Emendamento-beffa del governo: nella costruzione federalista non si calcola la manovra. I trasferimenti da fiscalizzare non ci sono più: sono stati già sforbiciati dal decreto.
L´espressione più densa di sarcasmo e un po´ macabra, l´ha usata il governatore della Puglia, Nichi Vendola, venerdì scorso, il giorno della rottura tra le Regioni e Tremonti. «Faranno il federalismo col morto», ha detto. Non è andato tanto lontano dalla realtà perché nella battaglia delle cifre che segna ormai da mesi il federalismo fiscale ci sono pochi punti fermi e – è bene dirlo subito – la manovra d´estate e il mancato accordo, rischiano di ammazzare anche quelli.
Il primo punto fermo è un numero che compare nell´«Allegato 2» elaborato dalla Copaff, cioè la Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale, che il 30 giugno ha corredato di cifre la relazione presentata dal ministro dell´Economia Tremonti. La tabella ci dice che i trasferimenti alle Regioni che devono essere soppressi, per lasciare il posto alla fiscalizzazione, cioè alla trasformazione in gettito tributario (ovvero regolari e affidabili compartecipazioni alle tasse che lasceranno le mani libere alle Regioni sul piano finanziario), valgono 7,4 miliardi. Significa che tolti sanità, assistenza, istruzione e trasporti, che la Costituzione considera funzioni fondamentali e che non saranno finanziate con la fiscalità regionale, restano una serie di funzioni (turismo, imprese, famiglia, sostegno agli affitti, politiche giovanili, montagna e protezione civile) la cui gestione finanziaria (spese e tasse) passerà alle Regioni.
Come si è arrivati a questa cifra? Dai trasferimenti che lo Stato dà alle Regioni (pari a 96,5 miliardi) sono state tolte sanità, assistenza e istruzione. Ma l´operazione non è stata semplice perché è stato necessario verificare un requisito in più sulla cifra emersa: le somme «fiscalizzabili» devono essere strutturali e permanenti. Altrimenti come trasformare in «tasse» delle spese una tantum?
Così si è scoperto che i già esigui 7,4 miliardi, che dovrebbero essere l´embrione del federalismo, non sono tutti disponibili e nemmeno strutturali. Intanto ci sono 1,8 miliardi di fondi relativi a competenze regionali ma che sono nelle mani di vari ministeri e di Palazzo Chigi che non vogliono cederli. Altri fondi – 756 milioni – sono poi la ragione stessa della vita di altri ministeri (politiche giovanili, famiglia, protezione civile e montagna): difficili da cedere. Infine, la polpa e la sorpresa: 4,8 miliardi, strutturali e finanziati, relativi alle deleghe appartenenti alle Regioni e trasformabili da trasferimenti in gettito fiscale «puro e responsabile».
Ma ecco il colpo di scena finale. La cifra di 4,8 miliardi è quasi uguale a quella tagliata dalla manovra, ovvero 4,5 miliardi. Il federalismo viene ucciso nella culla. Perché il taglio è strutturale e dunque non si potrà fiscalizzare nulla. Così il decreto attuativo del federalismo, atteso per maggio 2011, rischia di non avere alcuna base. Se ne è accorto anche il governo che, paradossalmente, ha aggiunto un comma all´articolo 14 della manovra che recita: «In sede di attuazione dell´art. 8 della legge 42, in materia di federalismo fiscale, non si tiene conto del primo e del secondo periodo del presente comma». Altrimenti il federalismo sarebbe veramente una costruzione metafisica.
La Repubblica 11.07.10