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"Capitalismo di rapina. Come svuotare un'azienda e far soldi", di Roberto Rossi

Immaginate la storia di Eutelia come un’enorme matrioska. Nel gioco ogni pezzo ne custodisce un altro, è nascosto fino a quando non lo sveli. La vicenda della società di Arezzo, che ha portato venerdì all’arresto di otto persone per bancarotta fraudolenta, ha le stesse fattezze di un’enorme bambola di legno. Dove ogni reato ne nasconde un altro. E un altro ancora. Un sistema, semplice come una mastrioska appunto, per fare soldi sulle spalle dei lavoratori. Un simbolo del nostro capitalismo. La storia. Eutelia è una società giovane. Nasce undici anni fa ad Arezzo per operare nel settore di servizi telematici e in Internet. Fa capo alla famiglia Landi che occupa, con tutti i parenti, l’intero consiglio di amministrazione. All’inizio si chiama Plug-It. Cambia nome nel 2003 dopo la fusione con Edisontel. La società è un mostro. Muta forma continuamente. Costituisce rami d’azienda, altre società, come Agile e Omega, prende pezzi di attività, li smembra, li cede e li ricompra. Nel 2005 approda in Borsa. La sua bulimia non cessa. Acquisisce altre società, commesse, dipendenti. Fino a scoppiare. Fino a quando il sacco non è pieno. Nel 2008 inizia la fuga. La società, con i bilanci in profondo rosso, chiede lo stato di crisi. Si apre una lunga vertenza. Il 15 giugno 2009 a sorpresa, in piena trattativa sindacale presso il Ministero dello Sviluppo Economico, i 2000 lavoratori vengono trasferiti in Agile e contestualmente venduti per 96mila euro ad Omega. A capo di questo nuovo soggetto industriale vengono posti due noti fallimentaristi. Inizia lo svuotamento della società, il furto di lavoro. Secondo l’ordinanza della Procura di Roma i vertici di Eutelia concentrano su Agile perdite e debiti, dipendenti di cui ci si voleva liberare. «È stata fatta – è scritto nell’ordinanza – un’operazione di svuotamento attraverso operazione di distrazione, pagamenti a privati e società, privi di una oggettiva giustificazione per 12 milioni di euro». Vengono ceduti crediti a garanzia di obbligazioni che sono state assunte da altre società del gruppo Omega. Non solo. Nella scomposizione del castello societario Eutelia gira ad Agile un ramo di azienda It (Information Tecnology). Nel contratto di cessione, dice l’ordinanza, sono sovrastimante le attività del ramo d’azienda. Si scrive che ci sono 22 milioni ordini e di commesse. In realtà il valore effettivo non è superiore a sette. La cessione ha una logica. Non dà la possibilità di esigere i crediti relativi a questo ramo d’azienda. Il tutto sulla pelle dei lavoratori. Che, non solo sono sottoposti a una procedura di licenziamento, ma sono costretti a subire un’aggressione. Il 10 novembre del 2009 un gruppo di squadristi, travestiti da poliziotti, armati di tutto punto, e capeggiati dal proprietario Samuele Landi, irrompe nella sede di Roma, aggredendo i dipendenti riuniti in presidio. L’intreccio Interviene la magistratura. Il 23 dicembre il tribunale fallimentare di Roma sequestra l’azienda e la pone sotto custodia cautelare. Ma i Landi non demordono. Devono completare l’opera. A febbraio tentano di riappropriarsi dell’azienda con la richiesta di concordato preventivo. A garanzia del debito presentano fideiussioni. Prestate da una da una società che si chiama Cofiart. Ma sono fittizie. Cofiart non ha il patrimonio per garantire come prevede il testo unico bancario. La società fa capo all’imprenditore romano Dino Patrizio Cozzi. Quando i magistrati ne chiedono l’arresto scoprono che è già sotto indagine per associazione a delinquere, riciclaggio internazionale, bancarotta, creazione fittizia di capitale. Da tempo Cofiart offriva garanzie bancarie a società o enti locali che ne facevano richiesta per far fronte, appunto, a fideiussioni. In qualche mese, secondo la Finanza, la società avrebbe emesso 5mila polizze fideiussorie raccogliendo premi per oltre 11 milioni di euro a fronte di un capitale garantito che supera i 750 milioni di euro. Tutte false. Le fideiussioni fasulle sono in voga in Italia. I magistrati della Procura di Roma che lavorano ai reati economici (il gruppo è coordinato dal pubblico ministero Nello Rossi) le chiamano «titoli tossici all’italiana». Ce ne sono tante. E muovono i mercati finanziari. Le società che le gestiscono hanno un riconoscimento formale ma poi zero requisiti patrimoniali. Le loro garanzie costano poco. Si paga di meno, se ne ottengono in misura ridotta. Spesso le aziende le usano per rateizzare il debito tributario e frodare il fisco. Dopo una rata o due le società che le hanno contratte muoiono o, sfruttando una normativa particolare, si trasferiscono all’estero. E se l’operazione non risulta rapidamente entro un anno dal trasferimento fuori dai confini non può essere chiesto il fallimento. E senza fallimento niente bancarotta. Agli 8 amministratori dell’Eutelia finiti sotto inchiesta (Pio Piccinini, Leonardo Pizzichi, Claudio Marcello Massa, Marco Fenu, Salvatore Riccardo Cammalleri, Antonangelo Liori, Isacco Landi e Samuele Landi) servivano invece per riprendersi la società. E organizzare nuovi colpi. Progettavano nuove acquisizioni, di «ripartire» con delle nuove matrioske. In Italia o Romania. Dovunque si possa lucrare sulle spalle dei lavoratori.

L’Unità 11.07.10