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«Università, per dire no a tagli e manovra arrivano gli esami in notturna», di Alessandro Giuliani

Dal 13 luglio nelle Facoltà umanistiche della Sapienza interrogazioni tra le 21 e le 5 del mattino. Per i docenti la protesta rispecchia l’inversione di senso della politica del Governo e il nuovo profilo di prof ‘ombra’. Polemico il rettore Frati: iniziativa folkloristica, si guardi invece al 10% dei ricercatori che non produce nulla. Piccata risposta dei diretti interessati. Gli studenti sono con loro. Ma non tutti.

Sta entrando nel vivo la protesta dei ricercatori, affiancati da docenti e personale amministrativo accademico, contro l’impianto del disegno di legge Gelmini e ai tagli imposti dalla Legge133/08, confermati dall’ultima manovra Finanziaria varata dal Governo ed ora in discussione nella aule parlamentari: dopo le manifestazioni e le occupazioni dei rettorati, a seguito di sentite assemblea d’ateneo alcune delle maggiori Università italiane hanno deciso di adottare delle forme di protesta alternative a quelle cui eravamo abituati.
A capitanare la contestazione non poteva che essere il più grande ateneo d’Europa, quello romano della Sapienza, dove nelle Facoltà umanistiche – Lettere e Filosofia, Studi Orientali, Filosofia e Scienze Umanistiche – nel mese di luglio si svolgeranno gli esami di profitto con orario notturno.
La singolare mobilitazione segue in pratica il rinvio degli esami previsti per questa settimana, da 5 al 9 luglio, assieme allo stato di assemblea permanente. Poi, la successiva, sarà la volta degli esami collocati in sedi ed orari anomali: in versione notturna, tra le 9 di sera e le 5 del mattino, oppure (per i docenti che non se la sentono ma sono solidali nella contestazione) nelle tante stradine dove svetta la statua della Minerva.
A spiegare il senso della protesta è stata Laura Faranda, docente di Antropologia culturale, secondo cui “l’ordine temporale è inusuale, ma fedele sia all’inversione di senso cui sembrano orientate le manovre del Governo in materia di riforma dell’università e della ricerca, sia al nuovo profilo di professori ‘ombra’, oscurati e delegittimati nella sostanza qualitativa e quantitativa del proprio impegno quotidiano”.
Lo sciopero bianco in notturna per più di qualcuno rischia però di danneggiare gli studenti: in effetti sostenere un esame in piena notte, anche se d’estate, non deve essere un’impresa agevole. Soprattutto per chi non è abituato a fare le ore piccole. Così la pensano il presidente romano di Azione Universitaria, il movimento universitario del Pdl, Matteo Petrella, e il presidente di Azione Universitaria Sapienza, Cristian Alicata, che in una dichiarazione congiunta hanno definito la decisione “assurda: oltre a rasentare il ridicolo, mette in discussione le stesse modalità previste dalla legge per la validità degli esami e costringe gli studenti giocoforza a partecipare, pena il venir meno di mesi di studio e lavoro, ad una protesta politica e ideologica”.
E nemmeno il rettore della Sapienza, Luigi Frati, l’ha accolta con entusiasmo. Anzi. Tra le proteste degli studenti e le perplessità del corpo docente, prima ha definito l’idea degli esami notturni “folkloristica” e poi se l’è presa con i ricercatori: “il 30% a Giurisprudenza ed il 10% in assoluto – ha detto Frati – non ha prodotto nulla in 10 anni”. Una frase che non è piaciuta a Marco Merafina, coordinatore nazionale del Coordinamento nazionale ricercatori universitari, che ha avuto da ridire sulle esternazioni del ‘Magnifico’, in particolare per “le modalità con cui tali informazioni sono state propinate alla stampa e in pasto all’opinione pubblica e per quella sensazione di baratto con il Governo che vorrebbe farci credere di portare avanti: finanziamenti al sistema universitario in cambio dell’epurazione di quattro mele marce dentro l’Università”. La posizione dei ricercatori non è poi molto diversa da quella delle associazioni studentesche indipendenti o vicine al centro-sinistra. “Ad essere folkloristico, o quantomeno imbarazzante e preistorico, – ha detto Claudio Riccio, portavoce nazionale Link- è lo stesso Frati che ha una posizione sulle proteste inaccettabile: chiediamo a tutti i rettori di chiarire la loro posizione in maniera chiara e univoca. Non è possibile infatti da un lato ci si indigni contro i tagli e si dichiari di voler difendere i diritti degli studenti e dall’altro si contrattino posizioni poco più favorevoli per i propri atenei e si attacchino quelle proteste che hanno come obiettivo quell’Università pubblica che i sedicenti signori della Crui – ha concluso polemicamente Riccio – ritengono di rappresentare”.

da l’Unità dell’8 luglio 2010

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«La battaglia «brunettiana» del rettore», di Ro. Ci.
La battaglia brunettiana intrapresa dal rettore della Sapienza di Roma Luigi Frati contro i «docenti fannulloni» conosce nuovi sviluppi. Dopo avere smentito di avere pronunciato la parola «ricercatori» nel corso dell’infuocata conferenza stampa tenuta l’altro ieri a Lettere ha garantito che, a settembre, le sue attenzioni si rivolgeranno al 9 per cento del corpo docente (400 persone) che negli ultimi dieci anni non ha prodotto alcun titolo scientifico. «Se per colpa di queste persone – si legge in una nota – vengono ridotti i fondi del fondo ordinario di finanziamento legato alla valutazione della ricerca è giusto intervenire». E, infine, la promessa: «Valuterò caso per caso se avviare procedimenti disciplinari che possono arrivare sino alla destituzione». La rete 29 aprile, il coordinamento della mobilitazione che porterà al blocco del prossimo anno accademico, ha diffuso un comunicato nel quale si ribadisce la volontà dei ricercatori di essere valutati. «Invitiamo i rettori a fare i nomi dei ricercatori, nonché dei professori associati e ordinari, evitando di fare discorsi generalizzanti che danneggiano migliaia di professionisti e le strutture per le quali lavorano». Quella di Frati – ribadisce Piero Graglia, ricercatore alla Statale di Milano – è un’arma di distrazione di massa. Sa che così facendo ha un ritorno sentimentale della pubblica opinione. La sua minaccia non è credibile. Di chi è la colpa di questo sfascio se non di chi ha prodotto questo sistema?». «Allora, se uno non pubblica può essere licenziato? – si domanda Alessandro Ferretti, ricercatore a Torino – Questa misura non è prevista nemmeno nel Ddl Gelmini che invece prevede che non vengano erogati gli scatti biennali». «Vuole scatenare una caccia alla streghe – conclude Alessandro Pezzella, ricercatore a Napoli – Da un rettore ci si aspetterebbero soluzioni. Bisogna responsabilizzare con un sistema di incentivi chi ha in mano i meccanismi di reclutamento e, al massimo togliergli i finanziamenti alla ricerca in casi come questi».
dal Manifesto