In Italia si verifica uno strano paradosso. Migliaia di militanti dei movimenti, delle associazioni o dei sindacati di base – il genere di persone che definiamo «impegnate» e che Berlusconi definirebbe «comunisti» anche se sono nati nel 1994 e che Vittorio Feltri definirebbe «omosessuali» e che il Tg1 definirebbe «dieci» – non vanno a votare.
Non mi riferisco ai pochi che non ci sono mai andati ma ai molti che non ci vanno più. Altri votano per senso di responsabilità, con fatica, per partiti che non li convincono fino in fondo (beh: benvenuti nel club) e che però non si sognano di cambiare. Non perché siano stanchi di sognare: se fossero a corto di sogni non disegnerebbero cartelli colorati con i pennarelli dei bambini, non si annoderebbero un bavaglio intorno alla bocca in segno di protesta contro la censura, non scenderebbero in piazza per chiedere una società migliore. È un paradosso, perché rinunciare a cambiare i partiti significa rinunciare a cambiare la società: e allora perché scendere in piazza?
Ne parleremo stasera alle 20 alla Festa Democratica di Roma con Ivan Scalfarotto e Gianfranco Mascia: un uomo di partito e un movimentista doc. Sono affezionata a entrambi perché sono scesa in piazza con i Girotondi e il Popolo Viola e perché non ho tessere di partito, ma sono felice e orgogliosa che uomini e donne in gamba come Ivan si tesserino, si candidino e aspirino ad amministrare questo paese meglio di come viene amministrato oggi. Faccio il tifo per questi uomini e queste donne, che militano in tutti i partiti di centrosinistra, e sono al loro fianco in mille battaglie. Non solo non trovo che ci sia alcuna contraddizione tra lo spendermi nei movimenti e per i partiti, ma credo che sia naturale, e indispensabile. I partiti sono l’unico strumento democratico per arrivare ad amministrare lo Stato, e quindi migliorare la vita delle persone, garantendo loro più tutele e più diritti, e questa è una prospettiva che mi sta molto a cuore. L’alternativa è la rivoluzione, ma oltre che marxista tendenza Groucho sono anarchica tendenza De André-Brassens: «Morire per delle idee, sì, vabbé: ma di morte lenta».
Cari amici dei movimenti, ci piace tanto scendere in piazza con la Costituzione e sventolarla al cielo. Ecco, mi piacerebbe che ogni volta che sventoliamo la Costituzione ci ricordassimo che stiamo sventolando l’istituto della democrazia parlamentare, la Camera, il Senato, la Magistratura, il bilanciamento dei poteri e i partiti politici. Diffidare dei partiti a prescindere è infantile, rinunciatario e deprimente. I partiti sono pieni di persone che non hanno o non hanno più molto da dare ma anche di persone in gamba, generose e preparate. Le seconde hanno bisogno del nostro sostegno per prevalere sulle prime.
Anche i partiti devono imparare a non diffidare dei movimenti, certo. Ma in questo momento i partiti – specie il Pd, specie i suoi dirigenti – sono così depressi e fiaccati dalle sconfitte che diffidano anche di loro stessi. I movimenti no, non hanno alibi per deprimersi: sono vitali, pieni di giovani, speranzosi. Se davvero ci battiamo per una società diversa e per mandare a casa Berlusoni e chi per lui (occhio che siamo in Italia: morto un Berlusconi se e fa un altro) dobbiamo imparare a non di diffidare dei partiti che devono raccogliere questa domanda di cambiamento e tradurla in leggi e provvedimenti. E se chi guida i partiti non ci convince? Allora battiamoci per chiedere il ripristino delle preferenze e andiamo a votare per le persone che più ci rappresentano. Il discorso che faccio per il Pd vale anche Per i Radicali, per l’Idv, per Sel e per il Movimento Cinque Stelle, composto in larga parte da persone che aspirano a dare vita a una coalizione in grado di proporre un’alternativa a Berlusconi.
Non ho tessere di partito, ma mi piacerebbe prendere la tessera del centrosinistra. Perché se vogliamo che Berlusconi venga sconfitto deve starci a cuore il destino di tutti i partiti della coalizione (coalizione tra quali partiti? Domandatelo agli elettori), non solo del partito che scegliamo di votare e che – qualunque sia – non ha i numeri per vincere da solo. Non a caso, Berlusconi è stato battuto due volte (ah, già: non è imbattibile. Forte, eh?) e sempre con la stessa ricetta: non con l’Udc o con con Gianfranco Fini (le battute sul compagno Fini mi fanno stare male come le canzoni di Gigi D’Alessio al supermercato) ma con una coalizione di centrosinistra. Cari amici dei movimenti e dei partiti d’opposizione, penso che valga la pena riprovarci, e riuscirci meglio di come ci siamo riusciti in passato. Mi scrivete una valanga di messaggi per dire che di questi partiti non ci si può più fidare.
A tutti rispondo che sì, certe volte ti fanno proprio cadere le braccia. Ma aggiungo che tra i candidati e gli eletti nelle file dell’opposizione ci sono persone straordinarie quanto Gino Strada e Mario Monicelli. Li conosco, ci parlo, li sostengo e sogno di condurre il Tg1 per una settimana, una sola, per fare vedere al paese che differenza c’è tra loro e Calderoli, Bossi, La Russa e Fini. La stessa differenza che c’è tra una condanna e un’assoluzione, e infatti Minzolini non la nota. Noi, però, non siamo mica Minzolini. Quando sventoliamo la Costituzione sventoliamo l’impegno, l’onestà e la generosità di queste persone. Ricordiamocelo, e non lasciamole sole, altrimenti sventoliamo a vanvera, e facciamo solo vento a Berlusconi (o chi per lui).
da www.unita.it