Un tempo li chiamavano matti, e vivevano chiusi nei manicomi. La legge che li ha tolti dalla reclusione forzata, la legge 180 approvata nel 1978, aveva promesso un’assistenza a misura d’uomo delle persone affette da disturbi mentali, facendo intravedere la possibilità di un loro reinserimento nella società. Dopo 33 anni, in presenza di un bilancio in chiaroscuro di quella riforma, che ha avuto il merito di cancellare la vergogna dei manicomi ma che in molte zone del paese è rimasta lettera morta nella creazione di strutture alternative, c’è chi sta pensando di tornare alle vecchie strutture contenitive.
In questi giorni è in discussione alla Camera una proposta di legge presentata dal deputato del Pdl Carlo Ciccioli . Una proposta che, per l’appunto, vuole rivoluzionare la legge Basaglia. In commissione ci sono sette proposte sullo stesso argomento. Quella su cui punta il pdl è proprio quella di Ciccioli. Tutto ruota intorno all’idea di eliminare o ridurre il disturbo psichico, costi quel che costi. Tanto per cominciare, il periodo di ricovero obbligatorio per i malati di mente in fase acuta, passa da sette a trenta giorni.
Ma il clou della proposta è nella gestione dei malati gravi quando i loro «raptus» sono finiti. Tutto è racchiuso in una sigla: Tsop. Significa «trattamento sanitario obbligatorio prolungato». Si tratta del ricovero forzato per quei pazienti che secondo gli psichiatri del dipartimento di salute mentale hanno bisogno di un lungo periodo di cure. Il Tsop dura sei mesi , ma può essere rinnovato. È deciso dal sindaco, con l’assenso del giudice tutelare, su proposta del dipartimento di salute mentale che ha in cura il paziente. Una volta presa la decisione, il malato viene portato in una struttura non ospedaliera, dove vengono assistiti pazienti dello stesso tipo. Il trattamento obbligatorio serve a imporre al paziente la cura che lo dovrebbe portare se non alla guarigione almeno al contenimento della sua patologia.
L’optimum , per i presentatori della proposta di legge, è che durante il ricovero coatto, il paziente accetti di firmare un «contratto terapeutico vincolante». È quel «contratto di Ulisse» di cui parla Ciccioli nella presentazione della sua proposta: come il protagonista dell’Odissea che si fa legare all’albero della nave nell’episodio delle sirene, il paziente decide di seguire le cure che gli vengono prospettate dallo psichiatra e anche se cambiasse idea, non ci sarebbe nulla da fare, il programma dovrebbe andare avanti.
Ce ne è quanto basta per mettere in allarme i difensori della legge 180, che temono un ritorno mascherato dei manicomi, anche se in una forma più soft. «La proposta del pdl – sostiene la deputata del Pd Margherita Miotto – è la classica risposta sbagliata a un problema reale. Dietro quella proposta, sulla quale si è posizionata la maggioranza, c’è la voglia di tornare a qualcosa che somiglia molto ai manicomi. Per fortuna il ministro Fazio ha detto che non bisogna cambiare la legge 180. Speriamo che tenga duro: finora, la sua maggioranza si sta muovendo in un’altra direzione».
Ma Ciccioli, il presentatore della proposta del Pdl, assicura che nessuno vuole mettere in discussione la legge 180. «Non ha senso mettersi il paraocchi. Oggi i malati psichiatrici più gravi entrano e escono dall’ospedale, e la loro gestione ricade interamente sulle spalle delle famiglie, che da sole non ce la fanno. Oppure , se una famiglia non ce l’hanno, diventano barboni. Prendersi cura di queste persone è un fatto di civiltà , e non si può negarlo per un pregiudizio ideologico». A fine luglio Ciccioli, che è stato nominato relatore sulla proposta di legge, presenterà un nuovo testo da mettere in votazione. «Entro settembre vogliamo arrivare al voto».
Il Messaggero 12.07.10