«Scatta la discussione tra Pd e Popolo Viola», di Francesca Fornario
In Italia si verifica uno strano paradosso. Migliaia di militanti dei movimenti, delle associazioni o dei sindacati di base – il genere di persone che definiamo «impegnate» e che Berlusconi definirebbe «comunisti» anche se sono nati nel 1994 e che Vittorio Feltri definirebbe «omosessuali» e che il Tg1 definirebbe «dieci» – non vanno a votare. Non mi riferisco ai pochi che non ci sono mai andati ma ai molti che non ci vanno più. Altri votano per senso di responsabilità, con fatica, per partiti che non li convincono fino in fondo (beh: benvenuti nel club) e che però non si sognano di cambiare. Non perché siano stanchi di sognare: se fossero a corto di sogni non disegnerebbero cartelli colorati con i pennarelli dei bambini, non si annoderebbero un bavaglio intorno alla bocca in segno di protesta contro la censura, non scenderebbero in piazza per chiedere una società migliore. È un paradosso, perché rinunciare a cambiare i partiti significa rinunciare a cambiare la società: e allora perché scendere in piazza? Ne parleremo stasera alle 20 alla …