Che ci sia un problema di corruzione, oltre che sociale, che si sia aperta una questione di legalità e mancato rispetto delle regole, lo vedono bene gli italiani. E non solo gli italiani». Pier Luigi Bersani parla poche ore prima di imbarcarsi sull’aereo che dagli Stati Uniti lo riporta in Italia. Questa settimana di incontri e colloqui tra Washington e New York è stata caratterizzata qui da noi dall’uscita di notizie su loschi affari e nuove logge segrete, in cui i nomi dei faccendieri sono affiancati da quelli di esponenti del Pdl. E il segretario del Pd ha toccato con mano la «preoccupazione» che anche oltreoceano desta «l’instabilità italiana». Un’instabilità a cui si aggiungono anche evidenti «meccanismi di controllo dell’informazione» e pratiche tese a «deformare il sistema democratico».
«È inutile che Berlusconi dica che godiamo di una buona immagine all’estero», dice Bersani dopo aver incontrato membri del Dipartimento di Stato, del Congresso Usa, dell’Onu, sindacalisti, economisti. «Semplicemente, non risulta. L’Italia in questo momento viene guardata con un misto di apprensione e incredulità. In molti colloqui mi sono state rivolte le stesse domande. Cosa succede? E come è possibile?». Intercettazioni, arresti, dimissioni non trovano spazio sulle pagine dei quotidiani statunitensi, ma nei rapporti riservati che l’ambasciata di Via Veneto spedisce al Dipartimento di Stato Usa la situazione che sta attraversando l’Italia viene spiegata nei dettagli. Così anche una personalità come Phil Gordon, del Bureau per gli affari europei ed eurasiatici, ha rivolto domande a Bersani sulle possibili conseguenze degli ultimi avvenimenti. «Pur in un quadro di diplomazia nei rapporti – racconta il leader del Pd – si capisce che da queste parti il nostro premier non gode di grande stima». Non è solo questione delle ultime ore, perché a non mettere in buona luce Berlusconi, oltreoceano, c’è quella che Bersani definisce una politica estera fatta di «relazioni privilegiate e rapporti speciali». La situazione è però ora aggravata dagli scandali e da una legge sulle intercettazioni che per gli americani mette a rischio il successo di molte indagini anche internazionali (come già dichiarato dal sottosegretario del dipartimento Giustizia Usa Lanny Brauer) e fa diminuire ancora di più il livello di libertà di stampa in Italia. Bersani racconta della visita al Newsmuseum di Washington, il museo dell’informazione in cui è presente anche una cartina del mondo su cui le nazioni sono colorate a seconda del grado di libertà di stampa. «L’Italia è gialla, parzialmente libera, unico paese europeo, mentre è allo stesso livello di Tailandia, Colombia, Kenya, Nigeria». Il modo in cui viene trattata da noi l’informazione, racconta, «qui non piace a nessuno, che si tratti di liberal o di conservatori».
Così come non piace a nessuno il modo in cui il governo italiano sta venendo meno agli accordi internazionali per i paesi in via di sviluppo: «Il fatto che non stiamo pagando patti che abbiamo sottoscritto ci fa perdere posizione anche in partite delicate che stavamo conducendo, compreso il rinnovo del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Una situazione che metterà sempre più l’Italia «ai margini», quando invece dovrebbe «giocare più seriamente un ruolo» per favorire l’integrazione europea, o per affrontare in modo diverso il protrarsi del conflitto in Afghanistan.
Al presidente della commissione Affari esteri del Senato John Kerry, al presidente del Comitato economico e sociale dell’Onu Hamidon Aly, così come agli esponenti della comunità italoamericana incontrata a Brooklyn Bersani l’ha detto che «la situazione politica in Italia si sta complicando». Ma, racconta, a tutti loro ha anche assicurato che questa fase non durerà a lungo: «Non c’è solo l’Italia di Berlusconi»
L’Unità 18.07.10
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