Illustrando la manovra finanziaria di 25 miliardi di euro predisposta da Tremonti, il Presidente del Consiglio insiste nel dire che la manovra è richiesta dall’Europa, facendo intendere che in realtà se non ci fosse questa imposizione di Bruxelles e se dipendesse dalla volontà del governo della manovra si potrebbe fare a meno. Ricorrendo alla semplificazione a cui il premier affida spesso i suoi messaggi, ancora una volta Berlusconi evoca l’Europa come un fardello fastidioso, un impaccio petulante, un vincolo opprimente. E ogni inadeguatezza del governo, ogni problema dal paese, ogni scelta impopolare viene imputata all’Europa. E così si fa giungere agli italiani un messaggio che dice: “Oh quante cose di più potremmo fare se non ci fosse Bruxelles a impedircelo!”
Chiunque non voglia rifugiarsi nella demagogia sa bene che non è così. L’Unione europea non impone alcunchè. Bruxelles si è data criteri, parametri e regole per gestire l’euro e il mercato unico. Accettare quelle regole non è un obbligo, è una scelta. Se Berlusconi pensa davvero che l’Europa sia un danno per l’Italia ne proponga l’uscita dall’euro. Naturalmente si guarda bene dal proporlo perché sa che sarebbe una scelta sciagurata. Se l’Italia non avesse scelto di essere parte dell’euro il nostro paese sarebbe da molto tempo alla deriva. Le imprese avrebbero affidato la loro competitività e redditività assai più alla svalutazione che all’innovazione e alla specializzazione tecnologica. Deficit e debito pubblico sarebbero schizzati ancora più in alto. Sarebbe stato assai arduo evitare fiammate inflazionistiche. E così il nostro Paese sarebbe lentamente scivolato fuori dall’Europa. E nella crisi fmanziaria ed economica di questi due anni l’Italia sarebbe stata travolta.
Sarebbe ora che la classe dirigente del paese – a partire da chi ha maggiori responsabilità istituzionali – si convincesse chè l’Europa non è un danno, ma un’opportunità. E riconoscesse che fuori dall’Europa o senza di essa l’Italia non ha futuro. Anzi, proprio perché l’Italia si porta dietro squilibri territoriali più acuti e fragilità strutturali più dure da rimuovere, soltanto l’esistenza della frusta dei parametri europei può consentire al nostro paese di risanare le sue finanze, d’innalzare i suoi standard produttivi e sociali, di ricreare produzione e lavoro. Ma vi è anche un altro aspetto che è bene chiarire. Non solo non è vero che Bruxelles imponga la manovra, ma non è neanche vero che l’Ue chieda al governo italiano questa manovra. L’Unione chiedi di mettere a posto i conti. Come farlo, come ripartire l’onere, a chi chiedere sacrifici sono scelte che spettano alle classi dirigenti di ogni paese. Se la manovra prevedesse un prelievo fiscale aggiuntivo del 2% per tutti i redditi superiori ai 120.000 euro annui oppure l’armonizzazione fiscale al 20% dei redditi da capitale – esclusi Bot e Cct – oppure un prelievo aggiuntivo a carico di chi, pagando uno scandaloso 5%, ha beneficiato del condono per i capitali illecitamente depositati all’estero – tutte misure che renderebbero più equa la manovra – ebbene l’Unione europea non avrebbe nulla da ridire. Né Bruxelles chiede di sottopone Regioni ed enti locali ad una stangata.
Insomma: nel momento in cui varano una manovra socialmente ingiusta e mettono pesantemente le mani nelle tasche di quelli che hanno pagato sempre, Berlusconi e Tremonti si assumano le loro responsabilità, senza nascondersi dietro il falso alibi di un’Europa cattiva .
Il Sole 24 Ore 14.07.10