Una risposta all’Assemblea dei docenti e dei ricercatori di Salerno. La posizione espressa dall’Assemblea dei docenti e dei ricercatori dell’università di Salerno è un’occasione per riflettere profondamente e, al contempo, per corrispondere alle sollecitazioni che manifesta.
Quelle che stiamo attraversando sono, per l’Università italiana, giornate difficili. Manovra economica e ddl Gelmini, infatti, assestano un ulteriore duro colpo al sistema dell’università e della ricerca, oltre che dell’istruzione nel suo complesso. Di fronte all’accusa, rivolta all’opposizione, di silenzio o, peggio, di sostanziale condivisione con le scelte del governo, la risposta migliore sono i fatti.
E i fatti sono che la principale forza di opposizione, il Partito Democratico, sta svolgendo il suo compito in diversi modi. Primo, contrastando, con gli strumenti parlamentari e nel dibattito pubblico, il disegno del governo. Secondo, avanzando proposte alternative. Terzo, dialogando con chi, in questo caso, in particolare nelle università, sta lottando per la tutela non solo dei propri diritti, quanto soprattutto per rafforzare il ruolo centrale che il sistema universitario e della ricerca hanno per il futuro del Paese. Quarto, rivolgerci, per quanto possibile, proprio al Paese, perché questo tema non riguarda solo gli addetti ai lavori ma interessa l’intera comunità nazionale.
Passando al merito, ribadiamo la nostra posizione sul ddl Gelmini: una riforma dell’università è necessaria, questa riforma è profondamente sbagliata. Noi chiediamo autonomia e responsabilità degli atenei, spazi per i giovani ricercatori, risorse per il diritto allo studio e per il sistema universitario. Un sistema che vorremmo più forte, coeso e efficiente e che, invece, lo ricordiamo, negli ultimi 3 anni è stato de-finanziato del 20%, quando già costa all’Italia poco più della metà della media UE. Abbiamo fatto il contrario di quanto fanno i partner europei, i quali, pur nell’ambito di severe manovre di finanza pubblica, salvaguardano gli investimenti nell’università. Risorse e riforme sono due facce della stessa medaglia, come ha affermato pochi giorni fa il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Se continueranno a mancare le risorse questa riforma sarà carta straccia. Ma se si approva una riforma sbagliata il danno non sarà minore.
Il compito di una forza di opposizione responsabile, quando ritiene che una riforma sia necessaria ma ne contesta profondamente il contenuto, è necessariamente quello di presentare un disegno alternativo. Noi lo abbiamo fatto, con le proposte approvate dall’assemblea nazionale, che il 22 maggio ha posto l’università e la ricerca in testa alle priorità del programma del PD, e più concretamente con i nostri emendamenti alla manovra e al ddl Gelmini.
Ci siamo opposti fortemente ai tagli indiscriminati: gli atenei italiani sono in emergenza, non sono state loro assegnate le risorse per il 2010 e già nei prossimi mesi molti non riusciranno neppure a garantire il pagamento degli stipendi. Al bilancio del sistema nel 2011 mancano circa 1,4 miliardi. Una situazione drammatica che abbiamo denunciato per primi e da tempo alla Camera e al Senato, come dimostrano gli atti parlamentari. Nella manovra abbiamo chiesto principalmente tre cose: le risorse, appunto, per consentire alle università di funzionare e di programmare le proprie attività; l’abrogazione delle norme vessatorie, quali il blocco degli scatti stipendiali e, comunque, concentrazione dei sacrifici su chi ha le spalle più larghe e non, come vuole il governo, soprattutto sui giovani; l’abrogazione della norma che dimezza le risorse per i contratti pre-ruolo, i precari che tengono in vita le università e che a migliaia potrebbero essere mandati a casa senza complimenti.
Anche sul ddl Gelmini abbiamo elaborato proposte alternative. Risorse per sostenere gli studenti meritevoli ma privi di mezzi, così come prevede dalla Costituzione, ma non il disegno del governo; abolizione del precariato intellettuale, che comprime i diritti e limita fortemente la libertà individuale, di ricerca, di costruire la propria vita in modo dignitoso. Proponiamo regole certe e percorsi rapidi per l’ingresso nella carriera, col ruolo unico di docenza, e misure che introducano un forte ricambio generazionale, portando accesso nel ruolo, età media dei docenti e età di pensionamento nella media europea (da cui siamo, al momento, lontani anni luce). Proponiamo l’abolizione del blocco del turn-over e l’attivazione di una campagna di reclutamento che nei prossimi 6 anni, prima che la nuova legge vada a regime, consenta agli attuali ricercatori, strutturati e precari, di avere la loro opportunità di entrare nel ruolo di professore.
Chiediamo, dunque, autonomia, responsabilità e valutazione per gli atenei. Regole chiare per la ripartizione delle risorse, efficienza e coesione territoriale per il sistema universitario. Pensando principalmente a studenti e giovani ricercatori, per fare dell’università un luogo di mobilità sociale, e dunque di equità e opportunità, e per selezionare come professori di domani i migliori per svolgere quella professione, quella missione, e non solo chi se lo può permettere.
Questi sono solo alcuni spunti, condivisibili o meno, ma che sono frutto di un lavoro di confronto costante con le realtà dell’università, a partire da studenti e ricercatori, di un’elaborazione che nel Forum Università, Saperi e Ricerca, presieduto da Maria Chiara Carrozza, va avanti da mesi, e del lavoro costante e spesso dietro le quinte dei nostri parlamentari, che combattono anche su questo fronte con impegno e competenza. Con proposte che possono essere lette con maggior dettaglio sul sito http://www.partitodemocratico.it/universita . Con l’impegno diretto dei nostri dirigenti, da Bersani a Letta, da Rosy Bindi ad Anna Finocchiaro e Franceschini, che in queste settimane hanno partecipato a 110, il viaggio del PD nelle università italiane, non sempre accompagnato dalla luce dei riflettori ma che vuole entrare direttamente a contatto con la realtà dei nostri atenei, di chi ci studia e ci lavora ( www.partitodemocratico.it/110 ). Questo fa il Partito Democratico coi suoi dirigenti, mentre il presidente del Consiglio utilizza una delle pochissime occasioni in cui parla di un tema che non conosce, l’Università appunto, per offendere per l’ennesima volta, con la nostra Presidente, la dignità di tutte le donne, esattamente come gli atti del suo governo offendono e danneggiano i giovani, i ricercatori, il diritto all’istruzione e alla formazione universitaria.
Non so per chi voteranno in futuro i firmatari dell’appello di Salerno. In questo momento il problema principale è che il loro grido di allarme possa essere per noi – e certamente lo è – una motivazione in più per svolgere al meglio il nostro compito, e che insieme possiamo essere più forti per contrastare il disegno del governo. E per proporre un’idea migliore di università, con la certezza che sono necessari cambiamenti forti e radicali. Cambiamenti profondi e investimenti importanti nel sapere, questo vuole il PD. Perché l’istruzione, l’università e la ricerca sono l’investimento fondamentale per lo sviluppo del Paese, sono il futuro dell’Italia.
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