«Dovremmo raggiungere… Chiamiamolo così, cerca di capire: Cesare. Che sarebbe Cesare». Il 28 settembre 2009 Flavio Carboni è al telefono con Maria, una collaboratrice del presidente della Sardegna Cappellacci. Ma chi è questo “tale” Cesare il cui nome ricorre decine di volte nelle carte dell’inchiesta sulla nuova loggia P3? Cesare che va informato delle manovre sulla Consulta per il Lodo Alfano, Cesare a cui va riferito delle notizie (false) che vedrebbero Caldoro coinvolto in una storia di trans, Cesare a cui va detto degli affari sull’eolico in Sardegna. La risposta la danno i carabinieri in una nota ad una delle informative agli atti dell’inchiesta (nota n. 15 pag 12 segue informativa nr. 474/1- 50-3-44). Cesare, scrivono, «è pseudonimo utilizzato per riferirsi al Presidente del Consiglio». È la chiave di volta. Cesare è Silvio Berlusconi, il deus ex machina che si muove dietro le quinte di tutte le manovre della nuova loggia. Sempre informato, sempre presente un passo indietro. «Mio cugino Cesare vuole sapere», dice Arcangelo Martino il 30 settembre 2009 in piena manovra di salvataggio per il Lodo Alfano. «Mio nipote Cesare», fa eco Pasquale Lombardi. Del resto che i due stiano lavorando alacremente per pilotare il verdetto della Consulta Cesare-Berlusconi lo sa bene. «Io la settimana prossima mi incontro con Cesare – svela a Lombardi Nicola Cosentino il 2 ottobre – lui è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6 (la data inizialmente prevista per la pronuncia sul Lodo Alfano (ndr) e allora giustamente ci deve dare qualche cosa e ci deve dare te e non m’ha scassa’ o’ cazz’». Quando il verdetto si avvicina, i conteggi si moltiplicano. Il gruppetto di Carboni è ottimista visto il lavoro fatto, e il 25 settembre Arcangelo Martino è euforico con Carboni: «Diglielo a Cesare!».
E che Cesare sia pienamente della partita lo dimostra anche una intercettazione del 19 ottobre in cui si parla di una cena organizzata a casa di Verdini per parlare proprio del Lodo. «Bisogna vedere se c’è… se c’è Cesare», si chiede Carboni. «A me pare che non c’è», gli risponde Martino. Il lavoro ai fianchi sugli uomini della Consulta è incessante. Il 23 settembre “il gruppetto” si è riunito a pranzo, e Lombardi aggiorna sulla conta dei favorevoli e dei contrari in seno alla Corte Costituzionale il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo che ha dovuto lasciare il tavolo in anticipo. «Abbiamo fissato che ogni giorno, ogni settimana bisogna che ci incontriamo per discutere tra di noi e vedere ando stà o’ buono e ando sta o’ malamente – spiega – E poi ammo vedè Cesare quanto prima». Che poi, quando Carboni e Martino si accordano per vedersi e raggiungere casa di Verdini, il faccendiere sardo arrestato è costretto persino a spiegare che «non è al Grazioli, eh!».
Del resto tutto si riferisce a Cesare-Silvio, e Carboni si vanta a più riprese di aver parlato con lui al telefono con Lombardi e Martino: dalle prime notizie sulla campagna diffamatoria contro Caldoro fino alle manovre sugli affari dell’eolico. «Fratello mio, gente che… hanno fatto muovere questi, perché sennò», sorride Martino il 30 settembre con Carboni. «Ma gente riferita al Cesare?», chiede Carboni. «Alle pecore! Al Cesare eh..», conclude Martino.
L’Unità 14.07.10