Tremonti ha vinto il braccio di ferro con i governi locali: i tagli complessivi a carico degli enti territoriali restano invariati. Sarà però la Conferenza Stato-Regioni a decidere sul riparto dei sacrifici. Si tratta di un’eccellente mossa strategica da parte del governo. L’onere delle decisioni viene ora ribaltata su Regioni e comuni. Se se non riusciranno a trovare un accordo, il governo potrà sempre scaricare su di loro la responsabilità politica degli interventi. I probabili vincitori e perdenti.
Per i tagli a Regioni e altri enti locali, cosa cambia con il maxidecreto approvato ieri in Senato? Per i saldi, nulla. Giulio Tremonti ha vinto il braccio di ferro con i governi locali e i tagli complessivi restano invariati. Cambia, o almeno cambia potenzialmente, la distribuzione degli stessi.
La decisione sul riparto tra i diversi enti viene, infatti, ora affidata alla Conferenza Stato-Regioni, cioè in pratica agli stessi governi territoriali. Di qui l’uso dell’espressione generica “risorse” da ridurre, invece di “trasferimenti” nel nuovo testo approvato al Senato. L’ultima parola resta comunque al governo; se non si trova un accordo in Conferenza, scattano comunque i tagli già preventivati per ciascun ente, con il riparto previsto in precedenza (che il decreto, erroneamente, indica come “proporzionali” mentre in realtà per le Regioni ricalcavano i trasferimenti per le leggi Bassanini, la cui distribuzione non è proporzionale tra Regioni o per popolazione). Il decreto inoltre specifica quali indicatori dovrebbero essere utilizzati per decidere il riparto dalla Conferenza, alcuni chiari (spesa per il personale sul totale), altri vaghi (misure atte a rispettare il Patto di stabilità interno e quello sanitario, le pensioni di invalidità, l’autonomia finanziaria per i comuni eccetera).
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Si tratta nel complesso di un’eccellente mossa strategica da parte del governo. L’onere delle decisioni viene ora ribaltata su Regioni e comuni, e se queste non riusciranno a trovare un accordo, il governo potrà sempre scaricare su di loro la responsabilità politica degli interventi. Di più, la scelta degli indicatori offre un’importante sponda alle Regioni del Nord a guida leghista, in seria difficoltà politica nei confronti dei propri elettori: se non si riuscirà a trovare un accordo, che dati gli indicatori scelti dovrebbe avvantaggiare le Regioni del Nord, a partire dalla Lombardia, potranno sempre riversare la colpa sulle altre e in particolare quelle meridionali.
Ma che vuol dire mettersi d’accordo? Non esistono procedure formali precise nella Conferenza stato-regioni. In genere, si decide all’unanimità, ma è spesso successo che qualche Regione si dissoci dalle decisioni prese dal resto della Conferenza. Raggiungere l’unanimità in questo caso sembra difficile; per definizione qualunque modifica nella distribuzione dei tagli, a saldi invariati, deve avvantaggiare qualcuno e penalizzare qualcun altro, ed è facile prevedere che i perdenti si opporranno strenuamente. Previsioni? Le Regioni finiranno con il mettersi d’accordo; il costo politico del non farlo è semplicemente troppo alto. Verosimilmente, l’accordo finirà con il sacrificare qualche Regione più marginale (quelle piccole e del Sud, magari a maggioranza centro-sinistra?). Più facile ancora per i comuni, che con l’esclusione di Roma dal tavolo dei tagli, rappresentano un’organizzazione più coesa e con minori differenze territoriali.
Infine, una curiosità. Anche nel testo del decreto vengono ribaditi i commi che affermano che quanto deciso nello stesso decreto, e cioè i vari tagli a comuni, province e Regioni, “non impattano sulla legge 42/2009”, cioè sull’attuazione del federalismo fiscale. Che vuol dire? Che i trasferimenti aboliti, che nella logica della legge 42 avrebbero dovuto essere “fiscalizzati” (cioè, sostituiti per gli enti territoriali con tributi propri o compartecipazioni a tributi erariali), verranno comunque restituiti agli enti locali in sede di attuazione del federalismo? Ma allora com’è possibile ottenere i risparmi di spesa preventivati dalla manovra, visto che l’attuazione della 42 è prevista dalla legge stessa a partire dal 2012? E come questi commi si conciliano con la stessa legge che impone che l’attuazione del federalismo avvenga “senza oneri aggiuntivi per lo Stato”? Mistero.
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