ricorso al lavoro minorile: la comunità cinese, quella magrebina e quella Rom. L’orario di lavoro è assai variabile. Spesso comporta il venir meno degli obblighi scolastici. Molti studenti-lavoratori svolgono un vero e proprio “part-time”, dedicando al lavoro buona parte del pomeriggio. D’estate poi, il tempo di lavoro comprende spesso l’intera giornata. Le retribuzioni, quando ci sono, sono bassissime. Oppure i bimbi sono ricompensati in natura, soprattutto i più piccoli, con regali e regalini o alimenti. “La Voce Democratica” riporta anche documenti di “Mani tese”, l’associazione nata nel 1964 per combattere la fame e gli squilibri tra Nord e Sud del mondo, attraverso progetti di cooperazione internazionale e la sperimentazione di stili di vita sostenibili. Qui si spiega che oggi nel mondo un bambino su sei è vittima del lavoro minorile ed èsottoposto a lavori nocivi per la sua salute mentale e fisica o per il suo sviluppo emozionale. 246 milioni di bambini (73 milioni dei quali hanno meno di 10 anni) sono costretti a lavorare. Nessun Paese ne è immune: si stimano in 2,5 milioni i bambini che lavorano in paesi sviluppati e in 2,5 milioni quelli che lavorano nei paesi in transizione quali gli Stati dell¹ex Unione Sovietica.Muoiono ogni anno 22.000 bambini a causa di infortuni sul lavoro. Eppure trattasi di un’attività severamente vietata dalle leggi, in Italia e nei diversi paesi. Un lavoro illegale che ricorda i romanzi di Charles Dickens ma che persiste nell’epoca modernissima della globalizzazione. E’ un tassello – vergognoso – della spasmodica ricerca di manodopera a buonissimo mercato. Esistono partiti e sindacati che si occupano( giustamente) di giovani precari e di anziani pensionati. Occorrerebbe anche un partito e un sindacato dei piccoli.
L’Unità 26.07.10